Nella crisi ucraina spunta il Turkmenistan

Creato il 29 settembre 2014 da Pietro Acquistapace

Piattaforma nel Mar Caspio

Scritto per East Journal

Come da più parti evidenziato, quanto recentemente successo in Ucraina non fa che ribadire, per l’ennesima volta, la necessità per l’Unione Europea di diversificare le sue importazioni energetiche. In questa situazione torna a far parlare di sè il Turkmenistan, che proprio nella crisi tra Mosca e Kiev potrebbe trovare una grande occasione per il rilancio delle sue esportazioni energetiche. Le problematiche che Asghabat si trova a dover affrontare sono molte, ma il tempo stringe ed il Turkmenistan non può più cullarsi nel culto della personalità, il rischio è un perdurante isolamento che potrebbe avere conseguenze disastrose per il paese centroasiatico.

In Turkmenistan ci sono tra le più importanti riserve di gas del mondo, mal sfruttate a causa dell’incapacità della classe dirigente turkmena, trovatasi di fatto senza quadri e tecnici dopo il crollo dell’URSS. A complicare le cose anche la geografia che isola il Turkmenistan in un’area geopolitica molto calda, rendendolo soggetto alle pressioni russe affichè il gas turkmeno utilizzi i vecchi gasdotti utilizzati al tempo dell’Unione Sovietica, come il Pricaspiysky oppure il Bukhara-Urals. La necessità di diversificazione delle esportazioni di gas risulta quindi essere vitale per il futuro del Turkmenistan.

Se il gas verso la Russia non è mai più tornato ai livelli precedenti il 2009, quando un’esplosioneepisodio mai chiarito – danneggiò un altro gasdotto, il Davletbat-Dariyalyk, gli affari con la Cina segnano una nota positiva dopo la firma di un importante accordo nel 2011. Tuttavia per arrivare in Cina il gas turkmeno deve passare per due paesi concorrenti in quanto produttori, Uzbekistan e Kazakistan, il che complica ancora di più la già instabile situazione centoasiatica. Altro grande cliente turkmeno è l’Iran, ma sembra che i rapporti energetici tra questi due paesi attaverseranno presto un periodo molto turbolento, almeno stando alle dichiarazioni delle autorità iraniane.

Il ministro iraniano competente, Bijan Namdar Zanganeh, ha infatti recentemente dichiarato che l’Iran non ha più bisogno del gas turkmeno. Tra i due paesi si snoda il gasdotto Korpeje-Kordkuy, che nel 1997 permise al Turkmenistan di esportare, per la prima volta, gas al di fuori dell’Unione Sovietica. Tuttavia Teheran contesta i prezzi turkmeni, troppo alti, dando seguito alle polemiche tra i due paesi sorte per la gestione del gasdotto Dauletabad–Sarakhs–Khangiran. In realtà sembrerebbe che dietro le dichiarazioni iraniane ci sia la volontà di rifornire l’Unione Europea attraverso l’ormai famoso gasdotto Nabucco, facendo della Repubblica Islamica un paese fornitore, ossia un concorrente del Turkmenistan.

Considerate le difficoltà legate al progetto TAPI (Turkmenistan-Afghanistan-Pakistan-India Pipeline), al Turkmenistan non resta che approfittare della situazione venutasi a creare a seguito della crisi in Ucraina, proponendosi come partner dell’Unione Europea. In quest’ottica va letta la ripresa di rapporti diplomatici tra Asghabat e Baku, la capitale dell’Azerbaigian, vale a dire tra due paesi sinora dalle relazioni piuttosto fredde. Punto cruciale diventa a questo punto il Mar Caspio, che vedrebbe il gas turkmeno raggiungere il gasdotto Baku-Tbilisi-Erzurum e quindi il TANAP (Trans-Anatolian Pipeline). Alternativa alla costruzione di una condotta transcaspica è la rotta via nave tramite il porto azero di Alet.

Proprio la questione della territorialità del Mar Caspio, con Russia ed Iran a fare una sorta di muro, sembra essere tornata sotto i riflettori a seguito della crisi Ucraina. Decisamente importante sarà il prossimo summit dei cique paesi che si affacciano sul Caspio (mare o lago?). Russia, Azerbaigian, Kazakistan, Iran e Turkmenistan si siederanno infatti attorno ad un tavolo il prossimo 29 settembre ad Astrakhan, in Russia. Nel frattempo l’Unione Europea aspetta, mentre salgono i sospetti che Mosca potrebbe utilizzare l’Armenia, ed il suo mai risolto conflitto con l’Azerbaigian, come elemento di disturbo a difesa dei propri interessi energetici.


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