Considerazioni d’obbligo.
Dinanzi ad un libro scritto da un autore sconosciuto, che si cimenta nel descrivere una storia complicata e densa di argomenti delicati, a volte gravi, mi è parso doveroso spiegarne i motivi che mi hanno spinta a raccontarla, in modo tale che le persone che intraprenderanno questo viaggio, siano preparate al tipo di situazioni che potrebbero presentarglisi di fronte.Decideranno a quel punto se non iniziarlo nemmeno o se smettere dopo poche pagine, brontolando per l’acquisto errato.
E’ scontato e assai banale sperare che non sia così! e proprio per questo ho deciso di farvi un sunto di quanto andrete eventualmente a leggere, per darvi modo di scegliere il da farsi.
Sono cosciente che gran parte degli esseri umani gradirebbe non leggere o approfondire argomenti che senz’altro conosce perfettamente, ma che per qualche strana ragione preferisce evitare per il fastidio che arrecano e si ripetono che “occhio non vede, cuore non duole”.
Un poco come lo struzzo che nasconde la testolina sotto alla sabbia.
In questo momento preciso mentre raccolgo le idee e cerco di farmi capire da voi, che ancora non conosco, e vi assicuro che la cosa non è per nulla semplice!
provo a mettermi dall’altra parte “della barricata” e socchiudendo gli occhi immagino la persona essere umano maschile o femminile, che mi leggerà.
E allora la prendo per mano, la faccio accomodare virtualmente nel mio salotto e le preparo un buon caffè, servendolo nelle mie tazzine Royal Albert serie “Old Country Roses”,la mia preferita, taglio una fetta di torta di mele soffice e ancora calda che ho preparato per lei poc’anzi.
Ci presenteremo, faremo conoscenza partendo dal punto zero, dopo un primo timido imbarazzo e qualche frase di circostanza, mi confesserò a cuore aperto come faccio di solito, senza remore e senza freni scioccamente e inutilmente inibitori.
La prima cosa di vitale importanza per me è quella di mettere in evidenza tutti gli aspetti dei personaggi che “ho covato”in questi dodici lunghi mesi, non nascondendone le debolezze, le difficoltà fisiche o psichiche che ognuno di loro ha, i limiti o presunti tali, i loro vizi nascosti.
Non ho potuto evitare di entrare nel dettaglio e nell’intimo dei personaggi anche a costo di essere “scabrosa” o irriverente nei confronti di alcuni di essi: non avrei saputo come fare diversamente e voi non vi sareste fatti l’idea totale dei personaggi da me creati.
Ho messo un accento un poco meno marcato sui pregi, quelli non hanno bisogno di molte moine, si vedono ad occhio nudo e ognuno di noi tende a darli per scontati.
Aggiungo che non è mia intenzione far credere al mio amico virtuale che gli asini volano e le cicogne portano i bambini sotto al cavolo, credo opportuno non raccontargli cose che nel libro non troverà o situazioni eclatanti anche se non lo sono, presto vi spiegherò il perché.
Cercherò di essere il più neutra possibile nei suoi confronti e mi metterò in un angolino ad osservare quello che farà: se non gradirà il contenuto del libro non è tenuto a parlarne bene se non desidera farlo, o a passare parola affinché altri lo acquistino.
Si avete capito bene: non voglio ingigantire le situazioni che ho pensato e studiato o renderle ancora più eclatanti di quanto non siano già, mi limiterò a raccontare i fatti.
Il progetto “NINUCCIA E LE SCARPE DEGLI ANGELI” è partito un anno fa circa per concludersi nel mese di dicembre duemilaundici.
Si avvicinavano le festività natalizie e una sera prima di cena, ho imbastito un discorso complicato dove farfugliavo tra un minestrone di verdura e le scaloppine alla valdostana, notizie disordinate che parlavano di una donna, stuprata da bambina ora ricchissima, che doveva cercare suo figlio.
Naturalmente sono stata guardata dai miei famigliari con aria stranita e mi chiedevano muti, ma con occhi che parlavano da soli, che cosa avevo in mente e a che cosa volevo alludere.
“Hai scritto uno dei tuo articoli per il giornale, dove ti sei inventata un figlio scomparso? Allora devi andare a “CHI L’HA VISTO”, non dovresti scrivere un libro ma fare un appello…. “
Così mi prendeva per il deretano mio figlio maggiore, che affiancato dalla sorellina sogghignava e le sussurrava all’orecchio”Chiedi alla mamma se ha per caso fatto un sogno premonitore con quel nome buffo Ninetta,…Ma lo sai che la vuole chiamare Ninetta?
“Ma no, la chiamerà Ninuccia quella signora che ha perso il bambino”, rispondeva la piccola, ed andavano avanti così ridendo a crepapelle.
