Ci sono tutti gli elementi che chiunque abbia letto un romanzo di Markaris conosce, ormai totalmente di maniera: la moglie Adriana con le sue frasi lapidarie e i suoi ghemistà (che fanno un'unica, stanca comparsata), le minuziose descrizioni degli itinerari ateniesi con le indicazioni su traffico e posteggi complicate dalla necessità di evitare manifestazioni sindacali e assembramenti di protesta, la figlia Caterina che finalmente si sposa e cerca uno sbocco professionale come avvocato, l'amico Zisis il comunista conosciuto in carcere ai tempi della dittatura (lui carcerato e Charitos poliziotto, e lo sventurato Zisis si è prestato fin dal primo romanzo della serie per far capire al lettore che Charitos è solo un fedele servitore dello stato e non un bieco torturatore amico dei colonnelli; ma me, questa storia non mi ha mai convinta) che in questa vicenda c'entra come i cavoli a merenda, e infatti come è comparso sparisce, mentre il povero commissario è costretto volente o nolente, per contratto, a leggere il suo dizionario. Mancano all'appello le kulura, non si sa perché. Qualche altro comprimario, come il capo della polizia, la segretaria o il collega competitivo, lascia il tempo che trova.
Però dopo averne parlato così male sottolineo i lati positivi: il forte rapporto con la realtà del momento, con la politica e con la situazione greca, la concretezza, la ruvida semplicità di Charitos, lontano mille miglia dai commissari fighetti e modaioli che imperversano un po' ovunque, la velocità di scrittura che regala una lettura facile e senza intoppi. A chi non ha mai letto Petros Markaris consiglio di cercarsi magari le prime avventure di Charitos, come Ultime della notte o Difesa a zona; chi, con le prime belle giornate, comincia a avere nostalgia della Grecia, degli ingorghi di Atene e dell'uzo in taverna, si butti su Prestiti scaduti con la sicurezza che ci troverà tutto quello che si aspetta.