Nimby: le ragioni (non solo negative) di un fenomeno da superare

Creato il 22 gennaio 2015 da Valtercirillo

È da oltre 20 anni che cresce in Italia l'atteggiamento di opposizione - da parte di popolazioni, associazioni, comitati civici e anche Enti locali - contro la realizzazione di infrastrutture e impianti sul territorio.
È il fenomeno noto con il termine ( Not In My Backyard: non nel mio giardino) che nel nostro Paese è ormai diventato generalizzato in modo straordinario: un vero record mondiale.

Ci si oppone a tutto: dalle infrastrutture ferroviarie e stradali, agli impianti energetici e di gestione dei rifiuti, ai nuovi insediamenti abitativi o di servizi, alle nuove destinazioni d'uso di aree pubbliche eccetera. E questo anche quando si è teoricamente d'accordo sulle finalità dei progetti e sull'esigenza delle infrastrutture: tipico è il caso delle nuove fonti rinnovabili, che per definizione dovrebbero essere pulite, ecologiche e sostenibili, e che in teoria vanno bene a tutti, ma non nel mio giardino, appunto. Centrali geotermiche, eoliche, a biomassa? Ma certo che vanno bene, fatele pure, ma da un'altra parte, lontano da qui.
Una quantificazione per settore delle infrastrutture contestate è riportata sul sito di Nimby Forum, da cui è tratta la figura in basso.

Quasi sempre il fenomeno Nimby ha una valenza negativa, in quanto manifestazione di un egoismo locale (la salvaguardia di privilegi o di peculiarità particolari) rispetto all'esigenza di garantire servizi o infrastrutture di interesse più generale. Il che porta la necessità di giustificare e dare dignità sociale a questi atteggiamenti, nascondendoli dietro a un elevato dinamismo comunicativo che utilizza informazioni parziali e pseudoscientifiche per proporre visioni alternative della società. Cioè il danno sul danno.

Tuttavia è innegabile che in qualche caso l'atteggiamento Nimby è anche il segno di una coscienza vitale da parte dei cittadini, che non si sentono tutelati dalla gestione della cosa pubblica e, quindi, si attivano autonomamente per salvaguardare il proprio ambiente e la propria qualità della vita.

Le cause del fenomeno sono diverse e complesse. Variano infatti in relazione alle caratteristiche socio-economiche delle aree interessate, al livello di convinzione ideologica degli oppositori, alle tecnologie coinvolte, al reale impatto sul territorio e a molto altro.
Ci sono però alcuni elementi che ricorrono con frequenza e che - pur non essendo presenti in tutte le manifestazioni Nimby, o avendo in qualche caso valenza solo parziale - sono dunque rilevanti per una valutazione globale delle fonti dei conflitti e per eventuali proposte di soluzione.

Possibili motivazioni del fenomeno NIMBY

1. Inadeguata capacità politica di gestire la crescente complessità sociale. Il problema è soprattutto nel fatto che questa crescente complessità comporta il confronto tra interessi sempre più numerosi e difficili da conciliare. La sintesi tra queste esigenze contrastanti dovrebbe essere uno dei compiti principali della politica, che invece appare inadeguata allo scopo, quando non esplicitamente di parte. Il conseguente indebolimento dell'immagine e del ruolo delle Istituzioni fa scattare l'opposizione dei cittadini, che considerano il proprio atteggiamento una necessaria autodifesa rispetto agli interessi dei "più forti".

2. Difficoltà a comprendere la complessità tecnologica e industriale. L'evoluzione tecnologica ha raggiunto livelli di specializzazione tali che soltanto poche persone specializzate riescono a comprendere pienamente i processi industriali. Non solo: nemmeno la comunità scientifica riesce più a fornire pareri unanimi in merito al possibile impatto della tecnologia sulla salute e sull'ambiente. Il singolo cittadino è quindi necessariamente "ignorante" sulle conseguenze di quasi tutte le attività in termini di possibili rischi e benefici. E se cerca conferme scientifiche autorevoli ha alte probabilità di imbattersi soprattutto in ulteriori dubbi.
Tutto ciò rafforza la sensazione di "perdita di controllo" da parte delle popolazioni, favorendo atteggiamenti di rifiuto e di sfiducia di fronte ai progetti proposti.
Quando poi tecnici e scienziati si schierano a favore delle opere da realizzare, oltre alla sfiducia sulla loro competenza è facile che si aggiunga il dubbio sulla loro neutralità e buona fede.

3. Conflitto di possesso. Il fenomeno nasce dalla naturale sensazione di possesso del territorio da parte degli individui che lo abitano: il mio paesaggio, la mia aria, il mio tempo di percorrenza stradale eccetera. Questo "senso di possesso" tende ad aumentare in presenza di scarso senso civico e con il crescere dell'insicurezza sociale e personale (anzianità, crisi economiche e di valori etc.). In questi casi, anche se la logica generale del progetto proposto può essere accettata, viene data priorità agli interessi personali e al timore di vedere modificati alcuni particolari aspetti della propria qualità della vita, indipendentemente dal fatto che la qualità complessiva possa invece migliorare.

