Le economie della Cina e dell’India insieme saranno quattro volte maggiori di quella degli Stati Uniti, riportando in auge lo storico dominio asiatico, prima che le flotte europee irrompessero sulla scena nel Sedicesimo secolo. “Panta rei”, commenta il Dott. Buiter, tutto scorre e niente rimarrà lo stesso.
L’Africa emergerà finalmente dalla lunga serie di delusioni, per conquistare il merito del paese con la più alta crescita, toccando il 7.5% annuo nei prossimi vent’anni.
Non servono certo dei miracoli per realizzare tutto questo. I paesi in via di sviluppo devono solo mantenere le riforme sulla retta via, mercati aperti, “non essere sfortunati, e non bruciare le opportunità”, e la teoria della convergenza farà il resto.
Essendosi liberati di disastrose follie – Maoismo, modello induista e altre varianti di pianificazione centralizzata e autarchia – e avendo raggiunto un livello di ordine e governabilità, niente dovrebbe fermarli, o perlomeno è così che si articola l’ipotesi.
“Era da lungo tempo che le prospettive di una crescita continuata della ricchezza pro capite non erano così favorevoli come lo sono oggi, probabilmente in tutta la storia umana.” La crescita globale aumenterà ancora più velocemente. Entro il 2050, il PIL si quadruplicherà, passando da 73 trilioni a 378 trilioni di dollari (statunitensi).
Il team del dott. Buiter aggiunge poi gli avvertimenti del caso: “fate attenzione alle delusioni date dalla percentuale compressiva di crescita”; oppure “più grande è il boato, più spettacolari sono le scintille, e più devastanti saranno le esplosioni”, o ancora “la convergenza non è mai automatica, o inevitabile. Nella storia c’è sempre stata più l’eccezione che la regola.”
L’Argentina è un buon esempio. Perché si è allontanata dal modello dell’economia australiana, con la quale, alla fine del diciannovesimo secolo, condivideva le stesse caratteristiche commerciali? Perché è passata dall’essere il quinto paese al mondo per ricchezza pro capite a un terzo del livello australiano un secolo dopo?
È difficile capire da dove la situazione abbia iniziato a guastarsi, sebbene sia stato Peron a dare il colpo di grazia, dissanguando le campagne per finanziare il suo patronato populista e forzando la banca centrale a stampare moneta per coprire il deficit. Le cattive scelte politiche fanno male.
Stranamente, la Gran Bretagna si salverà per il rotto della cuffia nel rimescolamento globale previsto da Citigroup, confermandosi nel 2050 come decima potenza economica su scala mondiale, unico paese dell’Unione Europea nella top ten. Supererà inoltre gli Stati Uniti per quanto riguarda la percentuale pro capite.
È possibile che tutto questo succeda? Nella classifica dell’Università di Pisa, la Gran Bretagna è scivolata al venticinquesimo posto nelle materie umanistiche, al ventottesimo in matematica e al sedicesimo in scienze. La scuola del distretto di Shanghai ha raggiunto i primi posti in tutte e tre le materie, davanti a Corea e Finlandia. E’ pur vero che il Regno Unito non soffre della crisi d’invecchiamento che affligge il resto dell’Europa, ma questo è dovuto soprattutto al primato senza rivali di gravidanze adolescenziali.
Anche il resoconto di HSBC parla di un’era di prosperità senza precedenti e di certo l’Europa non cade nel dimenticatoio. La Cina supera gli Stati Uniti, ma solo per un attimo e poi perdere lo slancio.
La Cinoamerica, non la Cindia, formerà il G2, in testa a tutti gli altri paesi nel condominio globale. Gli americani prosperano con un tasso di fertilità del 2.1%, abbastanza alto da proteggerli dal collasso demografico che presto Asia ed Europa dovranno affrontare. Pechino e Shanghai sono all’1.0%. La Corea all’1.1, Singapore 1.2, Germania 1.3, Polonia 1.3, Italia 1.4 e Russia 1.4.
Nel 2050, gli americani saranno ancora tre volte più ricchi dei cinesi. L’economia statunitense supererà ancora quella indiana di due volte e mezzo. Questa è una prospettiva geo-strategica totalmente differente.
