“Diceva Albert Camus che l’unica domanda seria da farsi è se suicidarsi oppure no. Con la ninfa è lo stesso. Occorre peso, una mosca pesante, un lancio a due tempi. lanciare diventa allora questione di porre tutto in acqua e di farlo con ordine. Il che esige una tecnica di pesca più raffinata di qualsiasi altro tipo di pesca, poiché al pescatore è richiesto di valutare il fiume in ogni sua dimensione. Svaniscono allora le gioie del lancio, quel costante controllo e aggiustaggio del loop che possiamo paragonare al camminare o al remare. Le gioie del lancio svaniscono perché l’ignobile attrezzatura ci rovina l’azione della canna” (Thomas Mc Guane, “Il Grande Silenzio”).
Ignobile o quasi, così mi è sempre parsa la pesca a ninfa fino a sabato scorso quando Alessandro Negri (nipote di Luca) pazientemente me ne ha svelato tecnica e malizie sull’Adda, in Valtellina.
Sabato l’appuntamento era alle 6.15, per un “errore di puntualità” alle 6.01 eravamo già in macchina diretti a Piateda in Valtellina, fari accesi nel buio e tergicristalli a scandire il tempo. Ci conoscevamo solo di vista io ed Ale. L’uno dell’altro sapevamo solo di essere due invasati di pesca, lui un purista esperto di mosca ed abilissimo autocostruttore, io il discreto spinnerman, eclettico di fronte ad ogni tecnica, autore sul blog più bello del mondo.
In realtà sapevamo anche che i nostri due padri andavano sempre a pesca insieme da giovani… circa 30 anni fa! Ed ecco i casi della vita: 30 anni dopo si ritrovano i figli in macchina a parlare fitto di pesca… neanche la Carrà avrebbe pensato ad una simile carrambata: che sorpresa!
Il fiume ci accolse alle 7.40 con un colore grigiastro, temperatura dell’aria sugli otto gradi, acqua molto fredda, sicuramente si era sciolta della neve. Piovigginnava.
E’ risultato subito chiaro che il nuovo amico dell’Anonima Cucchiaino è un eccellente maestro appena mi ha spiegato in modo molto semplice e preciso come creare il finale. Alla coda lego 30 centimetri circa di 0,40, poi circa 20 cm di nylon colorato, un “indicator” più elegante e legale degli orribili “strike indicator” a galleggiante (tanto non serve a segnalare l’abboccata, ma a controllare la posizione della lenza in acqua e la sua profondità); a quest’ultimo si lega il vero finale; a piacere, a seconda della trasparenza e della misura delle ninfe: comunemente di diametro tra lo 0,10 e lo 0,18. In fondo alla lenza Ale preferisce mettere la ninfa più pesante, mi sembra una scelta molto logica, a distanza di 20 o 30 centimetri l’una dall’altra, altre due ninfe oppure delle sommerse, legate con corti braccioletti di pochi centimetri. Importante che siano legati in modo da stare più distaccati possibile dalla lenza madre (filo più rigido o nodo “a sollevare”). Et voilà pronti a pescare!
Il primo ostacolo è il lancio… ovvero un non-lancio… le ninfe pesano, è questo l’ “ignobile che ci rovina l’azione della canna”… nessun volteggio, nessun falso lancio: due tempi per una specie di moderato Spey cast, canna alta che carica e spinta in avanti che appoggia e distende… magari arrestando all’ultimo per far entrare le ninfe come lame nell’acqua prima di coda e finale. Il piacere di questa pesca non è nel lancio, è nel seguire con occhi avidi e nervi tesi la passata del filo, immaginare la profondità a cui stanno viaggiando le ninfe e sforzarsi di sentire le vibrazioni e i sussulti in canna per sapere su quali fondali si muove il nostro inganno. La canna starà sempre a valle per accompagnare, senza trascinare e senza perdere contatto, tranne a fine passata, quando delicatamente resterà in attesa che tutto si distenda, per poi impennarsi e scuotersi nel prossimo adagio. Così si danza risalendo il fiume.
Nella mia prima giornata di pesca a ninfa ho imparato questo ed ho imparato anche che ci sono due abboccate e tanti fantastici livelli di bestemmia annessi a questa tecnica! Le abboccate possono essere decise: un inequivocabile tirone da infarto che segue il percorso coda-canna-polso-atrio sinistro-ventricolo sinistro-cervello-ferrata, oppure un sussulto sulla lenza che ci induce ad alzare veloci il cimino, pesce o fondo? Ed eccoci ai livelli di bestemmia:
Entry Level – durante la passata qualcosa ci fa sussultare, pesce? Non se dopo alcuni minuti di lotta ci accorgiamo che l’esca è immobile e lo sfrizionio del mulinello è direttamente proporzionale alla trazione che esercitiamo.
Medium Giuda Level – nel lancio la ninfa piombata non segue una traiettoria lineare ed elegante come ci aspetteremmo, ma esegue un volteggio imbizzarrito che punta alle stelle ed afferra caparbiamente il primo ramo disponibile proteso sull’acqua nel raggio di molti metri.
Advanced Inferno Level – la passata è perfetta, ci stiamo credendo, abboccata-ferrata-slamata-fiondata al ciel-ramo inestricabile. Quest’ultima non è così infrequente e pare legittimo reclamare con la divinità: perchè oltre a farmi perdere il pesce incannato hai voluto punirmi con l’esca nei rami?
Il fiume è stato generoso, durante la giornata Alessandro con la sua gentilezza ed eleganza ha portato a riva in successione diverse trote e temoli, uno sui 35/40 e l’altro over 40; io mi sono difeso bene, diverse trote, alcune niente male, un temolo da 40 slamato tra gli stivali mentre goffamente cerco di avvicinarlo alle mie mani. (ecco perché i moschisti hanno sempre il guadino). Come dicevo prima, anche se una tecnica è nuova, i pesci ed il fiume non lo sono, e saper leggere l’acqua ci aiuterà sempre, quale che sia l’esca che sceglieremo.
Ma sempre per restare in tema di mitologia greca, nell’antichità i rituali d’offerta alle ninfe comprendevano sacrifici di agnelli e capretti, ma in prevalenza queste offerte consistevano in latte, olio, miele, frutta… noi in Valtellina abbiamo preferito il tempio della trattoria e una libagione di gnocchetti, affettati, spiedini di carne e fiumi di Sassella Superiore 13,5° e la sacra grappa propiziatoria.
ROCK’N'ROD
(Per leggere un altro report di pesca a mosca in Valtellina, clicca qui.)
Per mangiare come nababbi di Valtellina: “Al Crap”, Via Lago, 29, 23020 Tresivio, Italia – 0342 430197