James Warlick, rappresentante degli Stati Uniti nel Gruppo di Minsk, organismo costituito nel 1992 dall’Osce (Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa) per giungere ad una soluzione del conflitto tra Armenia ed Azerbaigian sulla questione del Nagorno-Karabakh, ha affermato oggi, durante la sua visita nella capitale armena Erevan, che non si potrà instaurare una pace duratura finché non sarà risolto il problema dei profughi azeri.
Dopo l’occupazione da parte delle forze armene dell’altopiano del Karabakh e di altri sette distretti azeri circostanti, centinaia di migliaia di cittadini azerbaigiani sono stati infatti costretti ad abbandonare le loro case e a vivere, ancora oggi, come rifugiati interni in Azerbaigian.
L’Osce sta infatti cercando, molto faticosamente, di convincere i governi dei due stati a riaprire un dialogo e cessare le violenze in corrispondenza del confine; per fare questo l’organizzazione ha infatti in programma un incontro tra Ilham Aliyev, presidente azero, ed il suo omologo armeno Serzh Sargsyan. Ogni vertice simile tenutosi in passato si è però concluso con un fallimento, in quanto ognuna delle due parti è rimasta fermamente arroccata sulle proprie posizioni.
La guerra tra i due paesi, combattuta tra il 1992 ed il 1994, ha visto infatti la vittoria delle forze armene, le quali hanno preso il controllo del 20% del territorio azero, occupandolo militarmente ed instaurando una repubblica indipendente del Nagorno-Karabakh, che è però di fatto uno stato satellite di Erevan, senza alcun riconoscimento internazionale.
Quattro risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite (n. 822, 853, 874 e 884 del 1993) richiedono all’Armenia di ritirare le proprie forze dai territori occupati, per consentire il ritorno dei profughi azeri alle loro case e per creare un clima favorevole all’avvio di trattati di pace, ma queste non sono mai state finora implementate.
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