Mio marito invece con la sua proverbiale saggezza e calma mi chiese se stava per arrivarmi il ciclo mestruale, io risposi scocciata che erano diversi mesi che il ciclo non veniva più a trovarmi.
Non proferì parola e si limitò a domandarmi se avevo le idee chiare sull’inizio e sulla fine dell’ipotetico romanzo.
Gli risposi che avevo deciso nella mia mente solo il nome ed il cognome della protagonista principale.
Dal mio annuncio serio e solenne, furono tutti e tre certi che stavo per addentrarmi in un percorso alquanto intricato e scosceso, io stessa me ne rendevo conto perfettamente.
Iniziai così a scrivere le prime timide righe al mattino, qualche volta scrivevo anche al pomeriggio, ma di notte un groviglio di pensieri e di idee mi impediva di dormire.
Nei primi mesi dell’anno che sta per giungere al termine, fissavo ogni notte il buio con occhi sgranati chiedendomi se valeva la pena continuare e dove sarei andata a parare con la storia di questa intelligente,complicata e sfortunata Donna e Mamma.
Puntualmente a darmi le risposte era il suo volto, che non conoscevo ancora ma che mi veniva vicino obbligandomi a raccontare nei minimi dettagli la sua articolata vita e come ne è riuscita a sopravvivere.
Mi si è incollata addosso come una seconda pelle senza darmi tregua, strappandomi il consenso che non volevo accordarle per raccontare tutto su di lei, “Racconta la mia vita Fabiana, non ti fermare e non tralasciare nessun particolare, ma non scriverla come farebbe un vero scrittore, mi raccomando Fabiana la devi raccontare!
Facendo queste affermazioni ora che il racconto è terminato, a mente lucida e senza il totale coinvolgimento con lei, io stessa mi prenderei per pazza o in preda ai fumi dell’alcool che non bevo, ma è la pura verità.
Un personaggio da me inventato mi veniva a trovare quasi ogni notte, suggerendomi come fare per parlare di lei.
Questa Donna, Ninuccia Ercolani, usava appositamente la parola “raccontare” e non “scrivere”per farmi comprendere che questa storia andava raccontata e non dovevo limitarmi a scriverla senza coinvolgere il lettore emotivamente,non era quello che desiderava voleva entrare nell’anima e nel cuore della sottoscritta e degli eventuali futuri lettori.
Dal canto mio, se avessi potuto l’avrei raccontata a voce alta questa storia, rispettando ogni inflessione e non l’avrei scritta nero su bianco: per me questa differenza era e rimane sostanziale.
Ninuccia Ercolani, forte e caparbia come vedremo, non mi ha dato la possibilità di oppormi, oramai mi era entrata nelle vene e aveva preso il comando della situazione.
Mi sono immedesimata con lei al punto tale da soffrire e piangere moltissimo quando raccontavo le violenze che aveva subito e come ne era uscita.
Fortunatamente, per la prima volta da quando scrivo ho avuto il coraggio di descrivere accuratamente alcune scene d’amore e passione sessuale che mi occorrevano per dar modo di plasmare il quadro completo sul personaggio “NINUCCIA”.Non me ne sono vergognata, anzi!
Mi stupisco della facilità con la quale mi sono addentrata nei minimi particolari e sono addirittura arrivata ad avere anche io come lei, una sorta di orgasmi letterari, ma quasi reali, per il solo fatto di descriverli.
Come ho cercato di spiegare all’inizio ero e sono in completa empatia con lei e il suo personaggio non mi è ancora uscito completamente dalle vene.
Ho imparato da lei a non avere paura delle mie debolezze fisiche o psicologiche, mi ha trasmesso una forza ed una vitalità che non sapevo più di possedere.
Ella mi ha insegnato che bisogna lasciarsi andare e non fingere mai e poi mai qualcosa che non senti o che non ti piace, soprattutto in amore.
Bisognerebbe e uso il condizionale, lasciarsi andare completamente, ascoltando solo il proprio corpo e mettendo da parte almeno in certe situazioni il cervello o altri organi definiti più intelligenti.
Il nostro corpo, la carne, il sangue che scorrono autonomamente nelle vene e nelle arterie non hanno bisogno di ragionamenti e di congetture, essi si muovono e rispondono in modo spontaneo agli stimoli sensoriali, olfattivi e visivi che la persona davanti a noi ci offre.
Non dobbiamo farcene un cruccio se una donna non più in età fertile raggiunge con una certa facilità un orgasmo o ha desideri e pulsioni ormonali ancori forti.
Non è disonorevole e non è peccato mortale come ci hanno fatto credere per millenni se un prelato o una suora hanno sogni erotici e si masturbano per sopravvivere all’isteria, che deriverebbe dalla mancanza totale di rapporti sessuali, necessari per condurre un’esistenza quasi serena.
