No alla cultura: rogo di libri della Germania nazista
A Napoli, al Sud, in Italia, non c’è più posto per la cultura. Un libro non ha lo stesso appeal dei prodotti di elettronica, delle patatine fritte condite con varie schifezze, delle scommesse sportive, dei vestiti griffati: volete paragonare la lettura alla soddisfazione di vestirsi, da capo a piedi, in modo da sembrare cartelloni pubblicitari ambulanti? In una libreria, inoltre, non puoi farci lavorare un povero immigrato, 18 ore al giorno, dandogli quattro soldi in nero: la cultura non conviene. Con la cultura non si mangia, è lo Stato che lo dice. È roba di cui si occupa un gruppo di alienati morti di fame, alla gente di sana e robusta costituzione non deve interessare – meglio un centro commerciale, su quelli dobbiamo investire, e non importa che poi abbiano la sede legale in paradisi fiscali, per non pagare le tasse in Italia.
Se la gente prende l’abitudine di leggere, finisce si fa pensieri strani in testa. Un popolo ignorante si governa meglio, gli puoi dire cos’è giusto e cosa no, quello che deve fare, lo puoi distrarre dalle questioni importanti con delle sciocchezze, perché l’ignorante non pensa e il suo campo visivo e circoscritto alla sua persona. L’individuo deve essere un agglomerato di materia con bisogni fisici, al massimo gli deve essere concesso il sentimento religioso, purché si limiti alle funzioni e alle processioni.
Così non ci deve essere spazio per il pensiero libero, non ci deve essere spazio per la filosofia, e allora, ad esempio, al Vomero dopo Guida deve chiudere pure Loffredo, l’unica libreria del quartiere con una certa fornitura di “mattoni”, come in genere vengono definiti i libri duri, importanti. Prima i libri li censuravano o li bruciavano, l’obiettivo di adesso e non stamparli più, non farli più scrivere. Tuttavia state tranquilli, potrete tranquillamente vagare in edifici che contano centinaia di negozi, abbigliati con slogan che pagate caro per indossare, stringendo la mano della vostra fidanzata che vi cita Fabio Volo.