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Nascita della società virtuale: “The Social Network” di David Fincher

Creato il 04 marzo 2014 da Taxi Drivers @TaxiDriversRoma

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Il prologo di The Social Network mette in scena l’appuntamento di due studenti universitari in un pub. Si assiste a un dialogo serrato fatto di campi e controcampi tra il ragazzo e la ragazza e alla stizza crescente tra lui supponente e permaloso e lei che non riesce a capire perché il ragazzo – l’attuale fidanzato – sia così offensivo. L’aggressività è tutta nelle parole e nel ritmo serrato del montaggio che segue di pari passo il dialogo tra i personaggi. Alla fine, esasperata, lei lo lascia dicendogli: “Passerai la vita a pensare che non piaci alla ragazze perché sei un nerd e io posso dirti, dal profondo del cuore, che non sarà per questo. Non piacerai perché sei un grande stronzo”. Subito dopo iniziano i titoli di testa e, mentre scorrono, la macchina da presa segue il ragazzo arrabbiato, che cammina in fretta dal pub lungo le vie del campus fino alla sua stanza nel dormitorio. Dal montaggio su inquadrature strette passiamo a piani sequenza ariosi e notturni, con il ragazzo che è una figura anonima in mezzo alle vie e giardini. Alla fine dei titoli una scritta in sovraimpressione informa:  “Università di Harvard. Autunno 2003. 8:13 PM”.

In queste due sequenze, magistralmente girate da David Fincher, si racchiude l’estetica del film e il suo tema principale. Da un lato, quello tematico, ci introduce immediatamente nel momento esatto della scintilla causale che portò alla nascita di Facebook, visto che il ragazzo, che è stato lasciato così improvvisamente, è Mark Zuckerberg e in una sola notte creerà “FaceMash”, il prodromo del social network futuro, dove semplicemente collega in Internet tutte lo fotografie e i curriculum delle ragazze dei vari college dell’Università di Harvard per far votare la più bella o la preferita dagli studenti. Dall’altro lato, quello estetico, Fincher lavora sulla velocità dell’immagine, alternando sequenze ariose e primi piani in un montaggio serrato, dove i personaggi sono statici, mentre i dialoghi sono veloci e in osmosi con la messa in serie. Una scelta di cinema classico per mettere in scena la rivoluzione epocale che ha portato il fenomeno Facebook per l’intera società mondiale.

 Tradimento dell’amicizia reale e creazione della comunità virtuale.

Ma innanzitutto  The Social Network è un film sull’amicizia e sull’affermazione di sé.

Tutta la fabula è la narrazione di un’amicizia tra David Zuckerberg (Jesse Eisenberg)  ed Eduardo Saverin (Andrew Garfield) il suo compagno di stanza, e che sarà il cofondatore di Facebook, credendo nell’idea dell’amico e finanziandone il progetto. Sarà Severin il primo a metterci i soldi e a creare la prima società da cui prenderà le mosse l’evolversi del social network, che lentamente dalle Università della costa Est degli Stati Uniti si diffonderà verso le Università prima della California e poi di tutto il mondo, per poi trasformarsi in quello che Facebook è adesso, cioè il social network per eccellenza. Ma prima di arrivare a questo la narrazione si sviluppa con il sottile tradimento di Zuckerberg dell’amicizia di Saverin, estromettendolo di fatto dopo l’entrata di Sean Parker (Justin Timberlake) e le banche d’affari che finanziarono la start up. Dalle stanze universitarie di Harvard alla sede californiana il passo è lungo ma molto veloce, come un qualsiasi dialogo su una pagina del nuovo social network.

The Social Network

L’amicizia vera quindi, l’amicizia fisica verrà tradita, mutata in ricerca di amicizie virtuali, nel web. Forse la mutazione più grande è tutta qui ed è strano come un giovane uomo che voleva essere amato in realtà non riesca a conservare legami reali per crearne invece di virtuali, in una metamorfosi ontogenetica. Il corpo si annulla e la comunicazione virtuale prolifica proprio per questa immobilizzazione della corporeità e che gli attori gestiti in modo maniacale da Fincher  –  arriverà a far girare fino a 99 ciak ogni scena per filmare il giusto ritmo del dialogo e il corretto movimento corporeo corrispondente  –  rendono a ogni inquadratura.

Facebook crea “un mondo in cui la comunicazione ideale (scissa e liberata da ogni ostacolo) sembra realizzarsi e un mondo dove la corporeità (vista come ostacolo alla comunicazione) viene relegata sullo sfondo (…)” dove il soggetto “è pura parola-segno, libera di proliferare all’infinito, senza più limiti né legami” (1).