La mia opinione personale si avvicina maggiormente a quella di HSBC, forse perché la mia inclinazione antropologica tende a dar maggior peso alla presa duratura delle abitudini culturali, di credo e strutture sociali, e per il mio non voler accettare che quei regimi in fin dei conti possano prendere buone decisioni.
Entrambi gli studi si basano sulle teorie dell’economista di Harvard, Robert Barro, ma differiscono sulla facilità con la quale è possibile gestire il collasso della popolazione. Il grande dilemma riguarda l’effetto dell’invecchiamento precoce sull’entusiasmo creativo e su quante decadi saranno necessarie per far cambiar rotta alla tendenza demografica.
In quattro anni si assisterà al picco massimo della percentuale di forza lavoro in Cina. Mentre la popolazione continua a crescere, toccando il picco a metà del 2020, continua anche a invecchiare molto velocemente. Da qui gli avvertimenti da parte dei demografici cinesi di una possibile epidemia di suicidi, in particolare di anziani che cercherebbero così di alleggerire la pressione.
Zhuoyan Mao, dell’Institute for Famiy Planning di Pechino, ha dichiarato che per quasi vent’anni la Cina ha registrato un tasso di fertilità al di sotto del livello di ripopolamento. Lo slancio demografico ha iniziato a indebolirsi più di dieci anni fa a Pechino, Tianjin, Shanghai e Liaoning, ma adesso anche la campagna sta seguendo la stessa strada. “la velocità di discesa, nelle aree rurali, è più veloce”, ha detto.
È stano che in Cina viga ancora la politica del figlio unico, quando, già dal 2009, le autorità locali di Shanghai hanno incoraggiato le coppie ad avere un secondo figlio. Questa politica sta perdendo la sua rilevanza in questo momento, ma il retaggio della scelta del sesso (infanticidio femminile dal controllo ecografico) ha influenzato il tasso delle nascite maschili/femminili con un rapporto di 1.2 a 1, con tutto quello che implica per la stabilità sociale.
Comunque il tasso di fertilità in Cina sta calando per le stesse ragioni per le quali è sceso in Giappone e Corea – benessere, educazione femminile, gravidanze in età avanzata che allungano le generazioni, doveri familiari e costi di locazione. Non è possibile cambiare tutto questo con la bacchetta magica. I tempi di attesa possono estendersi fino a mezzo secolo.
George Magnum, guru globale di UBS, scrive nel suo libro intitolato “Uprising” che la Cina è afflitta da una tripla “sfortuna dell’età”. Il numero dei bambini sotto i quattordici anni raggiungerà i 53 milioni entro il 2050; la forza lavoro sarà di 100 milioni; gli ultra sessantenni raggiungeranno i 234 milioni, da un 12% a 31% del totale.
Mr Magnus è sarcastico nei confronti del “fosco pensiero” di coloro che sono catturati dall’isteria del BRIC, o di chi si arrende alla conclusione scontata che la crisi economica mondiale abbia dato il colpo di grazia all’Occidente, e sia servita da catalizzatore per un hand-over permanente all’Asia. La crisi ha inoltre messo in mostra la fragilità del mercantilismo cinese, anche se per il momento questa è stata mascherata sotto le spoglie di un blitz stimolante che ha spinto il PIL della Cina al 200%.
Posso anche aggiungere che la Cina sta esaurendo, a velocità preoccupante, la riserva di falde acquifere non rinnovabili, situate nelle pianure del nord, e dovrà affrontare un’ulteriore crisi dell’acqua per aver ristretto i ghiaccia himalayani.
Cheng Siwei, capo dell’iniziativa per l’energia verde, qualche mese fa mi ha detto che ogni anno il danno ecologico di 13.5% del PIL supera il tasso di crescita del 10%. “ Abbiamo un debito ambientale intangibile che lasceremo in eredità ai nostri figli.”. Il debito è già da pagare.
Forse, nonostante tutto, il ventunesimo secolo sarà ancora un secolo americano, proprio come lo è stato l’ultimo.
Fonte: www.telegraph.co.uk
Dott Fabio Troglia
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