Un romanzo permette ad ogni lettore di guardare da un buco di una serratura, di dimenticare per qualche ora i suoi problemi ed immergersi in quelli di un altro, appassionandosi -si spera- e immedesimandosi con questo. Il cinema fa lo stesso, riesce a raccontare, far sentire e lasciare in trepidante attesa lo spettatore sulle sorti di chi tanto vuole conoscere. Se scritti bene, entrambi, trasportano in un mondo ricco di curiosità da soddisfare, facendo di noi tanti voyeur che si legano a doppio filo con lo scrittore/regista.
L'ultimo film arrivato in Italia di Fraçois Ozon -per Jeune et Jolie bisognerà attendere- non solo è scritto bene, non solo è diretto bene, ma è anche e soprattutto uno splendido esercizio, un perfetto incastro di punti di vista in cui i voyeur sono molti e tra i tanti, ovviamente, noi pubblico.
Il protagonista è un cinico professore di liceo, Germain, a cui capita tra le mani, tra i tanti temi sbeffeggianti e puerili, uno a dir poco interessante, che racconta con minuzia di dettagli e creando una strana e morbosa atmosfera, l'agognata entrata da parte dell'alunno Claude nella casa del compagno Rapha. Una casa che dall'estate sogna, una famiglia normale, della classe media, che lo attira. A questo tema ne seguiranno altri, che finiranno per incuriosire e alimentare le fantasie di Germain e della moglie, gallerista in crisi e lettrice complice, portando il professore a incoraggiare le visite di Claude a casa di Rapha, anche con mezzi truffaldini. Il professore giustifica la sua ossessione per voler vedere come andrà a finire con i sogni di gloria della letteratura, a lui mai concessi, senza rendersi conto della spirale di dipendenza in cui scende.
Man mano che il racconto avanza, evidenziando le ampie capacità di Claude nella scrittura che non cambiano con la variazione dei generi, il gioco si farà anche più pericoloso arrivando a mescolare finzione e verità, confondendo le due realtà e mettendo in luce un complicato disegno che solo nel finale verrà svelato.
Tutta la morbosità e la stranezza presenti su carta, riescono a riversarsi in immagini, che aiutano ancora di più a confondere il narrato dall'inventato visto che dall'inizio didascalico si passa a una scrittura creativa, in cui lo stesso Germain entra in scena e in cui la riscrittura e il cambio di scene e di registro finiscono per confondere. Ma quello che ne esce non è un guazzabuglio di idee, anzi, è un perfetto e machiavellico piano, una storia in cui -come Germain insegna- il protagonista tende al suo oggetto del desiderio aggirando i molteplici ostacoli che incontra.
Ozon mette in scena il tutto con maestria, con luci e fotografia intense, con un inizio scoppiettante che lascerà poi spazio all'ombra dei dubbi, tra sprizzi di ironia e scoppi di passione.
Nella casa si conclude in modo poetico, mostrando nientemeno che la nascita stessa di un romanzo, o di un film stesso: un osservare gli altri, con curiosità e anche con un po' di desiderio, per avere ispirazione, per imitarli e soprattutto per raccontarli.
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