4. Il territorio come luogo di scontro tra valori diversi. Non più spazio sociale in cui gli individui percepiscono di vivere all'interno di una medesima collettività, il territorio è già da tempo divenuto una sorta di spazio "contenitore" di attività diverse e autonome. Alle quali corrispondono concezioni divergenti sul suo uso: chi lo utilizza direttamente per sopravvivere (agricoltori, operatori turistici) avrà interessi diversi da chi vi vede opportunità di sviluppo economico (imprenditori, operai, commercianti), da chi lo usa per svago (villeggianti) e da chi lo utilizza per altri motivi (seconde case, ricerca di tranquillità, ritorno alla natura eccetera). Da ciò derivano facilmente conflitti, poiché il concetto di rischio/beneficio che i vari soggetti svilupperanno - in relazione a qualsiasi proposta di nuove infrastrutture - sarà quasi sempre differente, e spesso contrastante, da quello degli altri "portatori di valori".

5. Sfiducia rispetto alle amministrazioni e agli organismi di controllo. Cittadini e associazioni locali giustificano la propria sfiducia e opposizione sulla base della presunta inerzia di organi e strutture di controllo nel far rispettare gli impegni presi dal proponente l'opera. Questa motivazione è particolarmente importante per quegli impianti che in fase di esercizio - quindi per lungo tempo - possono avere impatti negativi su salute e ambiente nel caso di guasti o di cattiva gestione quotidiana. Purtroppo, si tratta di una sfiducia abbondantemente alimentata dalla constatazione che esempi di cattiva gestione e di scarso controllo ci sono, e sono anche frequenti. Ovviamente, per i comitati locali è più facile e comodo dire "no" subito, piuttosto che impegnarsi in una successiva e costante attività di controllo civico.

6. Radicalizzazione politica della protesta locale. La conflittualità locale attorno ai progetti di nuove opere e infrastrutture è sempre più teatro di confronto tra le forze politiche locali, che hanno interesse a recuperare questi conflitti nell'ambito della propria azione (e visione) politica. Queste realtà politiche hanno peraltro interesse (soprattutto quelle più piccole e alla ricerca di visibilità e consenso) a radicalizzare la protesta, cosa che in genere porta visibilità maggiore e immediata sui media.

7. Carenza ed errori di comunicazione. Il carattere tardivo, la scarsa accessibilità e le lacune delle informazioni sui progetti (tanto da parte di autorità ed enti pubblici, quanto dei proponenti le opere) contribuiscono a creare un terreno favorevole al diffondersi di voci non controllate, al sorgere di timori, alla trasformazione dei dubbi in rifiuto.
La carenza di informazione e di comunicazione attorno ad un progetto è tanto più pregiudizievole in quanto quasi sempre i mass media non svolgono un autonomo e alternativo ruolo di informazione, ma si limitano a costituire una cassa di risonanza dei conflitti.
In mancanza di un'informazione chiara ed accessibile, questo ruolo di amplificazione è accresciuto sia dalla comune tipologia di comunicazione adottata dai media (sensazionalismo, drammatizzazione, ricerca di scoop), sia dal fatto che spesso tanto gli oppositori quanto i proponenti hanno interesse a promuovere prima e sostenere poi la drammatizzazione mediatica.

8. Frustrazione delle popolazioni rispetto ai processi decisionali . Manifestando contro i progetti, i cittadini non esprimono soltanto l'opposizione a questo o quel progetto, ma, più in generale, insoddisfazione o sfiducia rispetto al ruolo e/o all'attenzione che è loro riservata nel quadro del processo decisionale.
Questo aspetto è particolarmente grave e carente in Italia, rispetto ai Paesi più avanzati, ed è una delle principali ragioni per cui si ha difficoltà a comporre i conflitti nelle fasi iniziali di nascita della protesta. I cittadini giustamente pretendono di essere coinvolti nelle decisioni e, quindi, si oppongono, allo squilibrio nelle procedure di autorizzazione (tipologia dell'impianto o della struttura, taglia, localizzazione eccetera) che, così come viene fatto tutt'oggi, percepiscono a proprio svantaggio.

L'elenco fatto sulle possibili cause del fenomeno Nimby non è ovviamente esaustivo. È solo un personale contributo di riflessione sulle possibili cause di conflitto e opposizione locale. Di contributi simili e molto migliori è pieno il Web: si veda, solo per fare un esempio, questa recente Fenomenologia della sindrome Nimby.

Indipendentemente dalla lettura che si vuole dare ai singoli fenomeni di contestazione e protesta, ciò che è importante sottolineare è che tutte le manifestazioni Nimby hanno un attualissimo denominatore comune: cioè la sfida tra libertà private e solidarietà sociale.

Su questa sfida è vitale interrogarsi per individuare vie d'uscita che ci permettano di non essere esclusi dalla competizione economica globale. E magari anche di continuare un vero percorso di maturazione civica e democratica.

[ Valter Cirillo]

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