Nel 2013 in Basilicata chiuse 54 imprese, 273 dal 2009. In Italia 54 fallimenti al giorno, due ogni ora (+14% in un anno)

Creato il 22 gennaio 2014 da Ecodibasilicata

Nuovo record nel quarto trimestre 2013: 4.257 fallimenti in Italia, la cifra più alta registrata in un trimestre dall’inizio del 2009. In cinque anni scomparse quasi 60 mila imprese. Lombardia, Lazio e Veneto le regioni più colpite. Edilizia e commercio i settori in maggiore sofferenza. L’Analisi dei fallimenti in Italia CRIBIS D&B nel quarto trimestre 2013

Bologna, 22 gennaio 2014 – Nel 2013 in Italia hanno chiuso in media 54 imprese ogni giorno, due ogni ora. Lo scorso anno su tutto il territorio nazionale si sono registrati 14.269 fallimenti, in crescita del 14% rispetto al 2012 e del 54% rispetto al 2009 (in cinque anni si contano complessivamente 59.570 imprese chiuse, in un trend di costante aumento nel corso delle rilevazioni trimestrali). E la Basilicata non fa eccezione, con 54 fallimenti nel 2013, che salgono a 273 se si prendono in considerazione gli ultimi cinque anni.
E’ la drammatica fotografia dell’Analisi dei fallimenti in Italia relativa al quarto trimestre 2013 realizzata da CRIBIS D&B, la società del Gruppo CRIF specializzata nella business information. Il quarto trimestre 2013 si è chiuso con un nuovo record di 4.257 fallimenti (+14% rispetto al quarto trimestre 2012, +39% rispetto allo stesso periodo del 2009): nelle rilevazioni trimestrali degli ultimi quattro anni non si era mai registrato un numero così alto di imprese chiuse.
“Nonostante alcuni timidi segnali di miglioramento negli indicatori dell’economia italiana, il conto dei fallimenti mostra una situazione ancora molto preoccupante per la situazione delle imprese – commenta Marco Preti, Amministratore Delegato di CRIBIS D&B -. Il quarto trimestre 2013, dopo cinque anni caratterizzati da un trend di peggioramento, registra un nuovo picco, lanciando un allarme sulla capacità di resistenza del tessuto produttivo di fronte al perdurare della crisi”.
“Purtroppo noi non siamo stupiti – prosegue Preti – A settembre 2013, l’andamento dei pagamenti commerciali, che rappresentano la fotografia più affidabile e esaustiva dello stato di salute delle imprese, mostrava come oltre il 15% delle aziende italiane paghi ormai con oltre 30 giorni di ritardo, un aumento del 150% rispetto al settembre 2012. In alcuni settori, come le costruzioni, questo aumento è stato di oltre il 170% rispetto allo stesso periodo del 2012. Questo dato dimostra che una parte delle aziende italiane non riesce a uscire dalla crisi e, non potendo più rispettare i propri impegni di pagamento, si incammina verso la chiusura volontaria o il fallimento”.
L’analisi territoriale
Nel 2013 la Lombardia si conferma la regione d’Italia in cui si registra il maggior numero di fallimenti, con 3.228 casi, pari al 22,6% del totale nazionale. Dal 2009 ad oggi solamente in questa regione si contano 13.199 imprese chiuse. La distribuzione sul territorio nazionale dei fallimenti è strettamente correlata alla densità di imprese attive nelle diverse aree del Paese e alla localizzazione dei settori in maggiore sofferenza nei diversi territori. La seconda regione più colpita è il Lazio, con 1.533 imprese chiuse nel 2013 (il 10,7%), la terza il Veneto con 1.269 fallimenti (l’8,9%). Nelle prime dieci posizioni, seguono poi Campania con 1.134 casi (7,9%), Emilia Romagna con 1.102 (7,7%), Toscana con 1.031 (7,2%), Piemonte con 976 (6,8%), Sicilia con 901 (6,3%), Puglia con 648 (4,5%) e Marche con 491 (3,4%).
I settori merceologici
L’edilizia e il commercio sono i macrosettori più colpiti dai fallimenti nel 2013. Nel settore edile si contano oltre 2.800 imprese fallite, un quinto del totale. Il comparto in maggiore sofferenza è quello della “costruzione di edifici”, in cui si registrano 1.757 fallimenti, a cui si aggiungono i 1.083 “installatori” che hanno portato i libri in Tribunale. In correlazione, si segnalano anche i 795 casi della “locazione immobiliare”. Appare molto critica però anche la situazione del commercio, che registra oltre 1.900 fallimenti nelle vendite all’ingrosso e quasi altrettante in quelle al dettaglio. Analizzando i singoli settori, nel commercio all’ingrosso hanno fermato l’attività 1.138 imprese del “commercio all’ingrosso di beni durevoli” e 808 del “commercio all’ingrosso di beni non durevoli”. Nel commercio al dettaglio, invece, hanno abbassato la saracinesca 588 “ristoranti e bar”, 481 imprese di “abbigliamento e accessori”, 343 negozi di generi “vari”, 261 negozi di “arredamento e articoli per la casa”, 207 da negozi di “alimentari”.
Tra gli altri settori si segnalano i numerosi casi del settore produttivo: nel 2013 si registrano 621 fallimenti nell’”industria di manufatti in metallo”, 304 nell’”industria di macchinari industriali e computer”, 261 nelle ”industrie del mobile – accessori per arredi”, 234 nell’”industria alimentare”, 230 nell’”industria dell’abbigliamento e altri prodotti tessili”, 210 nelle ”industrie tipografiche ed editoriali, 197 nell’“industria di attrezzature elettriche ed elettroniche”.


Marco Preti


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