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Napoli che incontrerà Papa Francesco fuori dagli stereotipi consueti

Creato il 20 marzo 2015 da Marianna06

 

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I segnali di una speranza costruttiva, a Napoli, ci sono tutti. E sono quel rimboccarsi le maniche, da un po’ di anni a questa parte, di tante persone tenaci e di buona volontà ,che non si sono lasciate scoraggiare prima, e non si lasciano nemmeno ora, da chi  rema contro solo per il gusto di farlo.

E ancora è quell’andare avanti nonostante soffino, troppo spesso, e da più parti, venti contrari, che  provano a porre intralci nel cammino degli onesti.

Chiedere, infatti, all’instancabile don Franco Minervino ,decano di Scampia, periferia-nord, conoscitore da troppo tempo ormai di una tra le più complesse realtà territoriali.

Città nella città. Qualcosa come un agglomerato di  70 mila abitanti-residenti.

E per giunta con un indice di condanne per reati anche minori in continua crescita esponenziale.

E, quindi, tutto l’impegno, il suo e quello di tutti i suoi collaboratori, speso senza risparmio per togliere i giovani, proprio quei giovani, dalla strada e dare loro una motivazione di vita che fosse seria, dal momento che il contesto  aiutava poco e poco, a seconda di certe situazioni, continua ad aiutare.

E Papa Francesco, allora, non mancherà di certo di spronare in tal senso Scampia,  nota ai più  solo per droga e malaffare di camorra. E ciò, sia detto a denti stretti, anche grazie a certa pubblicistica incapace di saper guardare sotto l’epidermide.

 E lo farà , ne siamo sicuri, con quel sentimento di affettuosa fraternità, che costituisce la sua cifra distintiva.

Perché  in Francesco c’è intelligenza, cuore e azione, prima ancora dell’essere bravo prete ed, oggi,  pontefice romano e cioè, istituzionalmente, a capo della intera cristianità cattolica.

Un uomo, per altro, che ha conosciuto da subito il significato delle autentiche difficoltà in una famiglia, quella sua, costretta all’emigrazione dal bisogno e con la speranza di trovare, in un’altra terra, molto lontana, quel  lavoro certo che avrebbe garantito ogni giorno il pane in tavola ai  propri figli.

E, anche oggi, quando capita l’occasione, lui,  il Papa, di queste cose non tace affatto. Le racconta anzi e con molta schiettezza.

Non è casuale che inviti alla sua tavola i clochard romani , che pellegrinano senza una meta nei pressi  di piazza San Pietro, oppure che abbia fatto avere in questi giorni del cibo alle famiglie povere di Tor Bella Monaca, quartiere periferico di Roma.

E così tanti altri episodi, di cui noi, magari, non siamo, com’è giusto che sia, a conoscenza.

I napoletani, tanti napoletani, attendono Francesco e, certamente, sarà  un sabato di festa molto speciale, quello che sta per sopraggiungere, per loro.

E lo sarà anche per il Papa, che saprà, come sempre è il suo fare comunicativo, accogliere, sorridere, porgere una carezza, consolare, incoraggiare e, anche perdonare, qualora fosse necessario.

La complessità di una metropoli come Napoli con una miriade di problemi irrisolti, che fa  guardare a chi la vive giorno dopo giorno con  difficoltà all’avvenire, non è da disconoscere.

Non basta l’euforia di un giorno di festa per mettere i problemi  sotto il tappeto.

Ma quasi certamente, i quesiti che saranno posti a Papa Francesco nell’incontro, pure i più controversi e forse imbarazzanti, e non solo quelli posti dai noti personaggi pubblici in cerca di ribalta anche in questa circostanza,  troveranno senza dubbio, rispondenti risposte di conforto e di sostegno nelle parole del Papa.

Perché il Papa, come suggerisce ripetutamente anche a noi, attinge per sé il “pane” spirituale quotidianamente dal Vangelo di Gesù, che racchiude tutto quanto occorre alle necessità dell’uomo e, nel caso di zoppìa morale, è l’unica stampella sicura per essere sorretti nel prosieguo della via.

La semplicità e l’immediatezza della comunicazione di  Papa Bergoglio non significano, infatti,  né semplicismo, né “pappa di cuore”.

