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Nel 2014 è aumentato il numero dei frontalieri: nel Canton Ticino oltre 60mila. Continua la battaglia dei sindacati

Creato il 23 marzo 2015 da Stivalepensante @StivalePensante

In un periodo difficile come questo per i frontalieri italiani, il clima che si respira nel Canton Ticino è tutt’altro che tranquillo. A denunciare la situazione, da settimane ormai, sono i sindacati italiani che cercano un aiuto da parte del Governo Renzi affinché “la dignità degli italiani frontalieri venga tutelata e garantita, in un quadro di rispetto reciproco tra gli Stati nazionali”. Secondo il sindacalista della CGIL Varese per i frontalieri, Paolo Lenna, “sono tanti i problemi affiorati a partire dal 2015, dove tutto è scaricato dalle aziende sui lavoratori: la nuova tassazione prevista e la mancanza di equità dei contribuenti a seconda delle fasce”. Oggi l’Ufficio federale di statistica ha pubblicato i dati sul numero dei frontalieri in Svizzera che sono aumentati nel 2014 del 2,1%, arrivando a quota 287.100 a livello nazionale.

Il valico di Fornasette, al confine tra Italia e Svizzera

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Aumentato il numero dei frontalieri in Svizzera nel 2014. È aumentato, nel 2014, il numero dei frontalieri in Svizzera, saliti a 287.100 a livello nazionale, con un aumento del 3,1% rispetto all’anno prima. La stessa progressione si registra anche in Ticino, con un numero di lavoratori abitanti oltre frontiera che si attesta a 61.593 Stando a quanto comunicato oggi dall’Ufficio federale di statistica (UST) a livello elvetico. La crescita, però, è risultata inferiore a quella del 2013 e rappresenta anche il valore più basso degli ultimi cinque anni. Sull’arco di un lustro l’incremento è del 29,6%. In Ticino la percentuale è maggiore, pari a +34,8%: nel 2009 i frontalieri erano infatti ancora solo 45.682. I dati federali sulla nazionalità dei frontalieri stranieri in Svizzera. Circa la metà dei frontalieri è domiciliata in Francia (52,4%), un quarto (23,7%) in Italia e un quinto (20,4%) in Germania. L’incremento varia notevolmente a seconda dei grandi gruppi di professioni. Nell’arco di cinque anni, i maggiori aumenti sono stati ravvisati nei grandi gruppi “impiegati d’ufficio e di commercio” (+72,6%), “lavoratori non qualificati” (+45,4%) e “dirigenti” (+37,3%).

Gli scioperi e le lotte sindacali delle aziende ticinesi. I sindacati italiani che tutelano i frontalieri lo dicono senza mezzi termini: “In questi mesi è in atto una vera e propria discriminazione salariale nei confronti dei frontalieri. Questo è illegale. Seguiamo attentamente quello che sta accadendo e abbiamo intenzione, se la situazione non dovesse migliorare, di denunciare quanto sta avvenendo anche alla Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo”. Ad essere duramente criticata è la scelta di diverse aziende, attive in Ticino, di tagliare gli stipendi in maniera differenziata, a seconda del domicilio dei lavoratori. Questo andrebbe contro gli accordi stipulati tra Italia e Svizzera, in materia di libera circolazione delle persone. Nelle ultime settimane, infatti, sono diverse le ditte attive nel cantone che hanno annunciato misure di risparmio simili, per far fronte soprattutto ai maggiori oneri causati dal franco forte. Per questa ragione si sono verificate, da fine febbraio, diverse manifestazioni di sciopero in alcune aziende ticinesi, mentre altre hanno dichiarato pubblicamente di essere in difficoltà.

Il parere di Paolo Lenna, sindacalista CGIL di Varese per i frontalieri, sulla situazione svizzera. “Nell’incontro istituzionale dell’8 marzo a Lavena Ponte Tresa, alla presenza del sottosegretario Vieri Ceriani, sono stati affrontati tanti problemi, ma non ci è stata data nessuna certezza – spiega il sindacalista CGIL Varese per i frontalieri, Paolo Lenna -. Sono state tante le nostre domande e quelle delle amministrazioni, alle quali interessava la questione dei ristorni. Noi abbiamo chiesto lumi sulla tassazione dei frontalieri e sul problema dell’equità nei confronti della diversificazione di contribuzione dei frontalieri, in base alle due fasce territoriali entro ed oltre i 20 chilometri”. L’entrata in vigore della diversificazione di tassazione, per le aliquote del prelievo fiscale italiano, non avverrà, però, prima di gennaio 2018. “Questo significa che nel giro di dieci anni i lavoratori frontalieri pagheranno più tasse di quante ne paghino ora, ma che ci sarà maggior equità tra i residenti delle due fasce – prosegue Lenna -. In compenso i lavoratori residenti entro la fascia dei 20km potranno ottenere le detrazioni previste dalla fiscalità italiana. L’imposizione fiscale e la diminuzione degli stipendi non può, però, avvenire subito. Per quale ragione, su accordi che fanno due paesi come la Svizzera e l’Italia, devono essere i lavoratori frontalieri a farne le spese? Il governo italiano può decidere ben poco su tematiche regolamentate dalla giurisprudenza svizzera, sono le aziende e le associazioni industriali ticinesi che devono intervenire, per tutelare allo stesso modo sia i lavoratori svizzeri che quelli italiani. Bisogna seguire quanto stipulato dall’accordo sulla libera circolazione dell’articolo 9, che prevede la ‘Parità di trattamento‘”.

L’opinione di un pendolare e frontaliere italiano. “Io sono uno di quei pochi frontalieri – spiega un lavoratore italiano – che si possono permettere di andare a lavorare in treno, cosa che sicuramente mi agevola dal punto di vista della qualità della vita. Come tutti sapranno, però, negli ultimi mesi, sia sulla stampa ticinese che su quella italiana l’argomento frontalieri è all’ordine del giorno. Dalla parte svizzera la Lega Ticinese, e non solo, ha identificato questa categoria di lavoratori come i fautori dello stato di malessere dei cittadini svizzeri: delinquenza, lavoro depredato, disoccupazione e chi più ne ha ne metta. Ma, se su questo si possono trovare poche giustificazioni, ancor meno le si trova sul pensiero omologato nel fronte italiano: privilegiati possessori di lussureggianti stipendi, evasori fiscali e trasportatori di valuta illegale. Insomma per il frontaliere il tasso di stress aumenta, ma aumenta proporzionalmente al diminuire del salario, perché di questo che si dovrebbe parlare, di diminuzione forzata di salari come se fosse colpa del lavoratore l’andamento flessibile della valuta o la necessità obbligata di mano d’opera. Si questa è l’ultima novità: si diminuiscono i salari agli italiani perché il Franco Svizzero si è rinforzato sull’euro. Ma cosa centrano i lavoratori stranieri sulle speculazioni monetarie? Oltretutto tale comportamento non viene applicato quando il Franco Svizzero subisce dell’inverse impennate, Ma di cosa si sta parlando allora?”


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