Nella testa dell’editore

Da Marcofre

In realtà non esiste l’editore, ma ce ne sono tanti, di ogni genere e tipo: lo so. Però si mi sono domandato cosa ci sia nella sua testa; cosa lo agita, lo entusiasma, lo innervosisce.

I conti. Una casa editrice è un’azienda che deve pagare fornitori, dipendenti, bollette. Nonostante i tentativi e le prove ripetute a distanza di tempo e in differenti condizioni spazio-temporali, al momento nessuno è mai riuscito a sopravvivere di sola acqua o (in alternativa), di aria. Questo disturba soprattutto quanti credono che sia sconveniente parlare di denaro. Di solito costoro scrivono ma non leggono, e la loro attenzione verso il vile denaro sparisce se quelle strane creature cartacee che rispondono al nome di “banconote” minacciano di volerli accompagnare. “Minacciano” è ironico.

La burocrazia. Se in questo Paese un dipendente deve rivolgersi ai sindacati per riuscire a compilare la dichiarazione dei redditi, cosa può fare un editore, che è appunto un imprenditore? Nuotare: nel mare della burocrazia. Ci sono più punti di contatto tra un imprenditore di Brescia o Bergamo, e un editore, di quanto si creda. Basta chiedere.

I librai. Lungi da me criticarli (già li sento rumoreggiare*), anche perché non se la passano affatto bene (soprattutto se indipendenti). Per l’editore sono una risorsa, si capisce, ma spesso con la tendenza a mettersi di traverso. I titoli dei soliti noti in vetrina, e quelli dei soliti ignoti da qualche parte sugli scaffali. Già “deve” vendere: e i libri sono solo merce giusto? Sbagliato.

Gli scrocconi. Esistono ovunque, e se c’è un settore dove queste creature proliferano, ebbene, è proprio l’editoria, e tutto quello che ci gira intorno. Parlo delle fiere, dei premi, delle manifestazioni e/o conferenze stampa… E tutto questo ecosistema si accompagna ad assessori (col pallino della scrittura, loro o di qualche parente), giornalisti (col pallino del romanzo popolare ma “alto”), altri aspiranti scrittori che cercano di “agganciare” l’editore. In genere, si vorrebbe tagliare i ponti con costoro, ma purtroppo sono necessari perché hanno un certo potere e vogliono esercitarlo. Se la casa editrice è piccola, ha a che fare con costoro spesso. Basta rifiutare? Sì, ma fosse sufficiente; certa gente, come diceva Gilberto Govi, ha la faccia come il marmo: ce la sbatte sopra e lo fa sanguinare.

I dilettanti. Si tratta di una degenerazione (almeno credo), della categoria precedente. Questi esseri sanno. Non si sa bene come facciano a conoscere le cose meglio di chi ci lavora da anni. Però è un fatto: sanno.
Perché dilettanti? Perché in realtà ignorano, ma fingono di conoscere, di avere capito tutto e di aver scovato il trucco, il segreto, la formula. Purtroppo, non vivono relegati in qualche luogo umido e isolato, ma frequentano ambienti dove la loro presunzione è scambiata per competenza. Hanno un seguito.

La domanda. Almeno una volta al giorno (e in certe giornate più di una volta), l’editore si domanda: ma chi me lo fa fare? Però di solito continua. Di solito.

(*) Ricordo che “rumoreggiare” è il termine di cui sono custode sino al mese di novembre del 2012. Se vuoi saperne di più vai sul sito de La Dante per saperne di più.


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