E' nell'aria, è la stagione più bella dell'anno. Piena di promesse, di allegorie, di sogni.
Le serate lunghe, senza fine, col sole che non vuole andare a dormire. La gente, in paese, si piazza sulle panchine a godere il fresco. Ma anche a fare pettegolezzi, che non guasta. Guarda quella lì, hai saputo del cugino di.
Le rane gracidano lontane, sulle sponde del lago. Gracidano forte, rendendo sordi per un attimo ai rumori degli uomini coloro che si fermano ad ascoltarle. Gracidano con alterigia la loro passione, la loro voglia di vivere, il loro blues.
I tigli danno il loro massimo, lasciando andare di notte il loro dolce profumo, promessa d’amore per tutti gli innamorati avventizi che rendono famosa la primavera.
E poi le lucciole, promessa fatua di giovinezza eterna.
Le lucciole mi meravigliano sempre, tutti gli anni, tutte le volte.
Tutte le sere.
Dovrei essere più felice, lo so. Più serena. Ho tutto quel che si può desiderare. Un amore grande. Una bella famiglia, che mi ama. Amici favolosi, amiche che valgono oro.
Eppure mi sento insoddisfatta, inquieta. Vivo nell'ansia di non fare le cose, di non arrivare a tutto.
Come staranno i miei genitori? Riuscirò a scrivere un giorno il libro della vita? Sarò all'altezza? Basteranno i soldi? Che succederà domani? Passerà mai quest'ansia che mi divora e mi spinge al controllo maniacale della lavatrice?
Mi sento inquieta, sì.
Meno me stessa di prima. Abbandonata, forse, dalla forza d’animo di mia nonna che mi sorreggeva.
Ora che devo sorreggermi da sola, mi scopro a non vedermi più me. A trovarmi isterica, pesante, preoccupata, agitata. L'ansia mi domina, anche se so bene che non dovrei cedere alle sue lusinghe.
Vorrei ritrovare quella leggerezza, quel disincanto che mi permetteva di mettere un passo via l’altro con la mancanza di senno dell’inanzia.
Vorrei poter ridere, ridere di più.
Per cose sciocche.
Lasciarmi andare.
Tornare a volare.
Come una lucciola nel vento d’estate…
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