Whatever Happened to the Caped Crusader?
Cos’è successo al Cavaliere Oscuro?, scritto nel 2009, non è tanto “Batman secondo Neil Gaiman” quanto, piuttosto, “Neil Gaiman che scrive Batman”. Con questo non si intende che l’iniziativa fu una mera operazione commerciale da parte della DC, che sfruttò anche l’assonanza del titolo con la mooreana Whatever happened to the Man of Tomorrow (1986), ma si intende che l’autore inglese abbia sfruttato pienamente la libertà concessagli dall’editor DC Dan DiDio e abbia declinato un preciso elemento della propria poetica sfruttando l’Uomo Pipistrello e il suo mondo. Quindi non solo un racconto fuori continuity (come ad esempio fu anche Il Ritorno del Cavaliere Oscuro di Frank Miller), ma la messa in scena del ruolo del supereroe secondo Gaiman.
Il punto di accumulazione (narrativa, concettuale ed emotiva: la loro coincidenza costituisce l’elemento di forza fondamentale dell’opera) del racconto è l’enunciazione del principio di identità rispetto alla responsabilità, dove “identità” è un’idea che accoglie il senso stesso dell’esistenza del personaggio.
Gaiman sposta il fuoco dell’identità di Batman dall’ossessione della vendetta, quindi dalla sua radice mitica principale, e lo pone in un contesto di assunzione di responsabilità, frutto di una scelta consapevole.
Lo scioglimento dell’intreccio cortocircuita l’intera costruzione narrativa e richiama (ecco la declinazione della poetica gaimaniana) il mantra di Morfeo: “Facciamo ciò che facciamo a causa di ciò che siamo. Se facessimo altrimenti, non saremmo noi stessi”.
Bruce Wayne è Batman perché, dal momento in cui ha scelto di esserlo, ogni giorno conferma la propria scelta e agisce, appunto, da Batman. Ogni giorno è chiamato a decidere nuovamente se indossare di nuovo quel costume gotico e affrontare i pericoli che minacciano Gotham. Ogni giorno Bruce Wayne può decidere di smettere di essere Batman e tornare a essere semplicemente Bruce Wayne. Glielo propone Selina Kyle – Cat Woman: “Potresti fermarti. Potremmo essere normali insieme”.
Mollare tutto è, come spiegava Lucifero, la libertà definitiva. Ma Batman ha (sente di avere) una missione, come mette in evidenza l’appellativo “Crusader”, “Crociato”, del titolo originale, smarrito nella traduzione, che preferisce la nomenclatura milleriana. Finché agirà da Batman, sarà Batman e ogni sua azione rafforzerà la sua identità. Lui stesso enuncia il mandato della propria missione, legandolo alla propria identità:
Io sono Batman. Proteggo la città, salvo le persone, indago sui crimini, difendo l’innocente, correggo il colpevole
Sarebbe interessante affrontare il problema del rapporto fra le personalità/identità di Bruce Wayne e Batman, soprattutto in maniera comparata rispetto ad altri personaggi. Qui assumiamo che non ci siano dissonanze fra Bruce Wayne e Batman. D’altra parte, vale la pena notare che in Sandman, alla veglia funebre di Morfeo, Gaiman fece partecipare Clark Kent come Clark Kent, Batman come Batman, a suggerire che il primo ritenga nel profondo che la propria personalità autentica sia quella dell’impacciato giornalista umano, il secondo quella del giustiziere notturno.
Bruce Wayne è Batman perché ha scelto di assumere un ruolo che è necessario qualcuno ricopra, caricandosi il peso della responsabilità che quel ruolo comporta; una scelta squisitamente morale, senza aspettativa di premi o riconoscimenti, se non, appunto, la conferma della propria identità. E’ la madre di Bruce a sintetizzare il concetto:
Tu continui a combattere perché devi. […] Sai qual è l’unico premio per essere Batman? È che tu ottieni di essere Batman.
