di M. Dolores Cabras
Ora che sono stati siglati più di undici accordi di cessate il fuoco con i ribelli e si è intrapresa la strada della pacificazione con le minoranze etniche, abbattuto dopo un trentennio il muro dell’isolamento internazionale, l’apertura politica del Paese imprime un nuovo entusiasmo e dinamizza i settori dell’investimento e del commercio, per anni fermi e semi-paralizzati. Delle rigidissime sanzioni imposte al Myanmar nel corso della dittatura militare, della sospensione degli aiuti allo sviluppo, dell’embargo sulle armi, del blocco dell’interscambio commerciale, rimane oggi solo una eco vibrante perché grandi e medie potenze dell’arena globale e di quella regionale si sono lanciate in un corteggiamento sfacciato e riallacciano una dopo l’altra le relazioni diplomatiche con il Paese.
L’Unione Europea ha sospeso per un anno le sanzioni che penalizzavano circa 800 imprese del Myanmar e l’Alto rappresentante dell’Unione europea, Catherine Ashton, si è recata nel Paese lo scorso aprile per inaugurare il primo ufficio europeo. La Ashton ha sottolineato che l’obiettivo è quello di rinsaldare i rapporti bilaterali perché “il governo è rivolto ad attrarre investimenti e c‘è reciprocità, anche gli Stati europei sono interessati alle opportunità. Per esempio c‘è molto da fare per le infrastrutture del Paese. Penso che presto vedremo l’avvio di investimenti”.
Anche l’Australia e gli Stati Uniti hanno sospeso le sanzioni, il Giappone ha cancellato il debito e il Fondo Monetario, la Banca Mondiale e la Banca Asiatica iniziano ad affacciarsi nel Myanmar (perfino la moneta è stata quotata) e a prospettare le linee guida per l’elaborazione di riforme strutturali economico-finanziarie. L’antifona è ora chiara a tutti in Occidente: sanzioni unilaterali e disimpegno nel Paese si sono rivelati fallimentari, vulnus di influenza e breccie nelle quali si sono incuneati altri competitor players, come la Cina, l’India e i vicini del Sud-Est Asiatico, nuove economie emergenti del XXI secolo.
Come aveva evidenziato il Cato Institute rispetto alla posizione di Washington, “la politica degli Stati Uniti di imporre sanzioni commerciali unilaterali e di investimento nei confronti della Birmania ha dimostrato di essere un fallimento su tutti i fronti. Forzando imprese americane di disimpegnarsi dalla Birmania, che la politica ha danneggiato gli interessi economici americani e fatto nulla per migliorare le condizioni di vita o di diritti umani del popolo birmano“.
Myanmar, la perla dell’ASEAN
La strategia dell’ASEAN, l’Associazione delle Nazioni del Sud-Est Asiatico, si è focalizzata, in opposizione a quella europea o occidentale, nel consolidamento delle relazioni cooperative e normativo-solidaristiche con il Myanmar. È l’ASEAN way, la via dell’impegno costruttivo, della diplomazia pubblica e del multilateralismo, delle misure di confidence-building e della strategic friendship con i Paesi vicini. In un giardino-mondo plurale d’eccezione come il Sud-Est asiatico la chiave per lo sviluppo delle relazioni intra-regionali è l’approccio armonico, la comprensione, il rispetto reciproco, il dialogo strategico, il consenso e la non ingerenza negli affari interni delle nazioni limitrofe, né tantomeno la messa in discussione della sovranità dei loro regimi. Saper attendere il cambiamento senza forzarlo, mantenere un profilo basso e rimanere al proprio posto sono i tre imperativi categorici che guidano la pratica politica asiatica, dalla Cina alla Thailandia, da Singapore al Vietnam.
Quando l’Occidente isolava il Myanmar per cercare di ottenere con la forza la trasformazione politica e la transizione verso un regime democratico, l’ASEAN ha continuato ad investire e a commerciare con il Paese, inglobandolo perfino nell’Associazione, concedendo la piena ammissione nel 1997 dopo soli due anni dalla sua richiesta, tempi di attesa ridotti per l’assegnazione di un posto nel consesso dell’organizzazione multilaterale più forte nella regione (il Laos dovette aspettare una risposta favorevole per sei anni).
