Su buon consiglio del buon amico Gian Mario Mannocchi.
Ma è anche vero che la nostra, parlo della generazione dei nati tra il ’62 e il ’72, è stata la prima a fare i conti col tubo catodico, con la televisione espressamente creata per i bambini, la prima a mangiare pane e olio guardando Saturnino Farandola. La prima ad avere ricordi televisivi a colori, l’ultima ad averli in bianco e nero.
Il Dirigibile, con Mal e Maria Giovanna “Azzurrina” Elmi. Ricordate? Mangiavo pane e salame con loro, aspettando Furia, Rin Tin Tin, Lassie. Mielosi cortometraggi in bianco e nero che ci hanno formato questo carattere così facile al lacrimone (parlo per me). Nonno Peppe era davvero un culture del pane e olio. Panino de Strozzo, quello lungo, non quello all’olio. Bruscatina in graticola o in padella, leggero bagno d’acqua, e olio d’oliva, sale e rosmarino. La mia merenda favorita. E intanto guardavo “Avventura” prototipo di Quark con per sigla She Came In Through The Bathroom Window di Joe Cocker . Uno dei miei primi approcci col rock.
La sera c’era la tv dei grandi che era ben poco interessante, con quei telegiornali pieni di morti ammazzati, stragi sui treni in galleria, guerre lontane e l’incubo dei missili. Portobello faceva sorridere, ma era già a colori. Ricordo il sabato sera del varietà di Macario, di Raimondo Tarzan e Sandra Jane, le Canzonissime sono lontanissime. Più vicini i Fantastico, le Domenica In di Corrado, i Rischiatutto.
Ma per ragazzi non c’era molto. La banda dei cinque, Il mistero dei templari, Il tesoro del castello senza nome, Ufo e il comandante Straker, preludio a Spazio 1999. E sceneggiati da adulti ma intriganti per i ragazzi come Belfagor, Ritratto di donna velata, La baronessa di Carini fino al mitico Sandokan. Ma chi non ha avuto l’esistenza segnata dal Pinocchio di Comencini?
L’evoluzione tv portò il benedetto Happy Days e ci credevamo tutti Fonzie ben sapendo di essere Ricky. E insieme ad Happy Days c’era il contorno di Happy Circus, con la compianta bellissima Stefania Rotolo e l’ Aria di casa mia di Sammy Barbot. Arrivarono i robot giapponesi con Goldrake, Mazinga e Jeeg robot d’acciaio con annessa storiella del bimbo lanciatosi dal decimo piano e mamma arrestata per non aver lanciato in tempo i componenti. Ne seguirono a miriadi: Riù (un milione di anni fà o forse due), Falco il superbolide, Gundam, Capitan Harlock. Vennero la stramaledetta Candy Candy e il suo gatto-procione e Anna dai capelli rossi. Chi non ha visto Heidi almeno due volte nella vita alzi la mano.
Vennero le telenovelas brasiliane. Ricordo che, facevo le medie, tornavo a casa alle quattordici e pranzavo solo, con mamma e nonna incollate alla tv davanti a La schiava Isaura, Dancing Days, Ciranda de Pedra. Roba da suicidio. Ma poi c’era anche Popcorn di Augusto Martelli. Poi venne Deejay Television, fonte infinita di informazione musicale e sia lode a Linus e a Cecchetto. Disco Ring alla domenica. E chissà quante ne dimentico, fino ad arrivare all’età in cui potevi guardare la tele anche a tarda sera e c’era la La Mecca dell’adolescente: Colpo Grosso.
Tanti ricordi televisivi in fin dei conti. Ma cosa sono in confronto all’oggi? Mio figlio vede più roba in una settimana di quanta ne ho vista io in tutta la mia giovinezza.