Niente rivoluzione colorata in Russia

Creato il 08 marzo 2012 da Geopoliticarivista @GeopoliticaR

Domenica sera 4 marzo si sono chiusi i seggi per le elezioni presidenziali in Russia. Vladimir Čurov, presidente della Commissione Elettorale Centrale della Federazione Russa, il giorno successivo ha annunciato l’elezione di Vladimir Putin.

Il risultato finale delle elezioni sarà presentato ai russi tra una settimana, ma le cifre non cambieranno, se non marginalmente, da quelle attualmente riportate sul sito della Commissione Elettorale Centrale: Vladimir Putin ha ottenuto il 63,75 % dei voti, Gennadij Zjuganov il 17,19%, Michail Prochorov il 7,82 %, Vladimir Žirinovskij il 6,23 %, Sergej Mironov il 3,85 %.

Gia nella giornata del 6 marzo Putin ha iniziato a ricevere le congratulazioni di vari leader stranieri. Prima tra tutti dal cancelliere tedesco Angela Merkel, seguita dal primo ministro britannico David Cameron e dal presidente francese Nicolas Sarkozy. Con Putin si sono subito congratulati anche il presidente venezuelano Hugo Chavez, il primo ministro turco Tayyip Erdogan, il presidente siriano Bashar al-Assad, e molti altri leader mondiali.

“Putin ha conseguito la sua più emozionante vittoria”, come recita un titolo del sito Infox.ru. Durante il suo discorso nella nottata elettorale, sulla Piazza del Maneggio a Mosca, di fronte ai propri sostenitori, si dice gli siano addirittura comparse le lacrime agli occhi, anche se poi attribuite al vento… Un emozionato Putin ha citato i versi del noto poeta S. Esenin: «Se si dirà: schiera santa, abbandona la Rus’! Vivi tu in paradiso! Io dirò: non serve il paradiso datemi la mia Patria».

Indubbiamente una vittoria che Vladimir Vladimirovič ha ambito e finalmente conquistato, senza nemmeno dover affrontare il ballottaggio. E tornando al Cremlino dopo quattro anni d’assenza, questa volta lo farà per sei anni anziché quattro, in virtù delle nuove norme.

I significati che vengono attribuiti a questo esito sono diversi. Negli ultimi tre mesi molti oppositori hanno fatto notizia scendendo in piazza con la richiesta-slogan di una “Russia senza Putin”. Per la maggioranza dei russi, tuttavia, questa vittoria è un evento stabilizzante: il punto di ripresa per continuare a lavorare nella determinazione e nella fermezza che hanno caratterizzato la politica russa dopo il rovinoso periodo eltsiniano.

Il sociologo Aleksandr Oslon, presidente della Fondazione “Opinione pubblica”, in un’intervista rilasciata a “Pravda.Ru”, non ha dubbi e riferisce: «Il fatto principale è che il risultato delle elezioni è inequivocabile; anche laddove dovessero apparire accuse di irregolarità, ora la situazione è radicalmente diversa da quella dello scorso dicembre. Questo appare come un dato chiaro e definito. Piaccia o non piaccia, almeno vi è stabilità e questo è il risultato principale». Sempre secondo il parere di Oslon, un secondo importante risultato è che durante la campagna elettorale sono state formulate molte idee nuove, sia dal governo sia da un’opposizione costruttiva: «Questo significa che le elezioni sono diventate uno stimolo per uno sviluppo più intenso e dinamico». Aggiunge ancora: «Il terzo risultato è che il lavoro professionale dei sociologi rimuove completamente, a mio parere, quei dubbi, quelle accuse che circolavano prima delle elezioni di dicembre e alla vigilia delle elezioni presidenziali». Conferma inoltre che «i sondaggi e gli exit poll sono stati sufficientemente accurati da potervi intravedere il lavoro dei sociologi, di coloro che da tempo si sono professionalmente impegnati al fine di riconoscere l’autenticità del risultato». Tuttavia, secondo l’esperto, permane comunque una certa sfiducia, che ora va indubbiamente affrontata per rimuovere dubbi e perplessità.

