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My poor old head is a reelin’, as I go deep into the funnel of love…ovvero…”Only Lovers Left Alive”: veri vampiri senza luccichii!

Creato il 24 maggio 2014 da Cineclan @cineclan1

Diamo a Jarmusch quello che è di Jarmusch ovvero conferiamogli il merito di aver ridato lustro e dignità a una delle figure più emblematiche e metaforiche della storia della letteratura e del cinema, quel vampiro che è specchio e simulacro del cinema nella sua essenza di vita/non vita. Sì,perché nonostante negli ultimi anni i vampiri siano diventati cool, hanno al contempo anche subito una metamorfosi iconografica che li ha portati a uno “smussamento” dei loro aspetti più “disturbanti” in favore di un pubblico più eterogeneo e destrutturato ovvero le bimbeminkia!

Scusate, ma non riesco a essere “educata” quando mi ritrovo a dover annoverare in quel coacervo multiforme e culturalmente pregno di una riflessione sulla natura dell’uomo e i mutamenti storico-culturali degli ultimi 100 anni qual è la letteratura e il cinema fantasy/horror che pone come proprio cardine la figura del vampiro quell’abominio denominato Twilight o serie tv quali The Vampire Diaries! E non parlo per partito preso,eh! Parlo con cognizione di causa, avendoli visti e letti!
Quindi, per tutti coloro che hanno dimenticato quali sono i veri vampiri, ecco un piccolo vademecum:

  1. Il vampiro rifugge la luce del sole, quindi non può andarsene in giro di giorno;
  2. Il vampiro si nutre di sangue umano e ha bisogno di nutrirsi quotidianamente. Qualsiasi altra “dieta” è solo un palliativo!
  3. E soprattutto, last but not least, il vampiro NON luccica!!! Non è il testimonial della Swarovski!

Ok, ora che abbiamo cercato di riallineare decentemente i pianeti, possiamo parlare del film.

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Presentato a Cannes nel 2013, Only Lovers Left Alive ha girato il mondo prima di giungere in questi lidi dimenticati dagli dei.
Tra una Tangeri mai così ipnotica e avvolgente e una Detroit mai così decadente e zombie, si narra la storia di Eve e Adam, vampiri ultracentenari ed eterni amanti. Della volontà di Adam di porre fine alla sua sofferenza esistenziale (mai personaggio fu più simile al Louis di Anne Rice!), della forza di Eve di correre in suo aiuto e dell’arrivo di Ava, sorella minore di Eve, che scombina i piani di entrambi.

Un film sui vampiri dove la parola “vampiro” non viene mai pronunciata. Un film dove il sangue è contaminato e va assunto in piccole dosi come fosse ambrosia degli dei da gustare però come fosse un ghiacciolo

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.Un film dove la sopravvivenza è compromessa. Un film sul diverso approccio esistenziale alla vita di due persone (perché alla fine i personaggi di Jarmusch sono innanzitutto persone!) che si compensano e compenetrano: quanto l’una è propositiva, l’altro è disfattista; quanto l’una ha uno sguardo proiettivo sul mondo, l’altro è ciecamente retrospettivo.
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A quanto pare la parte di Adam era stata proposta a Michael Fassbender prima di approdare agli zigomi pronunciati di Tom Hiddleston e mai scelta fu più giusta, poiché il personaggio di Adam è “una romantica canaglia suicida”, figlio naturale di Syd Barrett e Amleto. E questo connubio di anime inquiete è ben presente nel personaggio di Adam, nella sua musica sperimentale, nella sua angoscia esistenziale e, se Marlowe l’avesse conosciuto prima, si sarebbe ispirato a lui per descrivere il suo Amleto… Sì, Jarmusch sposa la teoria che il vero autore delle opere di Shakespeare sia stato in realtà Christopher Marlowe (qui interpretato da un superbo John Hurt).

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Il film è pregno di citazioni, di piccole note di colore cinefilo ed estetico. Un esempio su tutti: quando Adam si reca in ospedale usa solo nomi di dottori “famosi”: Faust, Watson, Stranamore, Caligari. Per non parlare delle valigie di libri che Eve porta con sé. Così come i nomi sui passaporti sono quelli di Stephen Dedalus e Daisy Buchanan, sino ad arrivare agli stessi nomi dei protagonisti, Adam ed Eve, un richiamo a quel paradiso perduto che sembra attanagliare l’anima di Adam.
E la colonna sonora, languida e avvolgente come una dipendenza, rende perfettamente l’idea del titolo stesso, poiché è solo attraverso l’amore che si raggiunge l’eternità.

Amore non è soggetto al Tempo, pur se rosee labbra e gote
dovran cadere sotto la sua curva lama;
Amore non muta in poche ore o settimane,
ma impavido resiste al giorno estremo del giudizio:
se questo è errore e mi sarà provato,
io non ho mai scritto, e nessuno ha mai amato.

(Shakespeare, Sonetto 116)


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