Nei mitocondri la chiave per capire la degenerazione neuronale causata dal morbo di Parkinson

Da Naturamatematica @naturmatematica
Tutti abbiamo sentito parlare più di una volta di persone affette da morbo di Parkinson. Innanzitutto, cos'è? Si tratta di una patologia degenerativa che interessa una parte del sistema nervoso - in particolare la cosiddetta sostanza nera di Sommering - in grado di produrre il neurotrasmettitore dopamina, che agisce facilitando i nostri movimenti. Gli effetti più evidenti sono una consistente riduzione della mobilità e la presenza di tremore anche piuttosto forte.Cos'è che causa questa degenerazione? Secondo uno studio recente, condotto dal Children's Hospital Boston e pubblicato sulla rivista Cell, la causa principale va ricercata in un difetto di funzionamento dei mitocondri, gli organelli delle cellule eucariote fondamentali per la produzione delle quantità di energia di cui necessita gran parte dei viventi. In particolare, i ricercatori di tale studio attualmente sostengono che alcune mutazioni genetiche possano causare una forma ereditaria del morbo di Parkinson, mandando i mitocondri fuori controllo.

Mitocondrio

Nei neuroni i mitocondri sono organuli di primaria importanza, in quanto distribuiti soprattutto lungo la superficie cellulare interna nei dendriti e nell'assone, aree che necessitano di grandi quantità di energia per il nevralgico ruolo che rivestono nel ricevere ed inviare impulsi nervosi ad altri neuroni. E' tuttavia altrettanto importante che la cellula sia capace di arrestare le migrazioni dei mitocondri, in una sorta di quarantena che possa consentire la distruzione di quelli non più completamente funzionali, come afferma Thomas Schwarz del Children's F.M. Kirby Neurobiology Center. I mitocondri danneggiati, infatti, possono produrre alcuni radicali liberi che possono essere altamente ossidativi per i mitocondri limitrofi in buone condizioni di salute.Schwarz ed i suoi colleghi sono riusciti a mettere in correlazione gli effetti di una mutazione a carico dei geni che regolano la sintesi delle proteine Parkin e PINK1, con i complessi proteici responsabili dei movimenti mitocondriali, di cui uno dei più importanti si chiama Miro. In condizioni normali, quando i mitocondri cominciano a funzionare male, PINK1 fa in modo che Miro possa essere preso di mira dai prodotti del gene Parkin e dagli altri enzimi presenti nella cellula; una volta distrutto Miro, i mitocondri si ritrovano deprivati del loro motore, divengono incapaci di compiere spostamenti e, di conseguenza, possono essere digeriti dalla cellula. Quando però Parkin o PINK1 subiscono una mutazione, i mitocondri vengono lasciati liberi di muoversi nella cellula, fondendosi così con i mitocondri sani e danneggiandoli con la produzione di composti dannosi.Le scoperte del team di scienziati sono in accordo con i cambiamenti osservati nella distribuzione e dinamica dei mitocondri anche in pazienti affetti da altre patologie neurodegenerative, quali la corea di Huntington e il morbo di Alzheimer, e il comune denominatore è un cattivo funzionamento dell'attività dei mitocondri in specifiche aree cerebrali. A tale proposito vi mostro un video pubblicato circa un anno fa su Youtube dal canale di Rai Scienze, che ovviamente non può riguardare la recente pubblicazione di cui abbiamo parlato, ma è inerente ad alcune delle problematiche riguardanti i mitocondri, che già erano state scoperte:

Una delle soluzioni più caldeggiate è l'idea di utilizzare la terapia genica nel tentativo di ripristinare il normale funzionamento di PINK1 e/o Parkin, a seconda delle situazioni problematiche specifiche; un'altra sta nell'idea di trovare un modo per aiutare i neuroni a disfarsi dei mitocondri danneggiati o non più funzionali, in modo da rimpiazzarli con dei nuovi e salutari mitocondri che possano ripristinare il corretto funzionamento cellulare.
Wang, X., Winter, D., Ashrafi, G., Schlehe, J., Wong, Y., Selkoe, D., Rice, S., Steen, J., LaVoie, M., & Schwarz, T. (2011). PINK1 and Parkin Target Miro for Phosphorylation and Degradation to Arrest Mitochondrial Motility Cell, 147 (4), 893-906 DOI: 10.1016/j.cell.2011.10.018

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