A wild sheep chase, di Micah Lidberg
"Immagino ci volesse proprio uno irreale come lui per sfondare il muro della mia stessa irrealtà. Mi colpì immediatamente, appena lo vidi. Fu per quello che mi piacque."da "Nel segno della pecora" di Murakami Haruki Hai presente la sensazione che si prova quando si ascoltano i primi tentativi musicali di un gruppo che ti piace? Ti sembra di riconoscere la loro firma, eppure non completamente, ti piacciono ma non sono proprio la stessa cosa degli album che hai riascoltato all'infinito.Questa precisa impressione è quella che ho avuto leggendo "Nel segno della pecora". E' il Murakami che amo, ma allo stesso tempo non lo è.
La cosa bella di quest'opera giovanile è il suo essere quasi una caccia al tesoro, alla ricerca di tutti i segni stilistici dell'autore, di tutti i suoi topoi, le sue ossessioni. E' come accedere alla bozza di tutto quello che è venuto dopo, in un viaggio che ho trovato piacevolissimo.
"Nel segno della pecora" è l'opera più vecchia di Murakami tradotta in italiano, ma è stata una gioia scoprire come già fosse capace di delineare delle immagini così vivide che non riesci più a togliertele dalla mente. Ogni volta che chiudo uno dei suoi libri mi sembra di aver fatto personalmente il viaggio del protagonista, di aver visto gli stessi luoghi, e anche a distanza di anni ci sono paesaggi che ricordo come se ne avessi appena letto la descrizione. E non ho dubbi che anche in questo caso sarà lo stesso.
La storia come sempre corre al confine tra reale e immaginario, come un eterno dormiveglia, e come per i sogni puoi prenderli per quello che sono, oppure andare alla ricerca del messaggio nascosto lanciato dall'inconscio che li genera, sta solo a te. E così la ricerca della pecora può essere una semplice caccia all'animale, o la metafora di un viaggio diverso, metafisico e intimo. Ogni personaggio, ogni tappa del viaggio, ogni oggetto, non sono altro che un test di Rorschach, e ogni singolo lettore può scoprire un sottotesto diverso.
I libri di Murakami finiscono sempre per lasciarmi l'amaro in bocca, la sensazione di non essere davvero riuscita ad afferrare il messaggio veicolato dalle immagini, i simboli, le metafore. Un po' come dice anche il suo personaggio:
"Diciamo che volto un angolo, [...] proprio mentre una persona davanti a me volta dietro quello successivo. Non faccio in tempo a vedere che aspetto ha: colgo solo uno svolazzare di falde di un cappotto bianco."
Ma questo non fa che portarmi ad amare i suoi libri ancora di più, perché non smettono mai di dirti qualcosa di nuovo, puoi rileggerli e andare oltre, e oltre ancora.