Siamo stati tutti creati e partoriti da un essere umano fatto di carne, pertanto ne portiamo addosso e nel DNA tutto ciò che serve ad un’eventuale nuova riproduzione, siamo costruiti di carne morbida e calda, non abbiamo il sangue freddo e gelato come, si dice in modo consueto, i rettili.
Tutti noi esseri umani, dal primo all’ultimo e nessuno escluso, abbiamo desiderio e voglia di esprimere i nostri più reconditi e leciti desideri con la persona che maggiormente ci attrae, non voglio nemmeno pensare che il sesso o la passione siano privilegio degli esseri umani catalogati come “normali”.
Per quanto mi riguarda il termine “diversamente abile” o “portatore di handicap” non esiste nel mio vocabolario.
Confesso al mio amico virtuale che allora sarei la prima persona ad essere affetta da gravi handicap!
Ammesso che io o un’altra persona siamo diverse da altre, possediamo sicuramente risorse che la mente ci ha dato per poterci esprimere nei modi che maggiormente amiamo.
Nel mio caso specifico primo tra tutti la scrittura, che si è rivelata terapeutica e medicamentosa.
Mi scusino i vari sapienti ma le definizioni appioppatemi negli anni mi fanno molto sorridere.
I piccoli ma duraturi progressi fatti negli anni, me li sono conquistata da sola, con la volontà precisa e la forza di volercela fare a tutti i costi,per essere come gli altri, i cosiddetti “normali”.
I successi ottenuti me li sono strappati uno ad uno dalla pelle con le unghie e con i denti, soffrendo tantissimo all’inizio ma godendo in seguito per avercela fatta da sola.
Per chi è novizio di questi stati d’animo o ancor peggio all’inizio del fidanzamento con i signori “attacchi di panico” suggerisco con affetto che non se ne faccia un problema insormontabile, non si muore ma ci si convive, è ben diverso!
Anzi con il passare degli anni si attenuano moltissimo e raramente vengono a farci visita, attenzione: ho detto raramente e non ho detto che non verranno più a suonare il campanello.
Sarebbe troppo facile per gli psichiatri e psicologi aver capito il cervello umano, ma se non ci dessero l’illusione di poter guarire con terapie cognitivo-comportamentali lunghissime o brevissime in certi casi..cadremmo ancora di più nel nostro circolo di disagi profondi.
Ci illudiamo di aver trovato la cura e la terapia salvatrice, spendiamo fior di quattrini, perdiamo metà del nostro già breve tempo accomodati su chaises longues dove raccontiamo ad un perfetto estraneo in che modo ci laviamo i denti e quante volte ci facciamo il bidet in un giorno.
E lui o lei hanno la pretesa di aver interpretato alla perfezione di che cosa siamo ammalati…..che presuntuosi!
Ci danno gli esercizi da fare a casa, cioè i compitini pomeridiani e ci domandano di annotare i sogni su di un taccuino per poi interpretarceli a seconda che abbiano studiato Freud, Jung o tutti e due.
Chissà forse nei secoli passati se uno dei membri della Santa Inquisizione mi avesse visto durante uno dei miei antichi attacchi di panico del passato, mi avrebbe fatta bruciare sul rogo, considerandomi una strega indemoniata o un’eretica!!!
Forse sarei stata caricata sulla nave dei folli con tanti altri miei“colleghi”,come cita SEBASTIAN BRANT nel 1494 e mandata a morire al largo.
Abbraccio e bacio con rispetto ed umiltà l’unico medico psichiatra che sia degno di chiamarsi così, lo stimo e lo ammiro per ciò che ha saputo fare:si chiama FRANCO BASAGLIA e con la legge 180 ha sancito la chiusura definitiva dei manicomi nel lontano 1978.
Un essere umano che prima di quella data soffriva di ansia da mestruo, di isteria per totale assenza di rapporti sessuali, di tachicardie, di fobie e quant’altro la psicologia ci offre, poteva venire denunciato addirittura dalla propria famiglia dove era solitamente un peso e un disonore, e poteva essere rinchiuso in quella gabbia dove chi matto non era, lo diveniva sicuramente.
Una volta arrivato in tale struttura lo si legava spesso al letto di ferro arrugginito, alla stregua di un animale in gabbia, oppure gli veniva quasi d’ufficio praticata la lobotomia, asportandogli una parte dell’encefalo, di conseguenza la personalità e i ricordi.
Oppure veniva sottoposto ad un’altra tortura peggio, a mio avviso della morte, “l’ elettroschock”.
