Nel segno della pecora (Murakami)

Creato il 27 giugno 2013 da Athenae Noctua @AthenaeNoctua
Ricordate la recensione di Dance Dance Dance? Il romanzo di Murakami è, come già detto, la coda della Trilogia del Ratto (così intitolata dal soprannome del personaggio che riveste nella serie un ruolo centrale), che si chiude ufficialmente con Nel segno della pecora. Dance Dance Dance ne costituisce il proseguimento, ma dei due capitoli precedenti noi comuni mortali digiuni di Giapponese dobbiamo fare a meno, poiché Einaudi, che cura l'edizione italiana dei libri di Murakami, ancora non li ha stampati. Sia chiaro: Dance Dance Dance si legge senza troppi intoppi senza conoscere la Trilogia, così come Nel segno della pecora è perfettamente autonomo, ma rimane un peccato accedere alle vicende dell'anonimo protagonista (e dei suoi spesso anonimi compagni d'avventura) in maniera tanto frammentaria.

Il non identificato protagonista di Nel segno della pecora è un giornalista free lance divorziato che vive a Tokyo in un appartamento arredato in maniera più che essenziale, ma con una dispensa alimentare ben fornita, con la sola compagnia di un gatto cui non si è mai preoccupato di dare un nome (lo farà un perfetto estraneo al posto suo) e della sua ragazza, di cui, però, non si sa il nome: di lei ci vien detto solo che ha delle orecchie bellissime e seducenti che le conferiscono dei poteri paranormali, e che lavora come prostituta di alto bordo. Un giorno, Suginami (il nome fasullo che il protagonista fornisce al titolare di un albergo e che mi è comodo per riferirmi a lui) viene contattato dal segretario del Maestro, un uomo gravemente malato che è alla ricerca di una pecora con una stella sul dorso ritratta in una foto pubblicata da Suginami, ma scattata da un amico che non vede da tempo, il Ratto. Incaricato di trovare la pecora, Suginami parte con la sua ragazza per l'isola di Hokkaido; a Sapporo, nell'Hotel Delfino, una bettola scelta come alloggio dalla sua compagna, Suginami incontra lo strano Professor Pecora, grazie alle indicazioni del quale si dirige fra le montagne sperdute di Junitaki, dove, fra effimere nevicate, raffiche di vento e sentieri frananti, poco alla volta, il significato e l'oggetto della ricerca diventano chiari.
Nonostante avessi già letto due romanzi di Murakami, anche stavolta sono rimasta stupefatta della sua straordinaria capacità di far sembrare normale e quasi scontati avvenimenti privi di qualsiasi logica, che vanno dal livello della stranezza a quello del paranormale: il falso Suginami affronta la ricerca di una pecora in grado di impossessarsi delle persone con la stessa compostezza con cui prepara arrosti e frigge le uova. Eppure nulla, nelle pagine del narratore giapponese, appare fuori posto, non ci sembra nemmeno di doverci chiedere quale sia la natura dell'uomo pecora con cui Sugiami intrattiene inconcludenti conversazioni nella baita di Junitaki.
Un secondo dato che si impone all'attenzione, forse evidenziato dal fatto che come lettrice di Dance Dance Dance già conoscevo la ragazza del protagonista, è la mancanza di nomi: Suginami, come già rilevato, è un cognome falso, la donna è sempre chiamata da lui 'la mia ragazza', il vecchio gatto riceverà da un estraneo il tardivo nome di Sardina, il committente della ricerca è il 'Maestro' (intorno al quale ruotano 'l'uomo vestito di nero' e 'l'autista'), l'albergatore è 'il guardiano', suo padre il 'Professor Pecora', l'amico disperso il 'Ratto'; solo una vecchia fiamma di quest'ultimo, una barista di Sapporo, ha un nome, Jay. Quello di Nel segno della Pecora, dunque, appare come un mondo in cui assumono importanza i gesti quotidiani (cucina, jogging, pulizie) e gli elementi sovrannaturali, mentre tutto ciò che è socialmente più rilevante, come i nomi e i volti delle persone, perde di importanza, viene isolato, cancellato. Ma ogni scelta narratologica di un bravo scrittore non è mai fine a se stessa. Ecco, allora, che Nel segno della pecora, una storia di identità confuse, rubate, manipolate e consumate, trova in questi espedienti autoriali la sua forza, la sua intensità. Murakami non lascia nulla al caso e ha la rara capacità di non far sembrare nulla superfluo, di non farci infastidire per il protrarsi esagerato di un interrogativo e di convincerci della plausibilità dell'assurdo.
C.M.

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