La quinta stella cadde dritta nella nostra direzione, come la prima ma meno luminosa. Il frastuono quasi piacevole mi fece levitare sul pavimento, quasi a non sentir più nulla, neppure il corpo di mio fratello poggiato al mio, neppure le braccia forti e sicure di mio padre. Le crepe continuavano a trasudare polvere ormai di una grana grossa, quella più fina ci riparava dal freddo e dorava i nostri abiti, la parete verde sembrava sbiadire sempre di più ad ogni bagliore. Nessuno di noi si mosse, silenziosi. Fregai la testa contro il mento di mio padre con un gesto stanco, a malapena potevo tirare su il collo. Mi aggrappai alle sue mani cercando di avvolgermi attorno a lui, volevo cedere al suo stesso sonno.
Le mani di mio padre erano tiepide, o forse le mie erano troppo calde. La notte era tornata notte come tanti anni fa, nessuno si muoveva. Tastai con la guancia il collo di mio fratello, tiepido, lo stesso tiepido delle mani di mio padre. Mia madre stava in quella posizione da quando mio padre aveva ordinato il silenzio assoluto. Cercai di tirare il suo braccio su me e mio fratello, sembrava stanca , debole, aveva la stessa temperatura di mio padre e mio fratello.
Un nuovo bagliore mi sbarrò gli occhi. Qualche goccia di sudore aveva rigato il mio viso pieno di polvere, il mio corpo era assente. Dalla finestra i raggi miravano dritti su di noi, nessuno s’era mosso, tutti e quattro stavamo abbracciati tra noi, immobili. Mio fratello aveva la stesso sguardo assente, mia madre e mio padre raggelarono il caldo di quella mattina.
Mi trovai solo tra di loro, solo in mezzo al freddo.