Già la caduta di Berlusconi lo ha dimostrato l’anno scorso. Benché il Capo dello Stato si sia mosso (almeno formalmente) all’interno dei paletti costituzionali, è indubbiamente trasparita un’azione e un impegno politico che sono andati ben oltre le semplici funzioni di garante delle istituzioni. Il Governo tecnico è figlio di Napolitano, e non si può certamente negare questa verità. O almeno se non ne è figlio ne è sicuramente figlioccio.
Perciò si può affermare, visti pure i pregressi (a partire da Cossiga, per arrivare a Berlusconi e al bipolarismo nano della nostra repubblica), che la purezza del parlamentarismo italiano è ormai un ricordo. E meno male: non c’è sistema di governo peggiore, soprattutto in Italia, dove si è dimostrato causa di instabilità politica, scarso decisionismo, garantendo peraltro la prolificazione della cultura socialista, con tutto quello che ne è conseguito.
Ma questo aspetto, alla nostra casta politica che vive di indecisioni, patteggiamenti, mediazioni e do ut des, va più che bene. E oggi Napolitano lo ha confermato. E lo ha fatto in un modo piuttosto paradossale. Ha tuonato come se fosse un presidente della repubblica “americano”, per ribadire – ed è qui che sta il paradosso – che Monti non è candidabile, e dunque non può confrontarsi con gli altri candidati in un’eventuale gara a Palazzo Chigi, perché è già senatore, e siccome siamo in un sistema parlamentare, se mai lo si volesse prendere in considerazione, gli eventuali vincitori potrebbero farlo dopo. Le parole del Capo dello Stato:
Un senatore a vita non si può candidare al parlamento perché già parlamentare. Non può essere il candidato di alcun partito. [Ma essendo comunque ] … un senatore a vita … ha uno studio a palazzo Giustiniani dove potrà ricevere chiunque, dopo le elezioni, vorrà chiedergli un parere, un contributo o un impegno.
Capito? Non può confrontarsi con gli altri “mortali” per riscuotere consenso fra gli elettori, ma può comunque essere a loro imposto, dopo dal vincitore che avrà preso più voti. Alla faccia dell’investitura popolare, del consenso e della volontà popolare che in questi anni abbiamo fatto nostri, in un disperato bisogno di quella cultura democratica e matura che in Italia è assente da sempre.
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Come ho già detto, evidentemente ai politici piace da matti trafficare all’interno delle segreterie, nelle stanze buie e sconosciute dei palazzi, fregandosene altamente del consenso del popolo e di quello che pensa vuole. Perché del resto il popolo, anzi il popolino, ha solo un ruolo nella politica: quello di notaio certificatore. Nient’altro che questo e solo questo. E non importa se poi vuole qualcosa di diverso, se non vuole Monti, o non vuole il governo tecnico. Il popolo non conta se non quando deve mettere la scheda nell’urna per scegliere quale segreteria deve poi decidere chi governa.
Allucinante. Il nostro è un sistema allucinante, e il brutto è che non ce ne rendiamo affatto conto, tanto siamo instupiditi da una cultura pseudemocratica che sta sottraendoci tutto: dalla libertà di pensiero, fino alla libertà di sceglierci i nostri governanti. E lo è soprattutto perché è un sistema fatto apposta per garantire e preservare le caste: casta politica, casta giudiziaria, casta legale, casta notarile, casta degli impiegati pubblici, casta dei banchieri, casta degli industriali, casta dei sindacalisti, casta dei giornalisti. È sufficiente guardarsi intorno, osservare le leggi che vengono emanate, le notizie date, gli indirizzi giurisprudenziali, i contratti collettivi e in generale le dinamiche dei rapporti fra i cittadini e le istituzioni, per capirlo.
Altro che democrazia parlamentare. Lo fossimo sul serio, forse la situazione sarebbe comunque migliore di quella attuale. Il fatto è che il popolo italiano è governato da un’oligarchia di caste che hanno dei rapporti di potere che vanno ben oltre le leggi e i regolamenti e che quando prendono una decisione non c’è verso di cambiarla. Sperare in un qualcosa di più delle parole di Napolitano e della finzione pseudemocratica delle primarie, è perciò quasi una speranza vana. Aspettiamoci un Monti bis. Ancora una volta, non eletto da nessuno, senza il consenso di nessuno, se non delle segreterie dei partiti: la casta più grande.