Usciamo da Napoli sotterranea. Bene dice la guida ora concluderemo la visita andando a vedere un teatro greco a pochi passi da qui. Stupore. Napoli è densa, gente ovunque, i vicoli stretti, la gente trasuda dai bassi. I bassi. Locali pensati come negozi e traformati per esigenza in appartamenti con vista sul vicolo. Spesso sono monolocali angusti. Passeggiando per la via puoi vedere benissimo quel che accade dentro. Altro che la privacy e le leggi anti-intercettazioni telefoniche. Qui si vive in vetrina. In alcune di queste abitazioni non c’è spazio neanche per mangiare e allora a mezzogiorno ci si sposta in strada.
Dicevo, Napoli un po’ la conosco. E in questo quartiere non c’è spazio per un teatro greco. Dove potrebbe sorgere? No no. Difatti andiamo a finire davanti a un portone di un vicolo strettissimo. La guida apre, la seguiamo. Macché teatro? Siamo in un basso, forse di 30 metri quadri. Santi alle pareti, un mobiletto all’ingresso e un letto. Seminascosta in un angolo, dietro al letto e a una tenda, la cucina.
Alcuni studi storici ci dicevano che in questa via sorgesse un antico teatro greco. I tecnici del Comune sono allora venuti qui, ed effettivamente han notato dei contrafforti (ora abitati) su un lato del vicolo. Una rapida occhiata e han capito subito. Bussano al basso nel quale ci troviamo ora e chiedono informazioni alla signora che ci vive dentro.
“Signora, ma sapete che probabilmente abbiamo fatto una scoperta sensazionale? Voi potete aiutarci. Avete idea di cosa ci sia sotto il vostro appartamento?”
“Mah, veramente io tengo la cantina. Ve la faccio vedere.”
Raccontando questo fatto la guida sposta il letto seguendo le azioni che fece la signora e si svela una grossa botola. La apre. Scendiamo.
“Signora… ma questo… è l’interno del teatro!”
“Ah… ma io qui ci tengo il vino… ma è ‘na cosa bona?”
“Sì signora, questa potrebbe diventare una grande attrazione turistica napoletana.”
“Ah sì? Buono! Vulit’ nu café?”
Stupore. La signora aveva per cantina un pezzo di teatro greco…
Il marito della signora ebbe una idea degna della propria napoletanità. Iniziò ad andare ogni mattina nella vicina via dei Tribunali, piena di turisti, a offrire una visita guidata al “teatro greco”, la cantina.
Non sappiamo bene cosa raccontasse quest’uomo, ci dice la guida, ma sappiamo che riusciva a portare a casa propria un bel po’ di turisti. Si faceva la giornata insomma.
Un giorno finalmente il Comune si è deciso a comprar il basso.
La guida, che è una ragazza bruna, bassina, e molto carina, sembra raccontare una poesia a memoria. Ciondola leggermente e inizia le frasi prendendo fiato e guardando in alto. Ma è ben preparata e descrive con molta cura l’architettura del teatro.
Proseguiamo nella passeggiata, qui gli attori si cambiavano (non esistevano all’epoca le moderne quinte), qui il palco, … Purtroppo non siamo riusciti a portare alla luce l’intero teatro. Quella visitabile è solo una piccola parte. A Napoli è impossibile far di più. Questo ambiente ad esempio fino a poco tempo fa era un garage e guardate lassù! C’è una finestra. Lassù una signora ogni mattina apriva la finestra per far prendere aria alla camera da letto. Lo faceva già anche quando c’era ancora il garage… aria di garage… mah!
Sorrisi da parte dei turisti. Tutti pensano la sessa cosa: “Ah, questi napoletani!”
Ogni tanto ancora oggi si affaccia, anche durante una visita guidata.
Qui invece ci troviamo sotto al bagno di un altro basso… che perde acqua. Più in là c’è la stanza di un altro basso ancora. Abbiamo rinunciato ad andare avanti con gli scavi. Tanto è impossibile. Su questo teatro, e anche dentro, ci vivono ancora diverse famiglie… troppe persone per andare avanti.
Chi non conosce Napoli e i napoletani, pensa a questa terra con disprezzo. Non capiscono cosa possa esserci di bello in questa città completamente abbandonata al proprio destino, nella quale conta solo tirare a campare; non capiscono come si possa apprezzare questa marea di gente che sembra fregarsene di tutto e di tutti, per la quale un teatro greco vale meno del proprio basso, e riduce ogni angolo di questa bellissima città in un groviglio confuso di vite, in una calca di umanità, una trappola.
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