Nazarbaev rieletto presidente del Kazakhstan: significato e interpretazioni

Creato il 27 aprile 2015 da Geopoliticarivista @GeopoliticaR

Dal nostro corrispondente ad Astana Dario Citati, Direttore del Programma “Eurasia” dell’IsAG

 
Le quinte elezioni presidenziali nella storia del Kazakhstan indipendente, tenutesi domenica 26 aprile 2015, si sono concluse con l’ampiamente prevista vittoria del Presidente uscente Nursultan Nazarbaev, che guida lo Stato centroasiatico dal 1991, anno in cui il Paese ottenne la piena sovranità dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica. Il verdetto delle urne è risultato un autentico plebiscito, con il 97,7% delle preferenze che hanno premiato Nazarbaev. I due avversari, il candidato “verde” Abelgazi Kussainov e Tunguz Syzdykov del Partito Comunista del Popolo, hanno raccolto rispettivamente l’1,6% e lo 0,7%.

Prima ancora delle valutazioni sul significato di tali percentuali – cioè nei briefing e nelle conferenze stampa tenutesi nella giornata del voto quando non si conoscevano i risultati definitivi – molti degli osservatori internazionali hanno tenuto a sottolineare la piena regolarità procedurale del voto. Per l’Italia erano presenti, in qualità di osservatori OSCE, il Sen. Sergio Divina e l’On. Riccardo Migliori, Presidente emerito dell’Assemblea Interparlamentare OSCE. Entrambi hanno affermato che le operazioni di voto si sono svolte con trasparenza, in un clima di elevata partecipazione ai seggi e quasi di “festa nazionale”. Il Segretario Generale dell’Organizzazione per la Cooperazione di Shangai, Sergej Mezencev, ha parimenti confermato la regolarità delle operazioni di voto in tutti i seggi visitati.

Per quanto attiene invece al significato politico della tornata elettorale, nonché al livello di democratizzazione del Paese, altri osservatori indipendenti hanno fornito elementi importanti di valutazione. Secondo Richard Weitz dello Hudson Institute di Washington, ad esempio, “le elezioni del 2015 confermano che in Kazakhstan gli istituti di rappresentanza si sviluppano positivamente”. Per comprendere l’enorme divario di percentuali tra il vincitore e gli sconfitti, ha quindi sostenuto che “la qualità intrinseca delle elezioni non può essere valutata in base ai criteri europeo-occidentali, perché simili paragoni indurrebbero a un giudizio sbagliato sugli sforzi del Paese nell’implementazione delle proprie riforme: queste ultime vanno invece valutate alla luce dell’eredità storica del Kazakhstan, nonché del suo livello di sviluppo sociale”.

Anche un altro osservatore occidentale, Daniel Witt, ha affermato che “il giudizio sulla qualità democratica delle elezioni non si può basare solo sulla descrizione di un singolo evento”, in quanto “gli appuntamenti elettorali sono un processo continuo di perfezionamento, da condurre attraverso la comparazione tra le elezioni di oggi e quelle del passato, per verificare il progresso raggiunto a ogni tornata elettorale”.

In base a questi giudizi si può affermare che il senso politico di queste elezioni presidenziali del 2015 sta soprattutto in un test di fiducia della popolazione verso lo stesso Nursultan Nazarbaev, l’uomo che incarna il destino stesso del Kazakhstan indipendente. Un test che avviene peraltro in un momento delicato di transizione, segnato da uno scenario geopolitico molto teso su cui influiscono la stessa crisi ucraina e le sanzioni in Russia che hanno avuto ripercussioni anche sul mercato kazako. D’altra parte, queste elezioni presidenziali avrebbero dovuto tenersi nel 2016, ma sono state anticipate al 2015 sia per evitare la sovrapposizione con le elezioni parlamentari, sia per consentire una programmazione più sistematica per iniziative di grande rilievo nel futuro prossimo come l’Expo2017.

Si è soliti affermare che per un Paese come il Kazakhstan, ventiquattro anni dopo l’ottenimento dell’indipendenza, la stabilità e la garanzia di uno sviluppo pacifico sono ancora oggi più importanti di una concezione della democrazia all’occidentale, segnata cioè dal multipartitismo e dall’assenza di una figura personale carismatica. Ciò è senz’altro plausibile: al momento dello scioglimento dell’URSS, il Kazakhstan era considerato fra i Paesi più a rischio implosione e caos. Il suo percorso di stabilizzazione interna, nonché l’apertura alle organizzazioni e alla cooperazione internazionale sono in genere unanimemente riconosciuti come positivi, se valutati in base alle condizioni di partenza, e restano un elemento imprescindibile per comprendere le ragioni di un consenso così vasto per Nazarbaev.

Ma c’è un fattore non meno rilevante per collocare in un’ottica più vasta il senso di queste elezioni. Forse più di qualsiasi altro Paese ex sovietico, il Kazakhstan è riuscito a diminuire significativamente la presenza nello Stato nell’economia e a favorire la libertà d’impresa privata (a livello di piccola e media imprenditoria e senza liberalizzazioni “traumatiche”), spesso in tempi rapidissimi. Vale la pena ricordare che solo tra il 2012 e il 2013 esso è passato dal 71° al 51° posto tra i Paesi a maggiore competitività economica nell’annuale classifica mondiale stilata dal World Economic Forum e ancora oggi è indicizzato come un Paese estremamente conveniente per esportazioni e investimenti.

È ben noto quanto, nelle società contemporanee, la concorrenza economica e la libertà d’impresa siano strettamente legate allo sviluppo della democrazia e della competizione politica. La modernizzazione di questa repubblica centroasiatica è cominciata soprattutto a partire dalla graduale concessione delle libertà economiche dopo settant’anni di monopolio di Stato. La riconferma di Nazarbaev può essere letta quindi anche come un riconoscimento per l’aumento di tali libertà, a cui la generazione nata e cresciuta nel Kazakhstan indipendente dovrà far seguire un consequenziale sviluppo politico e civile.


Potrebbero interessarti anche :

Possono interessarti anche questi articoli :