Neo-luddismo a scuola

Creato il 07 gennaio 2013 da Carturco @carturco

Tra le manifestazioni di neo-luddismo riguardanti la scuola, mi è apparso degno di nota l’intervento su Repubblica del 2 gennaio della scrittrice Mariapia Veladiano, dal titolo assai esplicativo e dal sottotitolo singolarmente eloquente:

La ratio fondamentale degli argomenti avversi alla smaterializzazione (parola orrenda, Veladiano ha ragione: ma perché, allora, non ricorrere  a locuzioni migliori, anziché avallarla con l’uso? ) delle registrazioni di voti, assenze, ritardi, note disciplinari, esiti intermedi e finali è la seguente: il fatto che questi dati divengano accessibili in tempo reale per i genitori – da casa, dall’ufficio, o (orrore tra gli orrori!) via smartphone,   finirà per agevolarne o provocarne l’allontanamento dagli incontri con i professori, vanificare il concerto educativo famiglie-docenti, e via precipitando in rapporti meramente virtuali e nella sostituzione della connessione elettronica alla relazione personale.

Ora, perché mai questo debba discendere automaticamente dalla disponibilità immediata dei dati anzidetti, appare misterioso. Perché, come sembra adombrare l’autrice, la conoscenza di quei dati non sarà più l’esca con la quale attrarre i genitori agli incontri con i professori?  Ma se questo fosse vero significherebbe che già ora quegli incontri si caratterizzano come superficiali.

Una funzione più significativa e proficua dagli incontri, rivolti a realizzare quelle “alleanze concretissime di idee, persone e risorse” di cui Veladiano sottolinea giustamente la necessità, così come ad evitare di ridurre il processo di apprendimento e crescita a un numero,  non potrebbe  trarre giovamento proprio da una tempestiva, preventiva ed esatta conoscenza dei “numeri” da parte dei genitori?

La questione reale, a me sembra,  è che  già adesso la funzione degli incontri professori-genitori non appare essere poi tenuta in quel così gran conto che Veladiano sembra dare per esistente.

Il fatto è  che  in tante e tante scuole – particolarmente nei centri urbani maggiori – si fa davvero poco per agevolare al meglio programmazione, organizzazione, frequenza e orari di questi incontri, anche in considerazione dei problemi logistici  ed eventuali orari di lavoro dei genitori.

E se a tali incontri il corpo docente  attribuisse tutto questo valore, non succederebbe – come è accaduto anche recentemente – che sia proprio la sospensione del ricevimento dei genitori ad essere utilizzata come strumento di agitazione della categoria degli insegnanti (anch’essa piuttosto incline, secondo non commendevoli tradizioni del pubblico impiego e di talune categorie professionali,  a cimentarsi in   forme di astensione dal lavoro che, contrariamente allo sciopero propriamente detto, e praticato, non comportino il pagamento di un prezzo corrispondente).

Che poi il rendere più complicata la falsificazione delle firme da parte degli allievi,  per tenere i genitori  all’oscuro di assenze, ritardi, e demeriti vari, possa considerarsi un effetto negativo della  registrazione e comunicazione dei dati tramite strumenti digitali mi appare, in tutta franchezza, alquanto singolare.

Né mi sembra convincente quanto sostiene Veladiano circa il danno conseguente all’impossibilità di

… guardare dritto dritto lo studente, a me gli occhi, nel momento in cui si scopre la firma falsa sull’assenza. Il decidere se dirlo o non dirlo al genitore o al ragazzo stesso, se far capire che si è capito, con lo sguardo che parla al posto delle parole, e basta quello, per sempre.

Al di là di una possibile suggestività letteraria, in questo modo di argomentare  mi sembra di sentire un’eco tutt’altro che vaga dei modi in cui confessione ed assoluzione sono stati usati come strumenti di potere per soggiogare le coscienze dei peccatori… ! 

Certo, per quelli della mia generazione che ricordano quale fu la resistenza opposta nella scuola alla sostituzione dei vecchi pennini e delle stilografiche con le biro – sull’arco di circa un decennio, un tempo enormemente più lungo di quello in cui questa “rivoluzione” si consumò in paesi come gli Stati Uniti o la Francia – non c’è nulla di nuovo sotto il sole. Ed anche allora si finì per attribuire indebitamente all’uso della biro la perdita di qualsiasi cura non per la calligrafia, ma almeno per l’ordine e la comprensibilità della grafia. Così come, più recentemente, si è insistito nell’imputare alla disponibilità di Internet la responsabilità di aver ridotto le ricerche degli allievi a meri esercizi di indiscriminati “copia e incolla”, anziché ascriverlo alle carenze di insegnamento nell’uso della rete (ed in effetti il “copia e incolla”, pur richiedendo più tempo e fatica, veniva utilizzato nelle ricerche assai prima che fosse disponibile Internet).

Le strade, le ragioni, gli argomenti del luddismo sono da sempre le stesse: attribuire agli strumenti materiali, strumenti del demonio, le ragioni di problemi e guai, magari già esistenti, le cui cause reali andrebbero invece indagate, approfondite e rimosse  con la fatica del discernimento e dell’impegno.

Verissimo, la gestione della scuola e dei processi educativi non è assimilabile o riconducibile alla gestione di un’azienda privata: ma non ne discende affatto che, di conseguenza,  l’introduzione nella scuola di procedure e strumenti di efficienza vada perciò temuta, bandita, o ritardata, quasi che l’efficienza debba appartenere in esclusiva al mondo delle aziende.  

Si tratta sicuramente di considerazioni del tutto ovvie e banali:  che sia necessario richiamarle, e che atteggiamenti neo-luddistici possano ancora riscuotere credito  proprio nella scuola,  non appare certamente promettente per le prospettive di un paese in continuo, e crescente, ritardo. 


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