Stamattina i principali quotidiani locali riportano con dovizia di dati lo stato pre comatoso dell’economia della nostra Regione. Il Rapporto annuale dell'Istat descrive un paese in cui coesistono regioni (nel Nord) con livelli di benessere o inclusione sociale analoghi a quelli della Svezia e regioni (nel Sud) con rischi di povertà o esclusione prossimi a quelli della Romania. Se la Campania fosse uno Stato indipendente saremmo già in default come e peggio della Grecia, nazione che peraltro soffre degli stessi mali campani. Popolazione giovane ma con scarsa scolarizzazione, afflitta da una disoccupazione giovanile e femminile altissima (quasi uno su due non lavora, molti non cercano più un’occupazione). La criminalità organizzata è una piaga endemica ed in continua espansione. Classe politica spesso orbitante nell’area grigia del malaffare. Industria leggera e pesante in costante ed inesorabile arretramento. Turismo, unica risorsa economica reale insieme all’alimentare di alta gamma, viene continuamente afflitto da crisi ambientali (rifiuti ed inquinamento) e dall’uso dissennato del territorio (abusivismo edilizio e dissesto idrogeologico).La crisi macroeconomica mondiale ha semplicemente acuito una recessione in atto da decenni, mascherata solo dall’ingente mole di fondi europei e nazionali pompati a forza nel sistema, ma privi di una reale strategia progettuale che determinasse crescita duratura. Una carenza progettuale che ha determinato l’assurdo paradosso della perdita dei finanziamenti europei così fortemente richiesti ma non altrettanto utilmente messi a frutto. Quanti marciapiedi o bocciofile in sperduti paesini dell’interno sono stati finanziati attraverso i fondi europei? Pensate che porteranno mai reale utilità alla crescita economica della nostra Regione?
Da un anno e mezzo, dopo il decennio bassoliniano, è in carica una composita Giunta Regionale che non è corretto definire di centrodestra, in quanto in essa sono presenti partiti ed uomini che poco hanno a che fare con il pensiero liberale e liberista. La casta dei politici campani, più che altrove, vive e prospera in una logica autopoietica che, autoreferenzialmente, ridefinisce se stessa solo al proprio interno, sostenendosi e si riproducendosi all’infinito. Uomini dal passato eterogeneo, sia politicamente che per formazione, così come accade per i membri della Giunta ed il suo staff, dovrebbero garantire una capacità di analisi e di proposta variegata e, soprattutto, efficiente. Così non accade, anche se mon mancano, peraltro, figure dal profilo tecnocratico che, nel concreto, pare abbiano però una mera funzione esecutiva di una linea politica esogena.
È pur vero che gli spazi di manovra sono indiscutibilmente ridotti, che le ulteriori sanzioni del Patto di Stabilità interno hanno quasi azzerato. E non è dato sapere quante risorse potrebbe liberare l’applicazione del criterio della regionalizzazione orizzontale, tanto richiesto dagli appaltatori di opere pubbliche. Dall’altro lato, la leva fiscale delle accise e sovrattasse regionali è già ampiamente sfruttato e lo stato generale dei bilanci delle imprese e delle famiglie campane non lascia molte possibilità di rincarare la dose. I problemi della sanità e quelli del trasporto pubblico, i due principali fronti regionali, stanno per determinare il collasso del patto sociale su cui si è retto finora il sistema Campania. L’era Bassolino si era contraddistinta, nonostante tutto, per una sorta di pace sociale basata su una ridistribuzione del reddito poco trasparente, e sicuramente inefficiente, ma, suo malgrado, efficace. Attraverso un sistema pubblico elefantiaco e sprecone, si era garantita un’anomala equità sociale che aveva avuto il merito di frenare le spinte rivoltose di un sottoproletariato urbano famelico. Spinte che, invece, nei prossimi mesi sarà difficile tenere a bada. Larghe fette della popolazione campana, infatti, vivono tuttora di assistenzialismo diretto o indiretto. La chiusura obbligata del rubinetto della spesa pubblica riguarda adesso, però, non solo la spesa sociale più propriamente detta. Quello che sta avvenendo nel trasporto pubblico ne è la riprova. Anni di sprechi - e di attenzione interessata riservata alle sole infrastrutture - hanno determinato il tracollo finanziario della gestione delle aziende del settore. Né gli interventi messi in campo finora, sembrano poter risolvere i problemi strutturali che affliggono le aziende stesse. Un indebitamento dell’intero settore, che si aggira intorno ai 700/800 milioni complessivi, potrebbe farlo crollare in ogni momento, con conseguenze occupazionali e sociali catastrofiche.
In questo desolante quadro, si inscrive la polemica sul modello effettivo di governance. Qualcuno sostiene che più che di una governance collegiale, la Regione sia guidata da una di tipo duale. Fatte salve le formali prerogative del Presidente, si osserva, infatti, un progressivo ampliamento del ruolo di due importanti pedine dello scacchiere regionale, che non è esagerato indicare come vere e proprie “eminenze grigie”. Da una parte, infatti, balza agli occhi la costante ascesa del Capo di Gabinetto del Presidente che, lentamente ma inesorabilmente, sta conquistandosi un fondamentale ruolo di filtro tecnico sulle proposte degli assessori, tanto che circola la leggenda metropolitana di una sua scrivania affollata di progetti dolorosamente in stand by. Dall’altro lato, sul fronte più propriamente politico, il Capogruppo della lista Caldoro Presidente, sta svolgendo sempre più un ruolo vicario più che supplente. Tale anomala diarchia starebbe, secondo qualche acuto osservatore interno, monopolizzando non solo il doveroso aspetto consulenziale, ma si starebbe tramutando, di fatto, in una sia pur larvata esautorazione decisionale. Tale stato di cose viene mal digerito dagli assessori, tanto da spingerli in qualche caso ad usare lo strumento delle dimissioni (sia pure formali), nel tentativo di scardinare un sistema sempre più tetragono ad ogni perforazione.
Quanto sta avvenendo, ed avverrà, a livello nazionale, potrebbe in qualche modo influire anche sugli equilibri del governo della nostra regione, da sempre molto sensibile ai mutamenti dello scenario di livello superiore. Una coalizione, già di per sé tenuta insieme più dall’amore per la governabilità che dalla reale comunione d’intenti, potrebbe, quindi, improvvisamente implodere sulla spinta degli eventi nazionali ma anche – e soprattutto direi – per risolvere una serie, forse non più sostenibile, di mal di pancia interni. Ecco che allora si potrebbe profilare all’orizzonte un “governo degli ottimati” che, anche da noi, si metterebbe al servizio di un nuovo fronte di poteri forti che ubbidisce ad un’area di interessi economici, più che ad uno specifico partito/coalizione. Le scelte da prendere sono, infatti, così importanti e ricche di conseguenze che non pare agevole ridurle ad una guida diarchica – seppure autorevole - necessitando, invece, di un ampio e condiviso fronte politico che le sostenga.
Ciro Pastore – Il Signore degli Agnelli