“Napoli non è una città per bambini “. Cosa dovremmo fare per migliorarla…

Creato il 02 agosto 2014 da Vesuviolive

Questa mattina il Corriere del Mezzogiorno ha pubblicato un editoriale di Antonio Polito, dal titolo: “Napoli non è una città per bambini”.

Il giornalista elenca una serie di motivazioni e dei reali limiti della città verso l’universo dei bambini e degli adolescenti meno abbienti, dato che i figli della borghesia frequentano, molto spesso, circoli o campi estivi esclusivi. Ci pone davanti dei quesiti sui quali riflettere: dove possono giocare questi bambini e dare sfogo a tutta la loro vitalità e desiderio di conoscenza? ” Restano gli spazi non attrezzati, – commenta Polito - non fatti per i bambini, gli spazi pericolosi, gli spazi dove si rischia. Allora invece che nella piscina comunale del quartiere vanno a Mappatella Beach, dove i bagnini non ci sono e ognuno per sé e Dio per tutti“.

Ovviamente una buona fetta di responsabilità ce l’hanno le istituzioni e i politici che propongono di migliorare le cose solo durante le loro propagande politiche in prossimità delle elezioni, ma una restante parte grava anche sui cittadini ” che sembrano abbastanza indifferenti a un tema che altrove è diventata una specie di ossessione sociale: il tema della sicurezza. L’Europa non ci ha portato solo guai, ma anche qualche progresso“, aggiunge il giornalista, che si riferisce al modello civile dei paesi del Nord per evitare i rischi del vivere quotidiano.

Difatti ciò è stato un impulso positivo, basti pensare solo all’abbattimento delle barriere architettoniche, alle analisi ambientali delle acque e dei terreni, all’obbligo del casco, ai defibrillatori nelle aree dove si fa sport e la sorveglianza nei luoghi pubblici. Ma a Napoli e in molti centri del meridione tutto questo non sembra essere compreso, ” Resiste un certo fatalismo, - commenta Polito - che si esprime nella icastica espressione napoletana secondo la quale ‘siamo tutti sotto al cielo’, anche se magari qualche volta dal cielo piovono massi e uccidono un ragazzo“. Anzi a volte viene sfidata la sorte con atteggiamenti più che incoscienti, come la mamma con la propria bambina in piedi sul motorino e per di più in contromano, oppure il bambino che guida l’auto in braccio al padre o i tuffi dal ponte di Castel dell’Ovo. Queste sono solo poche delle cose che si possono vedere passeggiando per Napoli, con bambini e ragazzi che rischiano la vita ogni giorno e nei modi più assurdi.

Ognuno di questi comportamenti è diventato, per noi, familiare e fanno ormai parte della cultura della nostra città, invece in un altro paese d’Europa sarebbero giudicati inammissibili, ma è responsabilità di tutti noi proteggere e tutelare i soggetti più deboli, come i bambini, che ancora ” non hanno l’esperienza necessaria per cavarsela in quella giungla che troppo spesso sono le nostre città “.

L’articolo di Polito, che sembrerebbe avere tutti i requisiti di una critica rivolta alla città partenopea, in realtà vuol far emergere un problema concreto e dirigere la nostra sensibilità e la nostra attenzione verso un futuro migliore rappresentato dai bambini e dagli adolescenti, nonché di imperare una maggiore responsabilità ai poteri pubblici e alle istituzioni.

E voi, condividete il pensiero di Polito?


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