Quando lo incontrai, per la prima volta a Verona, e considerai quell’incontro come una fortuna della vita, pensai ad Erri De Luca. I suoi modi gentili, gli occhi profetici, lo sguardo mite e ironico mi ricordarono l’autore napoletano sui cui libri mi sono formato. E lo scrissi.
Qualche giorno fa, casualmente, ho rivisto Mauro. Stava lavorando: scattava foto in un’enoteca. Abbiamo preso un caffè insieme. Abbiamo fatto due chiacchiere e poi ha regalato un libro: Acqua Fuoco. Un album fotografico dedicato alla sua città, Napoli, realizzato per raccogliere fondi a favore di un ospedale partenopeo, il Santobono. Mentre lo stavo salutando, sulla copertina, accanto al suo nome, ho incrociato anche quello di Erri De Luca. Ho sorriso.
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(dalla prefazione di Erri De Luca)
Il profeta Ionà
“Il profeta Ionà (Giona) viene raggiunto e impugnato da una sola sillaba divina esplosa nel suo orecchio :”Kum!” (àlzati). Deve viaggiare fino a Ninive e lì gridare il finimondo. Ionà tenta la fuga per sottrarsi alla forsennata impresa, ma è acciuffato e costretto alla missione. La divinità della scrittura sacra convoca messaggeri riluttanti.
Dopo di loro la profezia si è sbriciolata in sussurri e infine ammutolita. Senza contare casi clinici di febbri e deliri, oggi la profezia si è ristretta in fotogrammi, affidata a un visionario con la faccia coperta da una macchina fotografica. Confuso nella folla dei turisti, degli scatti in posa, scippa un brandello di futuro e lo fissa in immagine.
Napoli è prodiga di estremisti della rivelazione, uno per tutti Mimmo Jodice che narra luoghi urbani senza specie umana. La sua visione felina, in bianco e nero, proviene dal passato dei luoghi e anticipa di quando saranno senza gente :” Senza di noi, mia cara, la vita è pensabile”, scrive il poeta russo Iosif Brodskij.
Con questa pagina accompagno l’ultimo formato ammutolito della profezia su Napoli. Il fotografo, Mauro Fermariello, ci gira a piedi come Ionà per Ninive, spinto all’ aperto da un richiamo che non permette scelta. Avvisa che è tempo di opposti e che la luce non è una carezza, ma lo sciame di tempeste scatenate sul sole e arrivate a scuotere le viscere flegree della città. I colori saranno assoluti e non si mischieranno tra di loro.
I fotogrammi gemelli di Mauro Fermariello dichiarano l’ avvento della collisione. Il vulcano a oriente se ne sta sdraiato come un immenso punto d’ interrogazione orizzontale, col ricciolo che affonda nel cratere. Il fotografo lo fissa da lontano, ipnotizzato dalla sua mansuetudine compressa. La bellezza del golfo, sfacciata, immeritata, è stata fabbricata dentro la sua officina di eruzioni, rifinita da convulsioni sismiche. La bellezza da noi è una forza tellurica che in superficie affiora col sorriso e sotto ringhia. Mensole e scaffali si scrolleranno il peso delle suppellettili , resisterà il libro e il mazzo di carte napoletane.
Percorro la galleria di immagini da aspettatore, che è uno spettatore in attesa che si producano gli avvenimenti annunciati. Aspetto il borbottio di caffettiera della insurrezione, il camorrista che si faccia monaco, la battuta che si faccia carne. Sono un apprendista visionario. Napoli è mammifera marina, come i delfini manda segnali sonar nel sottosuolo sul quale galleggia.
Ninive stava tra due immensi fiumi e finì travolta da una piena. Napoli sta tra il sole e le terre del fuoco, ma non si è fatta cancellare da nessun incendio, né seppellire dal diluvio delle ceneri. Napoli tiene il mare a portata di mano come un estintore e gli uragani d’ autunno come nettezza urbana. La neve sul Vesuvio invece è cipria per una serata d’ inverno a teatro. I suoi contrasti opposti provocano catastrofi e calunnie, ma le aggiungono vita, collere e pacienze. Qui perfino i pesci sono scugnizzi esperti di ogni trucco e a irretirli ci vogliono pescatori filosofi della persuasione.
“Io canto: qui fu Napoli”, solfeggia la canzone di Tagliaferri e Murolo. Io dico: qui c’è Ninive illustrata da un profeta muto”. Erri De Luca