Nata originariamente come atto unico (oggi è il secondo), un secondo atto venne aggiunto l’anno successivo ed un terzo nel 1934. Eduardo ne curò anche due versioni televisive per la RAI, una nel 1962 e l’altra nel 1977, quella analizzata nell’articolo. Casa Cupiello, ore 9 del mattino, il giorno precedente la vigilia di Natale. Concetta (Pupella Maggio), prima di scendere a fare un po’ di spesa, si appresta a destare il consorte Luca (Eduardo De Filippo), il quale non riesce a capacitarsi, emergendo dalle coperte tutto imbacuccato, di come si sia già fatto giorno, neanche il tempo di mettersi a letto … Per non parlare del freddo patito durante la notte … Ma dopotutto è Dicembre e “questo Natale si è presentato con tutti i sentimenti”, come ripete l’uomo prima di accingersi a bere il caffè premurosamente portatogli dalla moglie, non propriamente di suo gusto (fete e’ scarrafone).
Pupella Maggio
Il battibecco fra i due prosegue quando Lucariello le rammenta se abbia scaldato la colla, necessaria per ultimare la costruzione del suo amato presepio, uno scambio di “complimenti” il quale fa intuire come sia stata proprio Concetta a condurre con un certo polso la gestione familiare nel corso degli anni, assecondando l’inclinazione del marito a vivere in una sorta di mondo a parte, mantenendolo all’oscuro di tanti problemi.
La realtà alternativa prospettata da Luca è una probabile proiezione dell’immagine di quella Sacra Famiglia che andrà a raffigurare da lì a poco, salda nei valori morali ed inattaccabile da qualsivoglia avversità, cristallizzata in una coreografia costruita con le proprie mani, ma l’ambiente familiare si mantiene ben distante da tale ideale di perfezione.
Un figlio ormai adulto, Tommasino, detto Nennillo (Luca De Filippo), che non intende alzarsi dal letto se mamma prima non gli porta a’ zuppa e latte, nullafacente e tendenzialmente mariuolo, intento com’è a perpetrare una serie di furtarelli a danno di zio Pasquale (Gino Maringola), ospite (pagante) nell’abitazione del fratello Luca. Il pargolo appare poi essere del tutto refrattario alle tradizioni e ai valori “antichi” che il genitore cerca di tramandargli (Non me piace o’ presepio), e sembra attendere fatalmente un futuro di cui non conosce la portata.
Eduardo De Filippo
La figlia Ninuccia (Lina Sastri), apparentemente ben sistemata, sposata con il facoltoso fabbricante Nicola (Luigi Uzzo), matrimonio fortemente voluto dai genitori, nasconde anch’essa i suoi scheletri nell’armadio: è infatti innamorata di Vittorio (Marzio Onorato), amico di Nennillo, sentimento tanto forte che, come confida a mamma Concetta, l’ha ormai portata all’idea di fuggire con l’amante, abbandonando il marito.
Proprio nel corso dell’atteso cenone della Vigilia, una serie di equivoci e fraintendimenti, cui non sarà estraneo il candido Luca, ma senza comprendere alcunché, porterà alla tragica rivelazione di tutta la polvere nascosta sotto il tappeto. Un duro e traumatico impatto con la veridicità dei fatti che condurrà necessariamente l’anziano Lucariello a prospettare un nuovo punto di vista su quanto gli sta intorno, ma, ancora una volta, trasfigurato dal suo personale punto d’osservazione, per quanto incline ad appoggiare una logica superiore che gli sfugge, volta a sostenere la causalità degli eventi così come si sono prospettati al suo cospetto. Ecco l’appagante riconciliazione filiale a lungo attesa, Tommasino propenso ad accogliere l’idea del “piccolo mondo antico” paterno e Ninuccia intenta a riappacificarsi con colui che il padre, nel “benedire” la loro unione, vede come Nicolino ma che in realtà è Vittorio.
Il grande artista ha infatti offerto spesso risalto sul proscenio ad uomini solitari, pur in un contesto familiare, solidi nei loro principi e il cui senso della vita appare spesso permeato in egual misura da un’ironia tragica ed una certa inquietudine.
Lina Sastri ed Eduardo
Personaggi con i quali il pubblico a sua volta ha un rapporto di completa immedesimazione, anche in virtù di un’esibita napoletanità nel mettere in scena le varie abitudini popolari oramai divenute veri e propri riti, a volte trasmutate da un afflato surreale ma sempre evidenziandone le caratteristiche propriamente umane, perpetrate da individui che in esse vedono il conforto, la sicurezza di un soffio vitale. Ravvisando inoltre una sorta di catena evolutiva, con tutte le problematiche sociali che essa comporta, del ceto più basso, il popolo propriamente detto, verso la piccola borghesia, prende vita nel gioco dell’arte teatrale condotto da Eduardo la metafora di una realtà che da particolare si rende universale, come confermato dall’internazionalità dei successi relativi alle varie rappresentazioni. Così, anche nella commedia in esame, nel portare in palcoscenico la celebrazione di uno dei riti più sentiti dal popolo napoletano, Eduardo offre una netta contrapposizione fra “l’universo parallelo” di Luca Cupiello, al cui interno il passato è un valore da preservare, utile anche nel rapportarsi con un naturale progredire ed intuirne meglio la portanza innovativa, e quello prospettato dalle nuove generazioni, probabili protagoniste, felice intuizione, del secondo dopoguerra, le quali invece intendono distaccarsi del tutto da tali retaggi, ritenuti inutili gravami imposti dall’autorità genitoriale.
Eduardo e Luca De Filippo
Mirabile il ritratto di Tommasino offerto da Luca De Filippo, a metà strada fra il burattino birbante di collodiana memoria e Peter Pan, figura in un certo senso speculare a quella paterna nella sua immobilità esistenziale ma senza alcuna impronta d’autentico candore, mosso soprattutto dall’ opportunismo nell’adattare la vita alle proprie vacue esigenze. Da non dimenticare, ovviamente, la sublime Concetta di Pupella Maggio, colonna portante della famiglia che sembra potere reggere ogni colpo, cadendo e subito “resuscitando”, anch’essa foriera in scena di una rara arte mimica e di una sopraffina naturalezza recitativa, così come tutti gli altri interpreti, quali Lina Sastri nel ruolo dell’inquieta Ninuccia o Maringola nei panni del furbo zio Pasquale. Il finale è piuttosto suggestivo, velato, come già scritto, di toni surreali ed ammantato di coinvolgente tristezza, ma umanamente consolante. Un invito a voler accogliere nel proprio animo l’abbraccio fatato di una fantasia la quale ci porta a raffigurare l’ideale di un mondo al cui interno ogni singolo individuo sa farsi piccolo piccolo di fronte al grande ed infinito mistero della propria quotidiana esistenza.