Devo imprimermi nel cervello che la provenienza di un film non è garanzia di qualità. Needle arriva dall'Australia, patria di chicche come “Wolf Creek” o “The Loved Ones”, ma non raggiunge minimamente il livello di questi ultimi, anzi si rivela una schifezza immonda degna delle peggiori critiche. John V.Soto è alla sua seconda opera come regista e alla terza come scrittore. Qui fallisce miseramente in entrambe le prove, pur avendo a disposizione un budget di tre milioni di dollari. Io voglio vedere il bilancio finale, perché proprio non si capisce dove siano stati spesi questi soldini. La regia viene gestita come se si dovesse portare velocemente a termine il lavoro. Nessuna idea, neanche stupida, per dare un tocco di originalità alla pellicola. Già questo basta per risparmiarmi la fatica di guardare la sua opera precedente, “Crush”. La sceneggiatura è un'inutile accozzaglia di zone buie e incongruenze di ogni genere. Anche se la trama potrebbe far pensare a “Hellraiser” o “Il Serpente e l'arcobaleno”, non si trova ne un richiamo, ne il minimo omaggio. L'aspetto più preoccupante è la caratterizzazione dei personaggi che scompare completamente dietro a una recitazione delle più scarse che abbia mai visto. Il protagonista principale, Ben, fa il simpaticone nelle prime scene, il pirla in mezzo al film e il deficiente alla “Shaggy” (e non voglio assolutamente offendere uno dei cartoon horror più belli della mia infanzia) alla fine. Tanto che, lui è sfigato alla ennesima potenza, ha una fidanzata figa come poche se ne vedono e finisce per addormentarsi con lei sopra mentre si sta togliendo il reggiseno; in questo lettamaio, neanche due tette e darci sollievo. Ma siccome tra gli attorucci ci hanno cacciato anche le due tipiche lesbiche da film porno, vuoi vedere che ci scappa la scena saffica? Neanche quella, solo un bacetto nel cortile del college, ma in compenso la rappresentazione è così stereotipata che non può che scappare la risatina nervosa. Rimane il belloccio di turno che è anche il fratello di Ben, per chiudere la carrellata degli imbecilli e così possiamo davvero tirare il sipario sul cast. Piccolo spiraglio nel buio pesto è la presenza di “Diana-mangia-ratti” dei “Visitors” nei panni della professoressa. Gli effetti speciali e il trucco in particolare, sono da maglia nera nelle olimpiadi delle porcate. Mi piacerebbe sapere a chi è venuta in mente l'idea del distributore automatico per pupazzi voodoo, al solo prezzo di qualche goccia di sangue e una fototessera. Un genio. Da un punto di vista prettamente estetico salvo solo la locandina che non è malvagia. Il finale è forzato in maniera quasi comica e non c'è nemmeno il colpo di scena che richiami un futuro seguito, e noi diciamo meno male. Avviso chi avesse voglia di subirsi questo strazio, di non avere oggetti contundenti nelle vicinanze al minuto venti circa, dove viene preso di mira persino il “Grand Guinol”. Il violento prurito che vi prenderà alle mani dovrà essere calmato con la consapevolezza che magari Soto credeva di fare un riferimento fico. Needle non ha neanche un singolo fotogramma granguinolesco. Sono sicuro che se si fosse cercato di andare verso la commedia piuttosto che il teen-horror, forse mi sarei fatto anche qualche risata. Ma lo ripeto ad ogni post, ormai, non c'è proprio niente da ridere.
Devo imprimermi nel cervello che la provenienza di un film non è garanzia di qualità. Needle arriva dall'Australia, patria di chicche come “Wolf Creek” o “The Loved Ones”, ma non raggiunge minimamente il livello di questi ultimi, anzi si rivela una schifezza immonda degna delle peggiori critiche. John V.Soto è alla sua seconda opera come regista e alla terza come scrittore. Qui fallisce miseramente in entrambe le prove, pur avendo a disposizione un budget di tre milioni di dollari. Io voglio vedere il bilancio finale, perché proprio non si capisce dove siano stati spesi questi soldini. La regia viene gestita come se si dovesse portare velocemente a termine il lavoro. Nessuna idea, neanche stupida, per dare un tocco di originalità alla pellicola. Già questo basta per risparmiarmi la fatica di guardare la sua opera precedente, “Crush”. La sceneggiatura è un'inutile accozzaglia di zone buie e incongruenze di ogni genere. Anche se la trama potrebbe far pensare a “Hellraiser” o “Il Serpente e l'arcobaleno”, non si trova ne un richiamo, ne il minimo omaggio. L'aspetto più preoccupante è la caratterizzazione dei personaggi che scompare completamente dietro a una recitazione delle più scarse che abbia mai visto. Il protagonista principale, Ben, fa il simpaticone nelle prime scene, il pirla in mezzo al film e il deficiente alla “Shaggy” (e non voglio assolutamente offendere uno dei cartoon horror più belli della mia infanzia) alla fine. Tanto che, lui è sfigato alla ennesima potenza, ha una fidanzata figa come poche se ne vedono e finisce per addormentarsi con lei sopra mentre si sta togliendo il reggiseno; in questo lettamaio, neanche due tette e darci sollievo. Ma siccome tra gli attorucci ci hanno cacciato anche le due tipiche lesbiche da film porno, vuoi vedere che ci scappa la scena saffica? Neanche quella, solo un bacetto nel cortile del college, ma in compenso la rappresentazione è così stereotipata che non può che scappare la risatina nervosa. Rimane il belloccio di turno che è anche il fratello di Ben, per chiudere la carrellata degli imbecilli e così possiamo davvero tirare il sipario sul cast. Piccolo spiraglio nel buio pesto è la presenza di “Diana-mangia-ratti” dei “Visitors” nei panni della professoressa. Gli effetti speciali e il trucco in particolare, sono da maglia nera nelle olimpiadi delle porcate. Mi piacerebbe sapere a chi è venuta in mente l'idea del distributore automatico per pupazzi voodoo, al solo prezzo di qualche goccia di sangue e una fototessera. Un genio. Da un punto di vista prettamente estetico salvo solo la locandina che non è malvagia. Il finale è forzato in maniera quasi comica e non c'è nemmeno il colpo di scena che richiami un futuro seguito, e noi diciamo meno male. Avviso chi avesse voglia di subirsi questo strazio, di non avere oggetti contundenti nelle vicinanze al minuto venti circa, dove viene preso di mira persino il “Grand Guinol”. Il violento prurito che vi prenderà alle mani dovrà essere calmato con la consapevolezza che magari Soto credeva di fare un riferimento fico. Needle non ha neanche un singolo fotogramma granguinolesco. Sono sicuro che se si fosse cercato di andare verso la commedia piuttosto che il teen-horror, forse mi sarei fatto anche qualche risata. Ma lo ripeto ad ogni post, ormai, non c'è proprio niente da ridere.
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