Non è facile giungere al cuore della gente e farsi capire utilizzando un vocabolario  che è, ad un tempo, semplice e ricco concettualmente.

E a Papa Francesco, invece, questo riesce, riesce molto bene in quanto è persona vera.

Con fede matura, la stessa cha auspica per ciascuno di noi,egli vive ciò che comunica e la gente lo avverte.

Se ci dice che Gesù ci ama e ama tutti, ma proprio tutti, è perché quell’amore lui, credente, lo sente e lo vive nell’intimo della sua persona e lo sperimenta  di fatto nella vita di ogni giorno e per questo desidera condividerlo con gli altri fratelli.  

Senza eccezioni e/o distinguo.

Perché tutto è perfettibile e tutto può mutare in bene per colui che crede in Dio e mette i suoi passi, uno dietro l’altro, nella giusta direzione, per divenire discepolo diligente alla sequela di Gesù.

Ora Napoli, o meglio i napoletani, non hanno vita facile specie se sono periferici, molto periferici rispetto al potere costituito, quello che se ne frega di trasformarsi in cleptomane al momento opportuno e d’intascare laute prebende, lasciando, chi ha davvero bisogno, assolutamente nel bisogno.

Di periferie a Napoli ce ne sono tante. Non c’è , chiaramente, solo Scampia.

Papa Francesco di certo non le vedrà tutte ma il “segno” della sua presenza significherà senz’altro molto anche per le altre.

Religiosità popolare quanto si vuole, che forse potrà fare storcere il labbro ai teologi e ai dotti laici miscredenti, ma sentimento forte e radici religiose profonde sono con certezza appannaggio e connotazione del popolo napoletano da tantissimi secoli.

E ci  sono numerose testimonianze e segnali in proposito.

Basterebbe con un po’ di pazienza,schivando la confusione della folla in continuo movimento e i motorini  dei”guaglioni”, che sfrecciano anche lì dove non potrebbero, farsi il giro delle chiese dei quartieri storici del centro città.

Napoli è terra di emigrazione. Lo è come tutto il Sud dell’ Italia e non solo il Sud (Veneto, Friuli, Piemonte, Liguria..  hanno avuto ed hanno le loro comunità, accanto a quelle dei “terroni”, proprio in quel mondo lontano da dove viene il Papa).

Oggi, però,  l’emigrare è  fenomeno ancor più massiccio che, purtroppo, coinvolge senza scampo, quasi l’intero Paese, perché la crisi economica è reale oltre che molto pesante. Decisamente picchia forte. E compatta nelle sue fila diplomati e laureati accanto a semplici apprendisti lavoratori in cerca di un mestiere qualsiasi   da poter imparare…non importa dove.

Giovani e, talora, anche persone mature, che hanno perso, quest’ultime, quello straccio di lavoro che avevano.

Non so se Papa Francesco, a Napoli, sentirà i giovani argomentare di questo. O i padri di famiglia rammaricarsi, mortificati, di un riuscire più a portare il pane a casa.

Credo di sì.

E sono certa che il Papa saprà parlare loro, magari ricorrendo anche alle parabole evangeliche, e ricordando che la resa è una cosa brutta. Specie poi quando si tratta di resa al male.

E, anche se non esistono ricette  facili, una certezza tuttavia c’è.

E c’è per chi ha fede in Dio.

Ed è quella di non scoraggiarsi mai.

Se non si è bene accetti in un luogo ,dopo aver bussato a quella porta, come sappiamo, prendere con sé l’essenziale, è andare altrove.

Questo potrebbe suggerire Papa Francesco.

Cercare altrove con insistenza. E ancora. Senza cedere mai allo scoraggiamento. Perché prima o poi quel qualcosa, che cerchiamo e che  fa  al caso nostro, lo si troverà.

Tutti siamo all’interno del progetto di Dio per l’uomo e nessuno è mai solo.

E Dio vuole il bene. Il nostro bene.

Lo vuole con forza persino in quelle che sono le periferie della Storia.

Occorre, semmai, non stancarsi di crescere nella fede per comprendere l’importanza della posta in gioco.

 Questo sì. Ma dipende da noi.

 

                                       Marianna Micheluzzi (Ukundimana)


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