Nel caffè della gioventù perduta

Creato il 01 febbraio 2015 da Giannigins
Siete pronti per un caffè? Vi porterò oggi a spasso Nel caffè della gioventù perduta di Patrick Modiano (Einaudi). Almeno in quella parte che cercherò di trattenere in segni e parole.
«Bowing, uno del gruppo che tutti chiamavano “il Capitano”, si era lanciato in un’impresa approvata anche dagli altri. Da circa tre anni registrava i nomi dei clienti del Condé, via via che entravano, annotando anche la data e l’ora esatta dell’arrivo. Aveva affidato lo stesso compito a due amici al Bouquet e alla Pergola, locali che restavano aperti tutta la notte. Purtroppo in quei due caffè non sempre i clienti volevano dire il loro nome. In fondo, Bowing cercava di salvare dall’oblio le farfalle che volteggiano per qualche secondo intorno alla luce. Diceva di sognare un immenso registro dove fossero annotati i nomi dei clienti degli ultimi cent’anni di tutti i caffè di Parigi, con tanto di indicazione delle sequenze di entrate e uscite. Era ossessionato da ciò che chiamava “i punti fermi”. In quel flusso continuo di donne, uomini, bambini, cani che passano per poi perdersi nelle strade, sarebbe bello, di tanto in tanto, ricordare almeno un volto» (p. 9).«E poi, se tutto quel periodo è a tratti così vivo nel mio ricordo, è proprio grazie alle domande rimaste senza risposta» (p. 16).
«Ho subito capito che mi credeva. È il vantaggio di avere vent’anni di più: gli altri non conoscono il tuo passato. E se anche ti fanno qualche domanda distratta su cosa è stata la tua vita precedente, puoi inventarti tutto. Una vita nuova. Non verificheranno. E via via che racconti, quella vita immaginaria, grandi folate d’aria fresca attraversano il luogo chiuso in cui soffocavi da tempo. Una finestra si spalanca all’improvviso, le persiane sbattono al vento che viene d’alto mare. Hai di nuovo tutto il futuro davanti» (p. 20).
«Viviamo in balia di alcuni silenzi. La sappiamo lunga gli uni degli altri» (p. 21).
«Ma certo che capivo. In una vita che a volte ti appare come un grande terreno abbandonato senza indicazioni stradali, al centro di tutte le linee di fuga e di tutti gli orizzonti perduti, farebbe piacere trovare dei punti di riferimento, tracciare una specie di mappa catastale per non avere più l’impressione di muoversi a casaccio. Perciò si stringono legami, si tenta di rendere più stabili gli incontri casuali» (p. 35).
«Siamo veramente responsabili di coloro che incrociamo nei primi anni della nostra vita, semplici comparse che non abbiamo scelto noi?» (p. 91).
«Nei momenti più tristi della vita c’è spesso una nota discorde e leggera, una figura di buffone fiammingo, un Bob Storms che passa e che avrebbe potuto scongiurare la cattiva sorte» (p. 110).

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