Dopo l’attacco terroristico compiuto da Anders Behring Breivik, responsabile delle stragi di Oslo e Utoya, alcuni rivenditori della catena Coop Norden hanno disposto il ritiro di ben 51 giochi considerati violenti.
World of Warcraft e Call of Duty 4, di cui Breivik si è detto fan, sono stati tra i primi a essere eliminati, e oltre a questi una lunga serie che include sparatutto e action quali Homefront, Sniper: Ghost Warrior, Counter-Strike: Source e altri della serie Call of Duty.
La decisione è stata presa in seguito agli attentati come confermato da Geir Inge Stokke, direttore delle vendite della Coop Norden. C’è chi trova impossibile o insulso collegare un videogioco ad un’azione terroristica di tale portata ma non c’è da stupirsi. Ogni giorno passano attraverso la ghigliottina della censura film e canzoni e ultimamente l’attenzione è rivolta verso i videogiochi colpevoli di suscitare pericolose reazioni negli utilizzatori. Tutti puntano il dito contro questi mezzi ma nessuno si preoccupa di giornali e telegiornali che, a caccia di uno scoop e con l’intenzione di sollevare gli indici d’ascolto, non rinnegano immagini violente di esecuzioni o di guerra. Con la sola differenza che se in un caso si parla di finzione, per le trasmissioni informative si tratta della cruda realtà.
La diatriba tra sostenitori e detrattori dei videogiochi è storica ed è lontana da un punto d’accordo. Ma gli studi che possano confermare quanto un videogioco possa influenzare i comportamenti della vita quotidiana solo pochi e contrastanti. Quindi sarebbe auspicabile applicare il principio di “innocenza fino a prova contraria“.
Nel frattempo, in Italia cresce il consenso per il movimento contro la disinformazione sui videogiochi, la cui pagina Facebook ha raggiunto in pochi giorni quasi 10000 aderenti.
Via | Wired
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