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Popper non considera la scienza come un tipo di conoscenza universale e atemporale. A suo avviso lo scienziato costruisce “audaci congetture” e sottopone a severi test la sua teoria. Se quest’ultima supera i controlli e sopravvive ai tentativi volti a falsificarla, può essere accettata provvisoriamente. Tuttavia la validità delle teorie non può mai essere stabilita con certezza, e nel modello popperiano la scienza cessa di essere un sistema statico per diventare un’impresa dinamica in grado di modificare se stessa senza posa. Ciò significa che le rivoluzioni scientifiche sono destinate a succedersi per sempre o, per dirla con il titolo della sua autobiografia intellettuale, “la ricerca non ha fine”.
Da un punto di vista storico, è importante sottolineare che la sua strategia conduce a sottolineare il carattere provvisorio e controvertibile della nostra conoscenza. In altri termini, è sempre possibile che quanto conosciamo o riteniamo vero oggi si riveli, in futuro, falso. E infatti la storia della scienza è costellata di teorie che, ritenute vere e definitive in una certa epoca, si sono poi dimostrate fallaci. Per esempio, la teoria di Einstein ha superato quella di Newton, la quale aveva a sua volta soppiantato quella tolemaica. Ma nulla ci autorizza a credere che la teoria einsteiniana sarà vera per sempre: prima o poi essa verrà revocata in dubbio come è accaduto alle precedenti.
Nell’opera che lo rese famoso, “Logica della scoperta scientifica” – pubblicata nel 1934 – Popper espose in maniera analitica e dettagliata le tesi appena accennate. Negli anni ’40, dopo aver lasciato l’Austria, le applicò sistematicamente all’ambito della filosofia politica, pubblicando testi ormai classici e noti anche ai non specialisti quali “La società aperta e i suoi nemici” e “Miseria dello storicismo”. Ne “La società aperta”, in particolare, Popper attacca lo “storicismo”, che egli identifica con la credenza in leggi dello sviluppo storico di portata universale, come ad esempio quelle che si possono trovare nei grandi sistemi di filosofia della storia elaborati, tra gli altri, da Hegel e Marx.
Il filosofo austriaco vede nei sistemi dianzi citati i fondamenti intellettuali delle ideologie totalitarie, sia di sinistra che di destra. A suo avviso il corso della storia è influenzato in modo essenziale dalla crescita della conoscenza umana, e un ruolo rilevante viene svolto nel pensiero popperiano dal concetto di “società aperta”. Egli considera la vita come un processo in cui gli esseri animati sono impegnati senza posa a risolvere problemi, ed una società è aperta se reca dei contributi alla loro soluzione. Ma “come” risolverli? Azzardando dei tentativi, ai quali fa seguito la critica e l’eliminazione degli errori eventualmente commessi (congetture e confutazioni). Ecco quindi Popper auspicare forme di società aperta che permettano di avanzare liberamente molte proposte, ognuna delle quali deve poi essere sottoposta a indagine critica. E, a tale proposito, una società è destinata a conseguire maggiori successi se possiede istituzioni libere piuttosto che ordinamenti autoritari. In questo senso, un indirizzo politico è una ipotesi che può essere equiparata a quelle scientifiche: deve essere messa alla prova nella realtà e corretta alla luce dell’esperienza.
L’indagine critica consente di scoprire gli errori nascosti e di innescare procedure di correzione, prima che gli errori stessi possano causare troppi danni. La vigilanza, in tali condizioni, si può esercitare con successo, mentre le autorità politiche che di fatto impediscono che i propri programmi siano sottoposti ad analisi critica sono condannate a commettere più errori di quanto sia necessario. Gli indirizzi di governo debbono essere lasciati liberi di mutare sotto l’incalzare delle critiche, e coloro che sono al potere devono poter venire rimossi senza drammi di alcun genere per essere sostituiti da persone che magari perseguono obiettivi politici anche molto distanti da quelli dei loro predecessori.
La concezione della società intesa come un tutto inserito in uno sviluppo storico globale conduce invece, secondo Popper, all’utopia, e cioé alla fiducia nella possibilità di trasformare in un colpo solo l’intero complesso di rapporti che caratterizzano una certa situazione. E’ dunque facile accorgersi che, procedendo lungo questo sentiero, lo storicismo diventa il sostegno di una politica totalitaria. Esso pretende di enunciare profezie sul futuro, prossimo e lontano, dell’umanità, e costituisce il principale appoggio ideologico di quella “rivolta contro la civiltà” che si è delineata nelle diverse manifestazioni del totalitarismo contemporaneo.
Poco prima della sua morte, Popper ha pure fornito alcuni contributi al dibattito odierno sul ruolo dei mass media e, in particolare, della televisione. Ciò conferma il suo interesse non solo per le questioni filosofiche tecniche, ma anche per tematiche più vaste che toccano in modo diretto la vita di ogni giorno. In altre parole, Popper non ha mai avuto paura di “sporcarsi le mani” impegnandosi in controversie – almeno in apparenza – poco filosofiche. La filosofia, per lui, è sempre stata anche uno strumento fondamentale per risolvere i problemi che riguardano l’uomo comune.
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