“Bring out the coffin, let the mourners come”: un (meta) Requiem corale
Quello che si definisce pagina dopo pagina è un senso di straniamento e spaesamento, che solo nel finale si risolve in consapevolezza.
Il cammino verso quella consapevolezza muove dalla veglia funebre di Batman, cui partecipano vari (idealmente tutti) personaggi delle sue avventure: dal Joker a Poison Ivy; dal fido Alfred a Cat-Woman. Batman (voce fuori campo per gran parte della vicenda) segue questa veglia con una figura femminile, che egli pensa essere la morte stessa, concedendo al lettore che conosca il modo di Sandman di formulare l’ipotesi che quello messo in scena sia uno dei due incontri che ogni vivente ha con Death. L’ipotesi viene esplicitamente smentita, ma d’altra parte, come vedremo, la figura femminile si comporta effettivamente come uno psicopompo per Wayne/Batman.
Seguiamo ciascun racconto come una sorta di episodio Elseworlds e abbracciamo il loro complesso come dispiegamento di possibilità narrative focalizzate su ciò che è escluso dal mondo reale di Batman, ovvero la sua morte.
Questo secondo sguardo comporta ovviamente una forte componente metanarrativa, perché va a leggere le regole del gioco seriale supereroico (la gestione della morte di Batman messa in scena da Grant Morrison in R.I.P. ne conferma di fatto l’impraticabilità secondo la prassi dell’editoria seriale).
Proprio a questo livello possiamo facilmente capire che l’enunciato principale di Gaiman, che investe appunto le regole, può essere riferito a uno qualunque dei supereroi: le molte morti di Batman potrebbero essere le molte morti di Superman o di Wonder Woman o di Wolverine o di Spider Man.
Tutti loro possono morire, in un qualche mondo alternativo, secondo le più incredibili dinamiche narrative; ma tutti loro sono chiamati a rispettare il proprio ruolo finché decidono di ricoprirlo (e ad essere sugli scaffali il mese successivo, eventualmente dopo l’ennesimo reboot).
L’Uomo Pipistrello ha consapevolezza di ciò:
Ho imparato… che non importa quale sia la storia, alcune cose non cambiano mai.
E poco dopo:
Ogni cosa cambia, niente resta uguale. Ogni amico mi tradisce, prima o poi, e ogni nemico diventa un amante o un amico. Ma ecco la cosa che non cambia mai: io non mi arrendo.
Queste sono le regole sulle quali sono fondate le sue avventure. Una lucidità simile dimostra riguardo al senso della propria morte:
La fine della storia di Batman è: lui è morto. Perché, alla fine, Batman muore. Che cos’altro dovrei fare? Ritirarmi e giocare a golf? Non funziona in quel modo. Non posso. Combatterò finché cadrò. E un giorno cadrò. Ma fino ad allora combatterò.
E se la donna che è al fianco di Batman in questa esperienza non è Death, il finale risulta comunque perfettamente coerente con quello che abbiamo imparato in Sandman: poiché ognuno sceglie la propria esistenza dopo la morte, che cosa altro potrebbe scegliere Batman, se non essere Batman, esattamente come il Ragazzo d’Oro, Prez Rickard sceglie di ripetere in altri universi la propria missione di salvatore degli Stati Uniti d’America?
Merita sottolineare che, a fronte della densità concettuale e virtuosità del racconto (testuale e grafica, con Andy Kubert che disegna con lo stile di vari disegnatori storici) Che cosa è successo al Cavaliere Oscuro? si segnala per l’intensità emotiva e la capacità di evitare il didascalismo. Le pagine che mostrano le matite di alcune tavole mettono, inoltre, in evidenza una capacità di Kubert di mostrare sfumature espressive che il lavoro finale smarrisce per effetto della colorazione.
Ogni maledetto mese
Se il profilo metanarrativo di Cos’è successo al Cavaliere Oscuro? è amplificato dalle pagine finali, dove vediamo Bruce sfogliare un libro, che diventa un albo illustrato con i personaggi di Batman, l’episodio Batman Bianco e Nero si sviluppa interamente ed esplicitamente in quella prospettiva, proponendo un enunciato egualmente generalizzabile ad altri protagonisti di avventure seriali.
