di Francesco Filini
L’interrogazione sulla proprietà giuridica dell’euro che aspetta ancora dei chiarimenti da parte del commissario Olli Rhen, ha sollevato un grande dibattito sulla rete e addirittura sulla carta stampata, grazie all’articolo “dell’ Anarca” Giampaolo Rossi pubblicato lo scorso 19 Aprile. Ma in Italia, patria dei Guelfi e dei Ghibellini, la tendenza a dividersi in fazioni opposte è una regola costante e inderogabile. E subito il dibattito è scivolato sul viscoso piano della banalità, cristallizzandosi nelle sterili categorie pro e contro moneta di Stato e moneta di Banca. E’ stata aggirata la questione centrale sulla proprietà della moneta nominale senza costo e senza riserva e si è scelto, per faziosità o per oggettiva incapacità cognitiva, di discutere se spetta agli stati o alle banche emettere denaro, ovvero dare ai politici o ai banchieri le “chiavi della tipografia“. Ecco qui che le due neonate scuole di non-pensiero hanno riversato sul nuovo campo di battaglia i rispettivi arsenali di sciocchezze e luoghi comuni per cercare di aver la meglio, ottenendo come unico risultato l’arruolamento di seguaci-lettori nei rispettivi schieramenti. Per l’ennesima volta sembra trionfare il sistema delle opinioni discordanti che hanno la grandissima dote di allontanare le persone dalla verità. E si sa che opinioni e verità non sono mai andate d’accordo: le prime sono bramose di raggiungere con ogni mezzo la seconda, tanto da volerne assumere a tutti costi le sembianze, diventando anche violente se necessario; mentre la verità ha una qualità che suscita nelle prime un vero e proprio livore: è antidemocratica e non accetta le opinioni. Ed è proprio per questo che assistiamo sempre e solo a sterili ed accesi dibattiti tra opinioni differenti e discordanti: vogliono far parlare di loro e mettere da parte la verità.
Quello che sta accadendo sulla proprietà della moneta è appunto la certificazione dell’estromissione della verità dal dibattito. E pure la verità, che splende di luce propria e si mette sempre a disposizione di chiunque voglia raggiungerla, è in questo caso semplice e cristallina come l’acqua di sorgente. Proviamo quindi a sgomberare il campo e mettere da parte o meglio, ignorare la banalità delle sterili opinioni di cui sopra.
Leggiamo insieme Auriti nel suo libro “Il Paese dell’Utopia – la risposta alle cinque domande di Ezra Pound“:
“Posto che il tempo è l’io che si pone come realtà in quanto capacità in atto di ricordare, constatare e prevedere, potrebbe sembrare, a prima vista, che non esiste una dimensione oggettiva del tempo perché coincidente con l’io pensante. Ci si rende conto invece che esiste il tempo oggettivo purché si tenga conto del fondamentale principio ermeneutico della precisazione del punto di osservazione della realtà fenomenica. Poiché la costante del tempo è il presente che è l’io pensante nella sua continuità vitale, il punto di osservazione della realtà è l’io presente. Il momento ricordato e quello previsto non sono ovviamente il presente: sono tempi pensati e non pensanti. La realtà oggettiva del presente è lo spazio. Lo spazio infatti, coincide solo col presente. Tutto il resto è tempo. L’io presente del tempo monetario è il portatore della moneta che è il punto di osservazione che ne consente la valutazione oggettiva spaziale (che è il possesso del simbolo) e temporale (che è la previsione di poter comprare).
Sicché, quando i monetaristi pretendono di definire il valore come una proprietà della materia – ad es. il valore intrinseco dell’oro come una proprietà del metallo – cadono nell’insanabile errore di considerare il valore nella dimensione dello spazio e siccome abbiamo evidenziato che il valore è sempre una previsione cioè una dimensione del tempo, cadono nell’assurda pretesa di andare alla ricerca del valore dove non c’è. Anche l’oro ha valore per convenzione, cioè per la previsione della accettazione altrui come condizione della propria accettazione, come misura del valore e valore della misura. Ognuno è infatti disposto ad accettare moneta contro merce perché prevede di dare a sua volta moneta contro merce. Anche nell’oro, tradizionalmente utilizzato come simbolo monetario si è verificato il fenomeno dell’induzione giuridica. L’oro, come ogni moneta pur se costituita da simboli di costo nullo, è una fattispecie giuridica perché di valore meramente convenzionale.“
Insomma, il valore non è una prerogativa della materia. Qualsiasi cosa al mondo è di per sé priva di valore. Il valore è frutto di un’attività immateriale, spirituale, dell’uomo. E’ un prodotto del pensiero. L’oro, nonostante il suo scintillio e le sue qualità di metallo nobile, assume valore solo per il fatto che gli uomini hanno convenzionalmente stabilito che lo ha. In base a questa convenzione l’oro acquisisce valore, esattamente come lo acquisiscono le attuali banconote: gli euro che abbiamo (!?) in tasca sono pezzi di carta che acquisiscono valore in virtù di una convenzione. Questa è la teoria del valore indotto dimostrata scientificamente dal Prof. Auriti con il Simec, la moneta proprietà del portatore: per un certo periodo di tempo i cittadini del piccolo paese della Maiella Abruzzese scambiarono reciprocamente beni e servizi attraverso una moneta non ufficiale, l’esperimento durò finché la Banca d’Italia non fece sequestrare tutti i simboli econometrici di valore indotto. Fu la dimostrazione che il valore non nasce dalla banca centrale ma dai cittadini.
