Che cos’hanno in comune queste notizie? Che non dovrebbero essere notizie.
Il fatto che i media siano costretti a mettere in risalto una buona azione di un cittadino, la sobrietà di un politico, l’umiltà di un religioso o la conquista di una posizione importante da parte di una donna, significa che si tratta di eccezioni e non di routine. E questo la dice lunga sui principi che reggono la società moderna.
Nessun tempo e nessun luogo sono stati mai perfetti, del vecchio e reiterato detto “si stava meglio quando si stava peggio” non sappiamo che farcene perché in genere non è affatto vero, l’epoca moderna ha portato più benessere, libertà e salute agli esseri umani, ma la strada sembra essere ancora molto lunga.
Come si può pretendere di rendere meno bellicosa quella valle di lacrime che è il mondo se ogni giorno si sottolineano solo le brutture che lo popolano e si incentivano i comportamenti da cavernicoli, seppur digitali? Zuffe virtuali condite di insulti, manager eccellenti che ritengono una mail di ringraziamento un’inutile perdita di tempo (leggi l’articolo del Corriere.it) e pseudopolitici che strillano volgarità come pescivendoli al mercato fanno tutti parte di una cultura meschina e triviale che la gente perbene (una dicitura volutamente “antica” e in disuso) non si merita.
Perché di cittadini che ne hanno piene le scatole di questa moda del tutto è concesso ce ne sono tanti, tantissimi. E non sono necessariamente quelli che scendono in piazza. Perché forse non ne hanno il tempo o non approvano i modi. Hanno studi da terminare, imprese da far funzionare, famiglie da mantenere, sogni da realizzare. E nonostante tutto trovano il tempo per scrivere “grazie” a chiunque si rivolga loro con cortesia.
Speriamo allora che ci sia ancora chi insegna ai bambini a restituire un oggetto smarrito, a ringraziare se si riceve un favore e soprattutto a non sentirsi in diritto di elevarsi sugli altri in nome di un titolo o un ruolo. Piccole cose, in fondo. Si chiamano rispetto, educazione ed umiltà. Valori così semplici. Così trascurati.
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