Così arriviamo all’ultimo incredibile atto di cerchiobottismo di Napolitano che racchiude in sé tutte le ambiguità dell’ultimo ventennio, lo spirito di palazzo e lo spirito di casta, una sorta di condensato del fallimento politico del Paese. Non è certo una sorpresa visto che la sua elezione non fu il frutto di un compromesso, ma, come dire, quasi l’allegoria di una convergenza sostanziale sui temi di fondo: l’antico dirigente comunista, divenuto tale dopo una tardiva e sorprendente adesione al Guf , ma poi convertitosi al mercato tanto da trovare in Berlusconi il proprio editore, è divenuto il garante della consociazione. Certo ai cittadini è stato rappresentata una guerra senza quartiere tra il tycoon dei media e il centrosinistra, ma salvo che sull’Ici-Imu e altre cose minori, ciò che ha fatto l’uno non è mai stato sconfessato dall’altro.
Una situazione drammatica perché entrambi gli schieramenti rappresentavano con questo appoggiarsi l’uno al’altro in forma di scontro, l’incapacità di elaborazione politica del Paese: dopo la caduta del comunismo la sinistra si è limitata a cercare spazi di manovra negli interstizi del pensiero unico, mentre la destra ha dato un propria interpretazione patibolare del liberismo. Ed è così che entrambi si sono dedicati a seguire il main stream che profetizzava lo scasso dei diritti e la precarizzazione del lavoro, la minimizzazione dello Stato, l’aggressione del welfare già un decennio prima che arrivasse la crisi. Che del resto è la causa diretta o indiretta proprio di questa delirante visione, non il suo effetto.
Non è mai troppo tardi per avere questa illuminazione, specie ora che i catastrofici errori commessi nel passato, il livello di corruzione
Altro che dare salvacondotti a Berlusconi, come fa Napolitano che lavora per l’ennesimo governissimo sotto la sua direzione. Si dovrebbe chiudere il sipario su questa commedia divenuta l’intollerabile dramma del Paese e sulla compagnia di giro che l’ha rappresentata.