Nestore, l'ultima corsa

Creato il 09 gennaio 2012 da Robydick
1994, Alberto Sordi.
"Nestore, l'ultima corsa", penultimo film girato da Alberto Sordi prima dell'infausto "Incontri proibiti" ('98, rimontato nel 2002) è il suo preferito tra tutti quelli da lui diretti, ma anche uno dei più incompresi dalla maggior parte delle recensioni ricevute.
Girato nel settembre-ottobre del 1993, è stato il progetto più inseguito e personale di Alberto degli ultimi anni, e nel quale vi si possono ritrovare tutte le tematiche che erano care a lui come a me quando ero sottosegretario allo spettacolo, e che ho sempre convintamente cercato di portare avanti nell'esercizio delle mie cariche. Purtroppo, con questo film Alberto e il suo sceneggiatore di sempre Rodolfo Sonego, non riuscirono a creare i presupposti affinché in molti fossero indotti ad andare a vedere il film, che anche a causa di una distribuzione molto carente, fu un insuccesso sul quale meditare.
Essendo stato chiamato a presentare questo film, convinto come sono della sua bontà, vorrei fare alcune osservazioni. Il film è molto malinconico ma qualcuno ha detto che esteticamente non è bello, ma come sapete e ho già ripetuto altre volte, a me dell'estetica non me ne è mai fregato un bel niente. L'interpretazione del mio amico Alberto è stata improntata da una grande misura e mestiere d'attore. Le eccezionali abilità di Sordi interprete, ma anche le tanto sminuite qualità di Sordi regista, riescono ad infondere a questo suo film delle sfumature inaspettate e persino sorprendenti. Il suo personaggio poi è talmente simpatico, che è impossibile non volergli bene. Eppure, questo film è stato spesso criticato per i supposti difetti “un uso anonimo, didascalico e piatto della messa in scena”, non si può invece non ostentare direi quasi con “orgoglio”, pur fra magari un po' di banale qualunquismo, che a me come al caro amico Alberto hanno sempre rinfacciato, la coraggiosità di proporre nel 1994 una storia così anticonformista nella sua poca appetibilità commerciale, e con ben evidenti e forti riferimenti autobiografici, per cui nel bene e nel male non è assolutamente un altro film del “monumento, l'emblema del qualunquismo italiano nazional-popolare”, come l'impetuoso giovane Nanni Moretti nell'infausto e durissimo 1978 di "Ecce Bombo" aveva inveito, e ferocemente gli rinfacciò, ma anzi una storia per cui non doveva essere così duramente criticato come fu. “Qualunquismo” per altro che il mio amico Alberto ha sempre scherzosamente rivendicato, pur tenendosi ben lontano dalla politica per tutta la vita, e di poter “considerare sé stesso come un conformista dagli inevitabili compromessi”, ma non era vero non è mai stato vero. Alberto è stato sì amico di politici di destra come di sinistra, ma non dichiarando mai le sue preferenze politiche ed elettorali, e solo come mi ha confessato personalmente poco prima della morte, di essere sempre stato un mio elettore.
Trama desunta:
Gaetano (Alberto Sordi) vetturino che ha passato la vita tra le strade di Roma col suo fido cavallo, Nestore, che però negli ultimi tempi comincia ad avere qualche difficoltà a trainare il calesse. Così che Otello (Eros Pagni), proprietario del calesse, decide di venderlo a Cinecittà, segnando la fine del suo lavoro. A questi si presenta lo spettro di dover portare Nestore al mattatoio per "l'ultima corsa". Ma Gaetano non ha il coraggio di lasciare a tale fine quello che considera praticamente un amico e grazie all'aiuto del nipote Ferruccio, cerca un posto per tenerlo. Proverà per prima cosa a piazzarlo nel garage della figlia Iris, che peraltro lo disgusta perché fa la spogliarellista in un teatro quando gli aveva detto che faceva danza classica, ma dovrà ben presto toglierlo da li, perché il compagno di lei tornerà con una lussuosa Lamborghini, di dubbia provenienza. Mentre cerca una sistemazione al cavallo gli zingari glielo sottraggono, si reca al commissariato e per una vecchia pendenza del 1939 quando aveva 24 anni per aver approfittato di un'amante di Mussolini da lui scaricata per l'entrata in guerra dell'Italia, lo portano in questura. Per fortuna le cose si chiariscono e la polizia ritrova il cavallo nell'accampamento degli zingari che ne volevano fare salsicce. Vagando per Roma Gaetano ritrova una vecchia amica che sembra disposta a piazzare il cavallo nell'agriturismo che gestisce fuori città, ma la cosa finisce ben presto a far litigare la donna col genero, vero proprietario dell'immobile, costringendo il povero Gaetano a riprendersi Nestore. Su suggerimento del nipote si reca presso l'ospizio che dovrà ospitarlo per tenere il cavallo nel loro giardino ma le suore di notte a loro insaputa portano il cavallo al mattatoio. Svegliato da Ferruccio i due si recano lì ma è troppo tardi. Entrato da solo Gaetano vede un incessante scenario di immagini raccapriccianti in cui i cavalli vengono tramortiti, scuoiati e sezionati. Alla fine sconsolato e avvilito Gaetano raggiunge il nipote. Ma lungo la strada deserta entrambi hanno l'impressione di ascoltare il tipico calpestio di Nestore seguito dal suo nitrito, si voltano ma è una loro impressione come quella di vedere a tratti il cavallo che sembra voglia raggiungerli come era riuscito sempre a fare prima della sua "ultima corsa".
Scioccanti come non avrebbero potuto essere altrimenti, le scene girate al mattatoio di Cinecittà, forse un po' eccessive e dissonanti con il resto del film, ma è quello l'effetto che volevano ottenere. Alberto d'altronde si sentiva permeato di una profonda tristezza e di essere oramai dagli anni settanta già fuori sintonia con i tempi, e per il lungo periodo del suo tramonto, ma questo film a cui era veramente molto affezionato, vera sorta di epilogo-testamento offre un'immedesimazione di Sordi attore nel personaggio a lui tanto congeniale di Gaetano il vetturino, vecchio ma anche stanco, condannato dopo infinite peripezie e amarezze a ritirarsi in un ospizio di suore.
Il film non è in definitiva affatto pessimo come molti hanno scritto, purtroppo a parte un al solito splendido Eros Pagni nel ruolo de “Il Marchigiano”, personaggio per altro troppo poco utilizzato, il cast non brilla eccessivamente per qualche degno contraltare del protagonista, anche se c'è pure Enzo Monteduro improbabile Commissario di P.S. Dalle dotte citazioni e conoscenze politiche, di Storia del ventennio. Anche se non dovrei dirlo, strepitosa la parentesi con la figlia al Teatro Volturno.
L'Andreottiano

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