Nido di vespe
Francia 2002
di Florent Emilio Siri
Quattordici luglio, festa nazionale in Francia.
Incurante della parata e delle celebrazioni, un corpo speciale dell’Europol sta scortando al tribunale di Stasburgo il più spietato e pericoloso boss mafioso albanese, Abedin Nexhep. Contemporaneamente, in periferia, una banda di ladri di basso profilo si accinge a mettere in atto un colpo in un importante magazzino di computer portatili. I cinque malviventi non possono certo immaginare che il loro piano incontrerà il più grave e tragico imprevisto.
I sicari del clan Nexhep non hanno alcuna intenzione di lasciare il loro capo in mano alla giustizia. Essi hanno infatti organizzato un attacco in grande stile alla colonna dell’Europol, disposti a tutto pur di liberare il supercriminale albanese.
Intrappolati nello stesso magazzino preso di mira dai ladruncoli di periferia, i pochi poliziotti sopravvissuti all’agguato dei killer di Nexhep non potranno far altro che resistere a oltranza, in attesa che qualcuno mandi loro dei rinforzi.
Commento
Ripropongo questa recensione, presa dal mio vecchio Blog sull’Orlo del Mondo, perché parla di un giorno di ordinaria follia in una grande città francese. Sparatorie, poliziotti ammazzati, scene da guerriglia cecena in un luogo solitamente considerato al riparo da certi rischi.
Non è Parigi, bensì Strasburgo.
Gli attentatori non sono jihadisti, bensì una banda organizzata di criminali (di guerra e non) albanesi.
Le affinità tra quanto accaduto nei giorni scorsi nella capitale francese sono più che altro concettuali, ma Nido di Vespe mi è tornato comunque in mente.
Ai tempi in cui uscì (era il 2002), l’idea di un selvaggio scontro a fuoco nel cuore dell’Europa sembrava fantascientifico.
E invece…
* * *
Film non privo di imperfezioni, ma molto suggestivo, Nido di vespe si rifà al celebre Distretto 13: Le brigate della morte, omaggiandolo con una storia politicamente scorretta, ricca di adrenalina ma senza le forzature improbabili di molti, troppi action film d’oltreoceano.
La singolarità si vede già dall’inizio: lo scenario della vicenda è Strasburgo, una delle città simbolo dell’Europa Unita, per l’occasione vestita alla stregua di una frontiera da Far West. E i richiami al western sono dichiarati dai cinque sprovveduti rapinatori, che fischiano la musichetta de I Magnifici Sette prima di lanciarsi nel colpo che, nelle loro intenzioni, dovrebbe garantirgli “un posto al sole per il resto della vita”.
Politicamente scorretto, dicevamo. Il film lo è a partire dai protagonisti e dai villains. La banda di ladri, guidata da un luciferino Samy Naceri, è composta da immigrati nordafricani (e da un acrobatico scassinatore di colore) senza particolari valori morali, se non quello della fratellanza tra compagni di gang. I “cattivi” sono albanesi, descritti come spietati e crudeli criminali, in grado di marchiare a fuoco le prostitute che vendono come schiave, e di massacrare innocenti disarmati senza un attimo di esitazione. Perfino i poliziotti rappresentano – per una volta in positivo – gli stereotipi dei paesi a cui appartengono. Giovanni (Valerio Mastrandea) è sostanzialmente un “bravo ragazzo”, come tutti gli italiani. Winfried, il tedesco, è ligio agli ordini, spiccio nei metodi e preciso nel suo lavoro. Nadia, francese, è l’ufficiale in comando. Assai meno dura e stereotipata di come appare nelle prime battute.
Nota di merito per Abedin Nexhep, interpretato da un Angelo Infanti (un giorno parleremo di quanto manca un Angelo Infanti al cinema italiano contemporaneo) più inquietante che mai. Il boss mafioso appare inizialmente come un dimesso pensionato dall’aspetto quasi rispettabile, ma non tarda a dimostrarsi spietato e perfino dotato di una forza fisica quasi soprannaturale, che lo fa sembrare per qualche attimo simile ai tanti signori dei vampiri della tradizione horror, che estendono il loro dominio oscuro proprio nelle impervie regioni balcaniche.
Il film, molto cupo, è un susseguirsi di scontri disperati e di scariche di adrenalina. I killer di Nexhep sono silenziosi per tutto il film, limitandosi a sparare e ad attaccare con spietato fanatismo, senza mai arretrare davanti al nemico. I visori notturni che indossano per assaltare il magazzino in cui viene segregato il loro boss danno loro l’aspetto insettoide a cui fa eco il titolo della pellicola.
Nido di vespe è un western moderno, in realtà nulla di nuovo o di particolarmente originale, ma realizzato con stile e con frequenti strizzate d’occhio agli appassionati del caro, vecchio cinema degli anni ’60 e ’70. Un gioiellino che dimostra quanto, già nel 2002, i francesi ci avevano sopravanzato di parecchi punti per quel che riguarda il cinema di genere. E forse non solo per quello.
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(A.G. – Follow me on Twitter)