Ora che l’apertura politica dinamizza lo sviluppo del Myanmar, la sua economia è in netta ripresa, il PIL crescerà al ritmo incalzante del 6-6,3% tra il 2012 e il 2013. La Banca Asiatica conferma che le sole esportazioni di gas naturale, grande risorsa non ancora sfruttata, aumenteranno del 15% ogni anno. I segnali sono incoraggianti e potenzieranno il ruolo del Paese nella regione se il governo implementerà saldamente le politiche riformiste. Najib Razak, il Primo Ministro malaysiano, ha recentemente riferito che: “il Myanmar è sulla strada verso una maggiore democratizzazione e un maggior impegno. L’ASEAN crede di dover fare di più per incoraggiare il Myanmar lungo questa strada“, e di fatti il primo passo che l’organizzazione intende fare è quello di offrire la presidenza di turno al Myanmar per tutto il 2014. Questa la conferma della fiducia e delle aspettative dei suoi vicini di casa.
Una partita geopolitica tra Cina, India, USA e ASEAN
Il parternariato strategico d’eccellenza con la Cina – che esercita l’influenza nel Paese fin dall’epoca imperiale – e con l’India ha portato in questi ultimi anni ad un incremento dell’attivismo nel settore infrastrutturale, con la concessione di aiuti allo sviluppo, finanziamenti di opere pubbliche (ponti, ferrovie, strade), formazione della forza lavoro locale e passaggio di tecnologia e know-how. Con più di 5 miliardi di dollari capitalizzati nel commercio ogni anno, la Cina è diventata il più grande partner commerciale straniero del Myanmar, e l’India la segue a poca distanza con un volume di interscambio che si attesta intorno ai 4 miliardi di dollari.
L’obiettivo strategico dei due giganti asiatici è quello di conquistare un “posto al sole” privilegiato nello sfruttamento e nella distribuzione delle ingenti risorse di idrocarburi ma anche quello di insediare avamposti commerciali e basi di rifornimento nell’area costiera per le proprie petroliere in transito dal Medio Oriente. Il porto di Sittwe è già una base cinese, una perla intessuta nel suo filo rosso di perle esteso per tutto il Sud-Est asiatico.
Al largo della costa nord-occidentale del Myanmar i cinesi stanno costruendo, inoltre, un oleodotto nel quale fluiranno il petrolio e il gas naturale, che collegherà la Kunming cinese al Myanmar e quest’ultimo fino al Golfo Persico e all’Africa. Una via alternativa alla rotta che passa per lo Stretto di Malacca, a collo di bottiglia, poco sicuro e infestato dai pirati. A nord di Ramree, a Sittwe è attiva però anche l’India, che sta erigendo un terminal di un gasdotto per trasportare il gas naturale a nord verso il Bangladesh e il Bengala Occidentale. Se il progetto riuscirà a realizzarsi, l’India accrescerà la propria influenza commerciale sia nel Myanmar sia nel Bangladesh, inglobandoli in una sorta di versione aggiornata di “indosfera” e decrementando l’ascendente della Cina.
Anche gli Stati Uniti giocano la “Myanmar-card” per rafforzare la propria posizione nella regione e il Paese sta divenendo il baricentro di nuovi equilibri e rivalità. Se il Presidente Obama ha dichiarato che il futuro degli Stati Uniti è pienamente dentro lo scenario dell’Asia-Pacifico nel XXI secolo, la nuova politica di pivot verso l’Asia ricerca nel Myanmar una base di sviluppo. L’apertura politica e riformista del Paese guarda a Washington con favore, sia per svincolarsi dalla morsa cinese e da quella indiana, sia per avvantaggiarsi delle convenienti relazioni economiche, commerciali e diplomatiche che potrebbero instaurarsi a breve.
La partita per la conquista di una partnership privilegiata con il Myanmar, oltre a Cina, India e Stati Uniti la gioca anche l’ASEAN, che procede nel suo percorso di community-building e nel 2015 prevede di avviare una integrazione del mercato del Sud-Est Asiatico, il più dinamico al mondo.
Se risulta difficile prevedere chi vincerà questa competizione, una cosa è però certa: il Myanmar è davvero la nuova frontiera dell’Asia.
* M. Dolores Cabras è Dottoressa in Relazioni Internazionali (Università di Firenze)
Curtis S Chin, New ‘brics’ in ASEAN’s wall, http://www.atimes.com/atimes/Southeast_Asia/NE22Ae01.html
Carey L Biron, US gives green light to investment in Myanmar, http://www.atimes.com/atimes/Southeast_Asia/NE19Ae01.html
Kaplan R., Reform in Myanmar may augur geopolitical realignment in Asia, http://www.speroforum.com/a/QHQAJWVYGL16/70030-Reform-in-Myanmar-may-augur-geopolitical-realignment-in-Asia