Mentre percorriamo e ripercorriamo le strade di Delitto e castigo, mentre cerchiamo noi stessi in questa «storia fantastica, cupa, in questo caso dei nostri tempi, nei quali il cuore umano si è intorbidato», ci domandiamo chi sia Raskol’nikov. La nostra prima impressione è chiara. Raskol’nikov è un eroe romantico, un idealista alla Schiller, un angelo pallido: «bello, con stupendi occhi scuri, capelli castani, alto, esile e snello». Come ogni eroe romantico, è solitario, orgoglioso e superbo: pare sempre nascondere qualcosa dentro di sé; e gli altri hanno l’impressione che egli li guardi dall’alto in basso, salito sopra un piedistallo fantastico. Una cupa e tetra atmosfera luciferina avvolge la sua figura. Mentre noi tutti ci lasciamo sedurre dalle occasioni della vita, c’è in lui una purezza intangibile, un fondo adamantino e inflessibile, fiero e disperato, che nessuna lusinga riesce a corrompere. La vita non gli basta: l’esistenza sola è troppo poca cosa per lui: aveva sempre voluto di più; era stato «mille volte pronto a dare la sua esistenza per un’idea, per una speranza, perfino per un sogno».
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Pietro Citati rilegge a suo modo i grandi romanzi dell’Ottocento per cogliere il confine tra il bene e il male e il travaglio del suo superamento. Per scandagliare delle zona d’ombra che ci restituiscono l’affresco di un’intera epoca.
Pietro Citati, Il Male Assoluto. Nel cuore del romanzo dell’Ottocento, gli Adelphi, Adelphi, 2013.