Spiegare. La prima cosa che potremmo evitare, scrivendo una sceneggiatura - soprattutto se lo stiamo facendo per un " film di Natale", già prevedibile e convenzionale come genere - è spiegare agli spettatori quello che succede davanti ai loro occhi. Se non bastassero i buoni sentimenti forzati di cui siamo vittime ogni Natale, se non fossero sufficienti degli attori famosi ( Diane Keaton e John Goodman, per esempio) per attirarci in sala e illuderci che quel film sarà migliore di quanto pensiamo, ecco un copione infarcito di luoghi sentimentali comuni, una storia che Natale all'improvviso non racconta quasi mai.
Ogni personaggio ci spiega chi è, perché fa questo e quello un attimo prima di farlo - perché, se poi lo mostra? - o uno dopo averlo fatto - perché, se non siamo in un film meta-riflessivo o in una commedia di Woody Allen? Tutti si sentono in dovere di vomitare il loro passato, presente e futuro addosso al personaggio più vicino, col risultato che la maggior parte del film è fatta proprio di conversazioni-riempitivo. Sono loro a portare avanti la storia in luogo dei fatti che sostituiscono, anche per la malaugurata idea di affidare a un narratore onnisciente e paternalistico - il cane di famiglia - la voce fuori campo.
Se fossero necessarie, di seguito due linee di trama: marito e moglie, separati in casa, organizzano la cena di Natale fingendo di essere affiatati come sempre per non dare un dispiacere ai figli (vorrebbero separarsi). Ognuno di essi, a propria volta, ha qualcosa da nascondere ai genitori: un fidanzato inesistente, un lavoro che non c'è o qualche sentimento troppo doloroso da confessare. La cena natalizia riparatrice, però, permetterà a ciascuno di sfidare le sue debolezze, anche grazie a un imprevisto provvidenziale. Torneremo a casa tutti più buoni, come dev'essere tra il 24 dicembre e il 6 gennaio, anche troppo per esprimere un giudizio sincero su questo Natale all'improvviso.