Ciò che accade sulla scena, le mirabolanti avventure, le terribili nefandezze dei villains e tutto il resto sono pura finzione (si ricordi che l’atteggiamento leale nella lettura di un albo è che quelle vicende siano reali nel loro mondo: “questa è una pipa!”). Al di fuori del set, Batman e il Joker commentano il copione, si informano sulle rispettive famiglie, si rallegrano di avere un lavoro. Sono attori professionisti e recitano al meglio una parte sostanzialmente decisa da altri: sceneggiatori, registi, produttori, eccetera.
Il disegno di Simon Bisley carica il racconto di grottesco, ma siamo né più né meno che di fronte alla messa in scena (ben drammatizzata e non didascalica!) delle regole base del fumetto seriale: Batman e il Joker reciteranno la propria parte finché la serie avrà successo; si combatteranno ancora e di nuovo, seguendo nuovi copioni. Girata l’ultima pagina di un’avventura saranno pronti, e noi con loro, per la successiva. “Il mese prossimo, di nuovo su queste pagine”, finché una qualche morte non fermi la macchina. Ma di questo, appunto, parla Cos’è successo al Cavaliere Oscuro?.
L’opportunità di uno sguardo appropriato
Anche il dittico Original Sins (illustrato da Mike Hoffman) e When is a Door (disegni di Bernie Mireault) offre uno sguardo dall’esterno su Batman, nel contesto di un’inchiesta giornalistica sull’Uomo Pipistrello e il suo mondo. Il sostanziale fallimento dell’indagine marca l’incapacità (l’impossibilità?) di interpretare il mondo di Batman con gli ordinari strumenti d’inchiesta, un mondo che sembra negarsi e irridere ai desideri di sfruttamento dei reporter.
Infine, un caso simile, persone “normali” che indagano sui personaggi romanzeschi, è messo in scena anche in Pavane (disegni di Mark Buckingham): qui abbiamo un funzionario (poliziotto? medico?) che tenta di stabilire e valutare il profilo psicologico di Poison Ivy, ma che ne viene irresistibilmente attratto. Più che i dettagli sulla biografia di Pamela Lillian Isley (o la volontà di Gaiman di creare un’ulteriore contatto con la produzione di Alan Moore, tramite l’allusione esplicita al suo Swamp Thing), il punto centrale è ancora l’impossibilità di gestire il rapporto con le figure del romanzo (supereroi o supervillains) tramite gli strumenti utilizzati con persone ordinarie. I personaggi hanno un livello di realtà irriducibile a quello ordinario, una sorta di dimensione (letteraria, appunto) in cui è facile perdersi e, soprattutto, che deve essere affrontata con consapevolezza, pena, come indica, in maniera un po’ didascalica il finale di Pavane, non tanto l’incomprensione, quanto la censura/segregazione del mondo fantastico, che corrisponde alla censura/segregazione di una parte di noi stessi.
Nel loro diverso spessore e nella loro specifica ambizione, questi racconti di Gaiman nascono dal confronto con l’idea del supereroe, muovendosi sul terreno di confine fra il mondo supereroico e quello ordinario, dove le due realtà interagiscono. È da questo spazio (narrativo, concettuale), che nascono le domande sul senso dei personaggi e delle storie: è questo lo spazio da esplorare per indagare e cercare di capire l’importanza di storie e personaggi che sopravvivono, magari con successi ciclici, attraverso generazioni successive di lettori.
Abbiamo parlato di:
Batman: Cos’è successo al Cavaliere Oscuro?
Neil Gaiman, Joe Kubert, Simon Bisley, Mark Buckingham, Mike Hoffman, Bernie Mirault
Traduzione di: Stefano Formiconi
RW Lion, ottobre 2013
128 pagine, brossurato, colore – 18,95 €
ISBN: 9788866918356
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