Qualche sera fa io Serena e Elettra abbiamo avuto la fortuna e l'onore di cenare a "La Credenza" di San Maurizio Canavese. Premesso che non stiam certo qui a far marchette (il locale - stellato Michelin - è arcinoto) la serata di coccole gastronomiche ci ha fatto pensare alla frase fatta: "Come a casa non si mangia da nessuna parte". Diciamocelo: son tutte balle. A casa mangi sano (forse), mangi cose anche buone, che "sanno" di casa, ma la cucina di un ristorante, se valida, porta il cibo a livelli di evoluzione che uno si sogna, non foss'altro per il fatto che chi stà lì dedica la sua vita alla ricerca del sapore perfetto. Certo, il ristorante dev'essere buono, e buono sovente significa anche caro, ma nessuno ci ordina di uscire a cena ogni tre per due, quindi diminuire la quantità delle uscite in funzione della loro qualità a volte può essere un'idea.Noi - bisogna dirlo - per una volta siamo stati privilegiati: lunedì sera, serata tranquilla, sala semivuota, nostra visita ampiamente annunciata, al tavolo per chiacchiere e consigli alternativamente lo chef Igor Macchia e l'anima del locale Giovanni Grasso. In più un servizio efficientissimo di baby sitting da parte dello staff cucina, che ha rapito Elettra portandola in visita là dove osano i cuochi.Insomma, gli ingredienti per una serata piacevole c'erano tutti, ma i migliori sono stati sciorinati nelle innumerevoli portate che sono transitate sotto i nostri nasi: a questo proposito, fortunata e consigliabile a tutti, nel limite del possibile, la scelta di affidare il destino del nostro menù a chi lo ha inventato, seguendo una strada tortuosa quanto affascinante di sapori inconsueti e originali architetture di cibo.La cucina di Macchia ha molti meriti, primo dei quali la capacità, affatto scontata, di creare piatti complessi, ricchi di ingredienti, ma allo stesso tempo perfettamente riducibili ai numeri primi dei sapori che li compongono. Ogni materia prima parla con una sua voce, perfettamente udibile e distinguibile dalle altre. Se mangi una battuta di fassone alla rosa, topinambur e acciughe (cosa che a noi è capitata) sentirai l'aroma del piatto, certo, ma anche, subito dietro, la succosità della carne, il profumo della rosa, la croccantezza del topinambur e la forza dell'acciuga.
C'è molta cerebralità in questa cucina, intesa però non come freddo esercizio di stile, ma come desiderio continuo di sperimentare, di giocare con mattoncini di cibo per creare costruzioni sempre nuove. Come spiegare diversamente i deliziosi ravioli liquidi di piccione "al contrario", ripieni di ciò che dovrebbe stare fuori, il sugo, e adagiati su una potenziale farcitura, petto di piccione al vino? E dessert strutturati come il biscotto alla nocciola con mele al lime e salsa al gianduja?Potremmo andare avanti così a vivisezionare tutta l'ottima carta della Credenza, ma credo che il senso della nostra visita possa essere più efficacemente riassunto con un piccolo aneddoto famigliare: nostra figlia di cinque mesi, in pieno svezzamento, dopo aver assaggiato (a piccole dosi) creme e sughi made in San Maurizio, mostra nel tornare alle sue pappine così sane e così insipide lo stesso entusiasmo di un tonno prima di essere inscatolato.