Non mancano difatti le critiche a questo risultato: tra le più esplicite quella di Gennadij Zjuganov, leader del Partito Comunista della Federazione Russa, arrivato secondo alla corsa per la Presidenza. Ai microfoni della stazione radiofonica “VestiFM”, Zjuganov ha affermato di non riconoscere il risultato delle elezioni, bollate come «illegittime, ingiuste e non trasparenti». Rincarando la dose, ha proseguito: «Abbiamo uno Stato corrotto e mafioso, che serve la stessa squadra. Questa squadra ha trasformato le elezioni in una piovra mafiosa, dove è impossibile ottenere un risultato veritiero. Entrare in causa con questa terribile macchina è impossibile». Ma agli osservatori più attenti queste parole non sorprenderanno: Zjuganov è solito ricorrere a questi toni infuocati all’indomani di ogni consultazione elettorale.

Attorno a Prochorov si stanno già raccogliendo le spinte per riprendere le contestazioni. Sempre ai microfoni della stazione radiofonica “VestiFM”, egli ha definito le elezioni «ingiuste fin dall’inizio, perché non è stata data pari opportunità ai vari candidati». Per quanto riguarda invece la loro legittimità, ha più cautamente dichiarato che «bisogna con calma analizzare quelle infrazioni». Prochorov si è comunque mostrato soddisfatto: «Credo che abbiamo vinto, a prescindere dal risultato. Perché dopo queste elezioni le persone più attive, attente e interessate formeranno una nuova forza politica. Se qualcuno pensa che le elezioni del 4 marzo siano finite, si sbaglia. Le elezioni sono solo all’inizio, perché le persone che hanno votato per me sono la futura classe dirigente».

Nonostante tali dichiarazioni, siamo però lontani dalla riedizione di uno scenario da “rivoluzione arancione” che in Ucraina, alla fine del 2004, determinò il ribaltamento del verdetto elettorale, permettendo l’avvento al potere del candidato più gradito agli USA e all’UE. Appare inequivocabile il fatto che la maggioranza dei russi non si identificano con i ceti privilegiati, simpatizzanti dell’amministrazione USA e delle tecnocrazie dell’Unione Europea.

I leader dell’opposizione al raduno “Per elezioni oneste!”, tenutosi il 5 marzo in Piazza Pushkin, hanno riconosciuto che una svolta decisiva nel movimento di protesta non si è verificata. Gli organizzatori della manifestazione si aspettavano più di 10.000 persone, ma alle fine i manifestanti riempivano a malapena solo la piazza. Le uscite della metropolitana, i negozi e i ristoranti della zona non erano più affollati del solito. Il robusto dispiegamento di Polizia è entrato in azione solo per arrestare quei manifestanti che, scaduto l’orario previsto, hanno cercato di continuare la riunione in modo non autorizzato.

Una delle chiavi di lettura del successo di Putin sta nel fatto che la sua figura viene associata, da molti suoi elettori, al recupero della dignità nazionale dopo il tragico decennio eltsiniano che aveva portato il Paese alla bancarotta. Putin, imprimendo una energica svolta alla politica economica ed estera della Federazione Russa, riuscì infatti a far riemergere il Paese da una precedente condizione di degrado sociale e di dipendenza semi-coloniale, determinata dalle scelte di El’cin e del gruppo di oligarchi che lo circondavano; coloro che, tramite una sconsiderata politica di liberalizzazioni e privatizzazioni selvagge imposte dall’Occidente, divorarono il bottino ereditato dall’URSS.

Tale processo si è accompagnato ad un’azione di recupero di quei valori patriottici e di orgoglio nazionale, tipici della dimensione imperiale della Russia (sia del periodo zarista sia del periodo sovietico), avviliti da una totale subordinazione all’Occidente nel periodo seguente al crollo dell’URSS. Da tali azioni la Russia, in questi anni, non si è mai sostanzialmente allontanata, come dimostrato anche dagli ultimi sviluppi che spesso, su vari scenari geopolitici, vedono il Paese contrapposto, insieme alla Cina e ad altri paesi emergenti, alle politiche più aggressive di matrice americano-atlantica.


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