Il valore della moneta di oggi, la moneta nominale di costo nullo e senza
Ho fatto il liceo scientifico e so qual è l’importanza dei casi-limite, delle situazioni paradossali: far comprendere la realtà fenomenica. Il Professore di Guardiagrele riportava sempre questo esempio: se noi mettiamo un governatore di una banca centrale a stampare denaro su un’isola deserta non nasce il valore perché manca chi l’accetta. La BCE, la FED, la Bank of England fondano la propria fortuna sulle persone che accettano di utilizzare la loro moneta per il reciproco scambio di beni e servizi.
Quindi se i popoli d’Europa, dell’America o del mondo intero, per assurdo decidessero di adottare un nuovo simbolo monetario con la faccia di paolino paperino, topolino e tutti i personaggi Disney, all’improvviso i proprietari delle rispettive Banche Centrali si ritroverebbero con le toppe nel lato posteriore dei pantaloni.
Quando si capisce che il valore della moneta non è di chi lo emette ma è di chi lo accetta, appare ovvio che a beneficiare della ricchezza creata ex-nihilo non può essere nessun altri se non il popolo.
Oggi la moneta nasce di proprietà della banca che emette solo prestando, quindi indebitando i cittadini.
Ora veniamo al falso problema delle banco-note o delle stato-note tanto caro ai maestri della dialettica sterile.
E’ indubbiamente vero che oggi la politica monetaria viene gestita dai governatori delle banche centrali e non dagli stati (ex) sovrani. Ad esempio, negli ultimi mesi il Governatore della Banca Centrale Mario Draghi ha creato, tramite la LTRO (Long Term Financin Operation), valori monetari per un ammontare di circa 1000 MLD di euro. Lo ha deciso lui, perché il Trattato di Maastricht gliene da la facoltà e il potere. Soldi che non aveva in tasca
La risposta è nessuno dei due o tutti e due. Non mi interessa, non è questo il punto centrale. La teoria del valore indotto, della ricchezza che nasce per convenzione tra gli uomini, dimostrata scientificamente con l’esperimento del Simec di Guardiagrele, ci da la soluzione: la moneta deve essere ripartita in misura uguale tra i cittadini accettatori, semplicemente perché è la loro.
Facciamo un esempio: la portata della LTRO è di 1000 MLD, i cittadini dell’Eurozona sono 329.549.796 (fonte wikipedia). Se i valori monetari creati da Draghi fossero andati direttamente nelle tasche dei veri proprietari della moneta ognuno, di noi oggi si ritroverebbe accreditati (e non addebitati) sul proprio conto circa 3034 euro, che servirebbero realmente a rilanciare l’economia. Una famiglia di tre persone avrebbe a disposizione 9100 €, il reddito di cittadinanza da far fruttare, da spendere per dar vita al mercato e per corrispondere allo Stato le tasse per avere servizi pubblici e non per ripagare debiti che non sono dovuti. E’ chiaro anche ai più ottusi che oggi è impossibile aprire qualsiasi attività senza denaro e che se non si aprono attività c’è disoccupazione e recessione. Se avessi i soldi per aprire un pastificio comprerei dei macchinari che qualcun altro ha costruito, se non li ho chi fabbrica i materiali non avrebbe commesse.
L’attuale tempesta monetaria programmata dalle banche centrali sta provocando una quantità abnorme di suicidi per insolvenza e per disperazione. In Italia abbiamo centinaia di migliaia di giovani disoccupati, ovvero centinaia di migliaia di cervelli, braccia e gambe che non si mettono a frutto per mancanza di denaro, perché qualcuno se ne appropria e decide di darlo con il contagocce. Se la liquidità finisse nelle tasche dei legittimi proprietari attraverso il reddito di cittadinanza ad ognuno sarebbe garantito il pane quotidiano e la possibilità di mettere a frutto le proprie capacità.
Alcune menti sempliciotte obietteranno che se accadesse realmente questo nessuno andrebbe più a lavorare perché i soldi si ottengono gratis. Questo pensiero mediocre porta con se un altro falso problema, ovvero quello dell’inflazione. L’inflazione altro non è che l’eccessiva quantità di denaro rispetto alla ricchezza reale, che ha l’effetto di svalutare la moneta attraverso l’aumento dei prezzi. Esempio: se la collettività produce 100 penne al costo di un soldo chi fa la politica monetaria deve creare i rispettivi 100 soldi che servono a comprare le penne. Se chi fa la politica monetaria produce 200 soldi per 100 penne, queste costeranno 2 soldi anziché 1. In termini economici, la quantità di denaro circolante deve essere proporzionata al PIL, ovvero a quanto una comunità di cittadini produce.
Decidano liberamente i cittadini (finché glielo consentiranno) da chi farsi governare, ma la moneta venga accreditata al popolo. Questo è il punto centrale. Sulla moneta non voglio più leggere la sigla della BCE o della UE o di uno Stato, voglio che ci sia scritto proprietà del portatore, le tre paroline che fanno tremare il polso agli usurai.
Mi rendo perfettamente conto che quanto riportato oggi rappresenta un’eresia per i figli del paradigma usurocratico fondato sul debito e sullo sfruttamento, sento già il nauseabondo odore di bile che garganturescamente traborderà dalle loro bocche, perché certe idee provocano la rabbia di certi pseudo economisti. Ed è per questo che scrivo.
Chiudo l’articolo citando ancora Auriti, nella speranza che sempre più persone comprendano la caratura del personaggio e la potenza del messaggio che ci ha lasciato:
“Noi trasformeremo tutti i popoli del mondo da debitori in proprietari della moneta, per il solo fatto che questa idea è nata.
Dicono i sociologi che le idee forza che cambiano la storia, devono avere la qualità della novità e della semplicità; questa ha anche quella della verità. E le idee si affermano con una velocità proporzionata alla loro necessità storica. Ecco perché siamo “rassegnati” a vincere… perché, ovviamente, non possiamo perdere.
Questa è, pertanto, la nostra profetica utopia.”