Nazionale femminile di futsal: il punto di partenza di una rivoluzione? (2° parte)

Creato il 13 novembre 2014 da Shefutsal
Nella prima parte dell’articolo abbiamo sottolineato come, nell’annunciare la nascita della nazionale di futsal femminile, il presidente della Divisione Calcio a 5 Tonelli, nell'Assemblea straordinaria elettiva del 23 ottobre scorso, abbia definito subito quali sono le leve da muovere affinchè questo progetto abbia successo: “Giovani e squadra nazionale, alfa ed omega, stelle polari del viaggio di ogni movimento sportivo”.
Lo sviluppo del settore giovanile femminile diventa quindi la priorità. Riporto ancora uno stralcio dell’intervento di Tonelli: “La Federazione può creare dei fondi mirati per una politica di incentivizzazione dei vivai per portare avanti progetti di contribuzione finalizzata che convincano dell’utilità di mantenere forte il legame con il territorio. (…) Penso ad Io Calcio a Cinque che ha consentito in 3 anni di portare a 300 le scuole di Calcio a Cinque, penso al rapporto con la Scuola purché le Società di Calcio a 5 siano incentivate con progetti mirati e specifici incentivi ad investire nel rapporto con la istituzione scolastica”.
Se le parole non resteranno solo parole, è lecito attendersi nel prossimo futuro, progetti per lo sviluppo e la promozione del futsal giovanile femminile, che prevedano il coinvolgimento degli istituti scolastici e possibilmente di sponsor importanti ed in target.
Ma i progetti richiedono persone che li attuino e quindi è necessario e mi auguro, che sia anche prevista un’attività di (in)formazione dei dirigenti delle società. Penso anche al training online, accessibile a chiunque abbia una connessione internet, in modo da raggiungere società piccole e grandi di ogni categoria ed in ogni angolo d’Italia, per fornire tutte le informazioni e le linee guida per avviare un progetto sviluppo dei vivai, rispondere a dubbi e domande, scambiarsi idee, esperienze e materiale. Poi l’aggiornamento degli allenatori e soprattutto dei clinic per i dirigenti federali. Ci sono regioni d’Italia grandi e popolose nelle quali per una ragazza è davvero difficile giocare a calcio a 5 in un campionato regionale LND-FIGC, figuriamoci per una bambina. La Toscana è ripartita quest’anno con sei squadre, il Piemonte, la Lombardia, l’Emilia Romagna, il Friuli Venezia Giulia, la Liguria, l’Umbria annaspano, ma hanno decine di squadre nei campionati amatoriali e tante ragazze che giocano a calcio a 5 nei tornei estivi. Di chi è la responsabilità? Chi conosce il proprio territorio e potrebbe e dovrebbe “pungolare” le società? E magari proporgli anche i bei progetti di "incentivizzazione dei vivai" che la Divisione Calcio a 5 ha elaborato (sta elaborando) per lo sviluppo del futsal femminile giovanile? Il futsal femminile targato FIGC-LND è un "prodotto" ed i dirigenti federali locali devono “venderlo” alle società del loro territorio, laddove non sono le società stesse a richiederlo, com’è avvenuto nel Lazio. Rivoluzione copernicana.
Stessa logica (realizzo il miglior prodotto possibile per poterlo vendere) che dovrebbe muovere i dirigenti nazionali quando propongono il futsal femminile ai media o agli sponsor nazionali. Penso che il calcio a 5 possa avere una sua dignità ed un suo valore, da aggiungere a quello maschile.
Ma ritorniamo alla base: sviluppare il settore giovanile per dare un futuro a questo sport ed alla nazionale femminile (ed in un prossimo futuro renderlo obbligatorio per la serie A femminile di elite), significa creare dei campionati giovanili regionali o al più interregionali.
Con quali squadre? Lo scorso anno il campionato Juniores femminile LND-FIGC è stato disputato solo in 4 regioni (Campania, Abruzzo, Veneto e Lazio). E’ ora di rimboccarsi le maniche, oltre ad occupare una poltrona. E’ vero che la meritocrazia in Italia non ha molti proseliti, ma prevedere dei riconoscimenti ai CR che raggiungono determinati obiettivi stagionali, è davvero impossibile? La rancida moda dello scaricabarile ha stufato tutti e blocca la crescita. E se il problema è invece la conoscenza, i clinic sono necessari.
Se davvero il numero di squadre della prossima serie A femminile non sarà più di 40 ma molto meno, si può iniziare finalmente a lavorare sulla qualità e sulla programmazione. Fino ad ora per difendere il “made in Italy” abbiamo imposto regole e limiti alle straniere, alle comunitarie, alle oriunde, alle extra formate o non formate, innalzando il parafulmine del limite minimo di 5 italiane in lista. Vedrei molto più costruttivo non il difendere, ma il sostenere il “made in Italy” permettendo l’iscrizione in lista di tante “non italiane” per quante under 21. Un modo drastico ma costruttivo a mio avviso, di indurre le società a programmare, a destinare il loro budget ed i loro sforzi non solo alle straniere ma anche alle giovani ed allo stesso modo di premiare le “non italiane” più valide.
Mi sorprendo ancora di quanti soldi sono stati spesi in questi due ultimi anni in serie A femminile e che hanno portato alla scomparsa di importanti società, due delle quali vincitrici dello scudetto. E’ evidente che questo modello di sviluppo non sia né premiante, nè sostenibile per il movimento. Enorme il divario tra grandi e piccole, tra chi può spendere 10 e chi 100. La ristrutturazione dei campionati sicuramente potrà alleggerire un pò il problema, ma si può fare di più.
Vedendo le cifre che si pagano per alcune giocatrici, mi piacerebbe che fosse sperimentata una forma di salary cap, un tetto massimo stagionale ai rimborsi complessivi che ogni società destina alla rosa di giocatrici. Migliorerebbe la competitività e lo spettacolo e sarebbe uno sprone per ogni società a lavorare meglio, sia in fase strategica di mercato, sia come appeal. Neanche a dirlo il deposito dell’accordo economico, già obbligatorio oggi ed ignorato dalla maggior parte delle società, dovrebbe essere monitorato e controllato d’ufficio e sanzionato in caso di inadempienza, magari con l’aiuto dell’AIC, visto che già collabora con la Divisione Calcio a 5.
La nascita della nazionale femminile di futsal non può e non deve significare allora solo poter tifare Italia al Mondiale o sentirsi tutti cittì. E’ una scommessa che richiede prima di tutto un cambiamento di mentalità di tutti gli attori (dirigenti federali e società in primis) ed una politica di sviluppo delle scuole di futsal, non dei documenti che dimostrano che una brasiliana ha un antenato italiano. Tonelli ha lanciato la sfida, la rivoluzione del futsal femminile (a parole) è appena iniziata.
Alle società spetta a mio avviso il merito più grande di aver portato il futsal femminile a questo livello, investendo risorse anche in modo esagerato, ma portando in Italia top players internazionali, comunicando il futsal con ogni mezzo di informazione locale e nazionale, cartaceo e digitale, coinvolgendo la comunità locale e portandola nei palazzetti, trovando faticosamente sponsor. Ora la Divisione Calcio a 5 ha spostato giustamente l’asticella un po’ più in alto ed attendo con fiducia che metta in campo anche un progetto integrato pluriennale (bi o triennale, non decennale!), capace di favorire e di stimolare il miglioramento di tutte le componenti: CR, società, campionati, formazione, settore giovanile, visibilità e marketing. Saranno queste infatti le rinnovate fondamenta sulle quali la passione e l’impegno delle società costruirà il futuro del futsal femminile italiano!
di Letizia Costanzi