Siamo nel fantastico mondo della fisica delle particelle. Nel 2011 i ricercatori del laboratorio nazionale del Gran Sasso facendo degli esperimenti per il progetto OPERA (Oscillation Project with Emulsion-tRacking Apparatus) giunsero a una conclusione alquanto sensazionale destando non poche critiche e perplessità. Stando ai risultati di questi esperimenti i neutrini correrrebbero più veloci della luce, contraddicendo una delle leggi fondamentali della fisica moderna e la teoria della relatività ristretta di Einstein secondo cui invece, detta in soldoni, niente nel vuoto si muove a una velocità superiore a quella della luce (299,792,458 metri al secondo).
Tra gli scienziati in prima fila a contestare questi dati c’era anche Micheal Berry fisico dell’Univeristà di Bristol, nel Regno Unito, il quale col suo gruppo pubblicò lo stesso anno un paper in risposta (e polemica direi), ecco l’abstract (The best ever):
Geni della comunicazione (ché lo scienziato medio diciamocelo...): il titolo è una domanda: Can apparent superluminal neutrino speeds be explained as a quantum weak measurement?
Abstract: Probably not.
Fantastico. Ma cosa ci si poteva aspettare da uno scienziato che già nel 2000 aveva vinto con Andre Geim l’IgNobel per la fisica per aver fatto levitare una rana usando dei magneti?
Solo uno guarda questi lavori e pensa alla bravata di qualche studente o giovane postdoc un po’ zelante, poi va a vedere e scopre che il professor Michael Berry, classe 1941, editor dei Proceedings of the Royal Society è tutt’altro che un pivello. E forse questo è ilpunto...
E anche il bello di invecchiare, con l'esperienza fai le cose con più leggerezza (attenzione non ho detto superficialità), all’urlo del ”ca’... mene” ti concedi di divertirti.