Non è necessario più il contatto fisico, è sufficiente il contatto virtuale, l’amicizia telematica e se nel frattempo si fanno miliardi di dollari, va bene lo stesso.

E del resto Fincher utilizza l’escamotage narrativo delle cause legali, che Zuckerberg affronta sia con il suo ex-socio ed ex-amico Morin sia con i fratelli Winklevoss (che lo accusarono di aver loro rubato l’idea), per trasformare la diegesi in un dramma giudiziario, fatto di continui colpi di scena e di una messa in serie asincronica, con continui flashback e alternanza di piani temporali. Un processo virtuale sul tradimento di un’amicizia.

Facebook o delle nuove coordinate della comunità virtuale.

Facebook ha compiuto da poco dieci anni dalla sua nascita, cambiando radicalmente la società contemporanea e il modo di relazionarsi. L’avvento del Personal Computer prima, della rete Internet e della realtà Virtuale poi hanno portato a mutazioni sociali radicali all’interno di lungo processo iniziato dagli anni Sessanta fino ad arrivare ai nostri giorni(2). Nello sviluppo del web e dell’informatica assistiamo all’”Amplificazione dell’Intelligenza attraverso tecnologie informatiche (…) per dar vita a una inforealtà navigabile e in grado di implementare nuove opportunità associative”(3). Quindi, parafrasando il concetto, potremmo definire Facebook come uno strumento di Amplificazione Sociale. Insomma, assistiamo a una terza rivoluzione, quella informatica, una transizione antropologica “dopo quella agricola e industriale” che modifica “alla radice lo spazio esistenziale della nostra specie, nelle acquisizioni delle risorse come nella dimensione delle comunità”(4).

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The Social Network di David Fincher racconta questo argomento solo di sponda, mostrando gli effetti di tutto ciò con la macchina da presa focalizzata sulle dinamiche dei personaggi principali. Metonimia della trasformazione attraverso la narrazione dei legami emotivi che legano i vari personaggi in un rapporto di causa-effetto fatto di sequenze dimostrative ellittiche nel tempo filmico.

La sequenza notturna della creazione del primordiale Facebook, quando Zuckerberg programma “FaceMash”, è  tra le più significative di tutto il film. In un montaggio alternato lo spettatore vede nei vari computer diffusi in differenti spazi la crescita virale della condivisione delle immagini; parallelamente assistiamo alla festa esclusiva di una delle confraternite di élite, dove Morin ambirà a entrare per tutto il film, mentre Zuckerberg sarà escluso. Non è necessario far parte di un gruppo chiuso, di una vicinanza fisica esclusiva fatta per pochi eletti. Quella notte, messa in scena in quella sequenza, sarà cambiata per sempre il concetto di prossemica e di rapporto sociale dove “vicinanza non significa più propinquità spaziale, ma: a) elettività di interessi; b) rapporto di lavoro; c) consuetudine d’interscambio”(5).

Zuckerberg, quindi crea un nuovo concetto di comunità, di società, totale, aperta, trasparente, condivisa, dove tutti possono farne parte con un semplice click, dove la “condivisione dello spazio geografico e condivisione della dimensionalità somatica non sono più le coordinate ontologiche del concetto di comunità, al loro posto prende forma l’infospazio ossia il luogo dell’interrelazione informativa” (6).

David Fincher con la sua opera riesce a narrare visivamente in modo egregio la trasformazione sociale del millennio – compiuto principalmente da ragazzi e da giovani uomini e donne – , dicendo che però il motore di tutto è ancora l’uomo con le sue insicurezze, i suoi limiti, le sue emozioni (qualsiasi esse siano).

E, alla fine, l’aspetto più interessante è che sia ancora il Cinema,  con i suoi mezzi e la sua capacità di adattamento ai tempi, a riuscire a narrare la rivoluzione sociale contemporanea.

Antonio Pettierre

Note.

(1)   Daniele Dottorini, Il curioso caso dell’autore scomparso,  pag. 61 in The Fincher Network a cura di Roberto Donati & Marcello Gagliani Caputo, Edizioni Bietti-Heterotopia, 2011.

(2)   Roberto Marchesini, Post-human. Verso nuovi modelli di esistenza, Bollati Boringhieri editore, 2002,  pp. 364-365.

(3)   Marchesini, Op. cit., pag. 360.

(4)   Marchesini, Op. cit., pag. 367.

(5)   Ibidem.

(6)   Marchesini, Op. Cit., pag. 368.


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