Nepal: diritti di carta

Creato il 03 febbraio 2013 da Cren

Da ormai un mese, tutte le mattine, gruppi di persone stazionano sotto il grande palazzo bianco che fu dei principi Rana ed oggi la residenza del Primo Ministro Bhattarai. La residenza è a Baluwatar, il quartiere bene e sede delle ambasciate. Il movimento ha anche un nome Baluwatar Satyagraha, Occupare Baluwatar. Qualche scontro con la polizia, ma il movimento è pacifico e ostinato. Chiede che sia garantito il diritto e la legalità, che siano processati e rimossi i responsabili delle violenze e stupri all’aeroporto di Kathmandu ad opera dei funzionari delle dogane; chiede che i militanti maoisti responsabili delle torture e dell’omicidio del giornalista Dikendra Thapa, seppellito vivo nel 2004 durante il conflitto, non siano protetti dal governo.
Si chiede il minimo, cioè il rispetto della legalità e l’implementazione delle leggi esistenti ma, nella costante illegittima istituzionale, è difficile che ciò possa accadere. Il governo di Bhattarai e i 21 partitini che lo sostengono continua ad andare avanti per inerzia, in base al mandato dell’Assemblea Costituente ormai sciolta. I tentativi di giungere a un accordo con le opposizioni,  per un governo d’unità nazionale a guida del Partito del Congresso, sono naufragati per veti contrapposti. Ora, come previsto, tutti in strada a manifestare e, come è accaduto fra gli stessi  maoisti, anche a picchiarsi. La stessa data delle elezioni, che tutti sperano a Maggio, è contestata dall’opposizione che non vuole giungervi con lo stato in mano al governo accusato di “maoist totalitarianism”. Eppure questa sarebbe la soluzione migliore, come chiede la gente e, pure, un loro diritto.

Crisi interna e crisi internazionale hanno fatto crollare del 30% l’arrivo dei turisti europei e americani a gennaio (per la prima volta in quattro anni) e fermate le esportazioni verso quei paesi.
I partiti stanno espropriando il diritto della gente ad avere un governo eletto e uno stato funzionante; la burocrazia nega, nel casino istituzionale, diritti fondamentali come quello alla cittadinanza e all’identità che sono, stabiliti, ma solo sulla carta.
E non solo in Nepal. Nel mondo ci sarebbero 51 milioni di bambini non registrati all’anno, in 85 paesi che hanno sistemi anagrafici malfunzionanti. Il Nepal è uno di questi e le conseguenze sono enormi, riguardano la salute, l’educazione, i diritti di proprietà, quelli civili; si parla di almeno 2 milioni di nepalesi senza cittadinanza a cui sono negati tutti i diritti, fra i quali registrare i propri figli. Adesso sono in piedi progetti per dare a tutti una carta d’identità, addirittura elettronica e biometrica (già criticata per la privacy) e con la possibilità di essere registrati come “terzo genere”. Un bella idea, sponsorizzata dai donatori occidentali, ma nei villaggi e nei distretti remoti è difficile avere un semplice certificato di cittadinanza.

Le leggi ci sono: la passata costituzione (di fatto ancora in vigore) prescrive: a child would be granted Nepali citizenship if both mother AND father prove they are Nepali citizens. La costituzione provvisoria (2007), il Citizenship Act del 2006, e il verdetto della Suprema Corte (2011) dicono, invece, la cittadinanza è data se “a child is born to a Nepali mother or a Nepali father”. Ma queste ultime decisioni non sono attuate, nei distretti periferici quell’ AND, nella pratica, significa che senza un membro maschio della famiglia un certificato di nascita, residenza o qualsiasi altro documento è spesso negato. La Suprema Corte si mosse per un caso concreto quello di Sabina Damai. La donna non sapeva chi era il proprio padre e’ a causa dell’”and” nella norma costituzionale le era stata negata la cittadinanza.

Mi racconta Sabina Rai (avvocatessa) che se un uomo va all’ufficio del distretto per registrare il proprio figlio tutto si risolve in pochi minuti, senza alcuna questione; se ci và una donna deve provare che è sposata, spiegare la sua vita, rispondere a domande, a volte insultanti e, spesso, torna a casa senza niente. Che lei e suo figlio siano nati in Nepal non è rilevante; se il padre rifiuta di riconoscere il bambino, se la donna non ha padre o fratelli che garantiscono, se è vedova e vi sono questioni d’eredità tutto si complica e può rimanere senza identità. Adesso con migliaia di famiglie frammentate dalla migrazione, dove il padre non c’è,  acquisire qualsiasi tipo di documento è diventato, per una donna sola, difficile e ciò comporta una serie enorme di problemi fra cui il diritto all’eredità, passaporto, lavoro, etc.

Ancora più complessa è la procedura per uno straniero che ha sposato una donna nepalese (al contrario non ci sono problemi). Gianni Ara, il nostro corrispondente dai meandri sociali di Kathmandu, sta vivendo la storia direttamente e ce la racconta.
“The Rules and regulations” in vigore sono ancora all’interno di una societa` arroccata nelle sue divisioni in caste, sottocaste o differenze di sesso, religione e quantaltro. Una normalissima Carta d`Identita\ (l`agognata NAGRITA), secondo le vecchie regole di fatto ancora vigenti, veniva CONCESSA a tutti i nativi come prassi normale , ma solo sotto l` egida della patria potestà, diventando cosi` per certi versi un PRIVILEGIO in quanto diritto negato a chi sprovvisto di genitore maschio conosciuto.

Senza la Nagrita ci sono ben poche opportunità per una vita nel rispetto della legalità; malgrado talvolta educazione e scolarizzazione non siano del tutto scadenti. Non cittadini di serie B, semplicemente NON CITTADINI. E ancora di bizzarria si tratta nel caso di ragazzi nati da relazioni tra Locali e Stranieri (ovviamente legali).  Se la madre e` straniera e il padre Nepalese allora ,in caso contrario si entra in un inferno di pastoie burocratiche da districare con non poche difficoltà e dispendiosi bakshis (mance). Ho specificato relazioni legali perche da queste parti normalmente i matrimoni non vengono ufficializzati da Autorità Governative (per fortuna si sta iniziando a correggere tale anomalia), , Insomma una relazione tra i due sessi può diventare automaticamente MATRIMONIO, senza alcun riscontro legale se non da testimonianza orale.

Sono sposato da 16 anni. Lei gia madre di un bimbo di due anni da una precedente relazione ( matrimonio combinato tra famiglie, come per la maggior parte dei casi). Da tener presente che il genitore naturale e` passato a miglior vita (come non dirlo da queste parti). Ora, da bravo secondo papa, vorrei (voglio) riconoscerlo dandogli il nome di famiglia. L`ho cresciuto in pratica io e quindi oltre all`affetto, ne sento le responsabilità. Pero` al momento non puo` avere la propria carta d`identita` e a livello Internazionale sarebbe assurda una testimonianza verbale . Un guazzabuio in cui gli avvoltoi non mancano . Eppure nella Costituzione (stilata ma mai promulgata malgrado sei anni di Assemblea Costituente per giunta decaduta per fine Legislatura) e` ben chiaro e preciso l`emendamento che ne sancisce il diritto al possesso inalienabile per tutti. Scarsa informazione (spesso voluta) nonche` micropoteri locali arroganti lasciano sulla carta diritti fondamentali.