Fin dall’antichità, infatti, i corpi celesti hanno ricoperto un ruolo centrale nella vita dell’uomo, e le diverse società hanno sviluppato differenti approcci nelle modalità di osservazione delle stelle, in ragione delle caratteristiche peculiari delle società stesse: così mentre i Greci elaboravano un approccio legato al contesto filosofico, i Babilonesi si servivano di un approccio prettamente quantitativo. I Cinesi, per conto loro, fino al XVI secolo quando i monaci gesuiti contribuirono a modificare l’approccio di questa società all’osservazione celeste, si concentrarono nel dimostrare come il cosmo fosse in qualche modo sotto il controllo del potere dell’imperatore. Solo alla metà del XIX secolo si è cominciato ad analizzare la “qualità” della luce emessa dalle stelle, grazie allo sviluppo di strumenti sempre più sofisticati, e dedurre quindi le proprietà del materiale che compone le atmosfere stellari.
Con l’avvento delle osservazioni spaziali in altre bande, quali l’infrarossa, l’ultravioletta e la X, si sono aperte ulteriori nuove branche della scienza astrofisica che ci permettono oggi di avere una copertura osservativa completa delle stelle.
La narrazione della Micela prosegue scorrevolmente descrivendo le modalità di osservazione e la diversità stellare, impercettibile osservando a occhio nudo il cielo. Per illustrare queste differenze l’autrice parla di “vita” delle stelle, e ci dice come esse nascano, si evolvano e muoiano, secondo modalità che, ormai note, sono già stabilite al momento della nascita. Ecco quindi che l’autrice passa a descrivere il momento della formazione stellare, la “nascita”, per poi analizzare le fasi della vita della stella, dopo l’iniziale di contrazione in cui, da un’instabilità in una nube molecolare, inizia la sua “vita” vera, determinata dalla massa e dalla produzione di energia al suo interno, che la sosterrà per tutta l’evoluzione seguente.
La stella vivrà fino a quando avrà una fonte di energia a disposizione capace di contrastare la forza che tende a farla collassare per autogravità, e qui l’autrice parla, con un linguaggio divulgativo ma con un approccio tecnico, della fase di sequenza principale, delle stelle giganti, della “morte” delle stelle di piccola massa e del destino delle stelle massicce.
Alla fine di questo appassionante excursus sull’evoluzione stellare – arricchito da tavole a colori a corredo della parte divulgativa, in cui la Micela non manca di citare le principali missioni spaziali dedicate all’osservazione spaziale – una riflessione viene dedicata a quello che sarà il futuro dell’astronomia stellare.
Sadalmelik, luminosa stella della costellazione dell’Acquario, una delle prime le cui immagini sono state acquisite dalla missione Gaia dell’ESA. Crediti: ESA
Con la realizzazione di una mappatura in 3D della Via Lattea, grazie alla missione Gaia dell’ESA, sarà infatti possibile confermare su basi sperimentali solide oppure rivoluzionare le conoscenze sulle stelle e sulla nostra Galassia finora dedotte in modo indiretto grazie alle osservazioni.
Le missioni spaziali potranno permettere un salto di qualità anche nella conoscenza della struttura interna delle stelle, che a oggi abbiamo potuto dedurre solo dalle proprietà osservabili. Infine, di estremo rilievo per lo studio delle stelle è anche il filone di studio e ricerca nel campo dei sistemi esoplanetari: sono infatti state scoperte centinaia di stelle con più di un pianeta, veri e propri sistemi planetari assai differenti dal nostro.
La scoperta dei sistemi esoplanetari ha aperto nuove questioni riguardo la nascita l’evoluzione e la morte dei sistemi planetari, inclusa la stella madre, e i nuovi strumenti da Terra e spaziali in corso di realizzazione potranno permetterci di studiarli a fondo, aprendo un ulteriore nuovo capitolo nella millenaria storia dell’osservazione stellare.
Fonte: Media INAF | Scritto da Francesca Aloisio