Per questi motivi non ho avuto remore o paure a descrivere ciò che una donna-bambina può aver provato dopo aver subito uno stupro all’età di tredici anni e tutto ciò che ne è derivato in seguito.
Onore al merito e grazie infinite ad una persona che con conosco ma che vorrei incontrare presto: il Sig. Alberto Anelli che con la sua storia sul Paese degli Scarpari mi ha fatto comprendere che non sono pazza del tutto e il paese di Castrolibero esiste veramente.
Questo nome di dodici lettere non l’ho sognato e nemmeno sentito in televisione, non lego il paese a nessun parente o amico che abiti laggiù, non l’ho visitato e prima di un anno fa non ne conoscevo nemmeno la collocazione geografica.
Facendo le dovute ricerche sul nome, ho scoperto con mia grande felicità che Castrolibero ha una sua storia ben delineata e viene ricordato ancora ai giorni nostri per un importante pezzo di storia della loro economia negli anni che vanno al 1925 al 1960 circa.
Solo attraverso gli studi e le conoscenze che il Sig. Anelli, senza saperlo mi ha fornito ho potuto intrecciare la vita di Ninuccia con quella del Paese degli Scarpari.
La donna che avrebbe incarnato il personaggio principale l’avevo già disegnata nella mia mente e sapevo a priori il percorso articolato ed incalzante che le avrei fatto fare.
Invece la parte più difficile ed impegnativa per me è stata quella di raccontare un mestiere che sino a ieri non conoscevo.
Ho studiato gli attrezzi che gli SCARPARI (calzolai) usavano e ho appositamente citato i loro nomi reali, ho imparato alcune ricette tipiche della cucina calabra, e le ho sperimentate a casa mia per capire se potevano essere appropriate per la mia storia.
Ho usato invece nomi e cognomi di pura fantasia per motivi di riservatezza e privacy e per rispetto alle famiglie che sono esistite in quegli anni.
Anche per i nomi delle Chiese, delle Vie, dei vicoli,dei monumenti, e dei ristoranti di Castrolibero ho adoperato nomi non reali.
I personaggi che hanno fatto da contorno a Ninuccia sono all’incirca una quarantina più i ventidue Angeli e non mi sento di affermare che sono personaggi di minore importanza.
Anzi!
Senza loro non ci sarebbe storia, ne racconto,senza la loro presenza Ninuccia non sarebbe esistita, ed è con tutti loro che percorreremo il lungo e incalzante viaggio che da Bologna li porterà sino a Castrolibero.
Li ringrazio e li abbraccio tutti uno ad uno, dal più più piccino e all’apparenza insignificante al maggiore cioè colui che è apparso maggiormente nei miei scritti.
Non desidero proseguire oltre per non rovinarvi la lettura e a questo punto sta a Voi gentili e futuri lettori la decisione suprema se avventurarvi nel viaggio oppure rimanere in poltrona a conversare con me di tutt’altre cose.
Questa è l’avvincente storia di una grande Donna e Mamma: la Dott. sa NINUCCIA ERCOLANI nata il 14 Ottobre 1950 a Castrolibero in provincia di Cosenza.
Vedova del secondo marito, alla soglia dei 60 anni, con i problemi della menopausa che la stravolgono, due figlie gemelle in età da marito e due matrimoni falliti alle spalle, decide di lasciare all’improvviso la sua carriera e la sua vita sfolgoranti.
Ricchissima, regina del jet set da diversi anni , sta per ricevere il premio tanto ambito: il NOBEL per l’unica donna al mondo che ha inventato le tecniche dolci di educazione dei bambini.
Delusa da tutto e da tutti,vuole scappare via da ogni cosa, come se un fuoco la stesse divorando.
I motivi che si scatenano all’improvviso in Ninuccia sono tanti, ma il principale rimane sempre lo stesso: cercare e trovare suo figlio strappatole dalla madre appena nato.
Il piccino è il frutto di uno stupro subito da bambina all’età di tredici anni.
Ripensa al suo primo matrimonio con un personaggio ambiguo e alcolizzato, per sfuggire da una madre psicotica e gravemente ammalata.
Riflette di continuo sulle seconde nozze, con un marito “di ripiego” scelto a tavolino molto più anziano di lei, per il quale prova solo tenerezza ed eterna riconoscenza, che le permetterà di diventare famosa nel mondo.
Con lucidità e fermezza strabilianti, lascia tutto ciò che possiede, figlie comprese, per ricominciare da dove aveva iniziato.
Reimposta la sua vita dal principio come si fa quando si riavvolge la pellicola di un film e la fa ripartire daccapo, ma questa volta sarà lei la regista e la protagonista principale del film.
Desidera conoscere e abbracciare suo figlio, non avendone mai accettato la scomparsa, effettuata per mano di chi in teoria, avrebbe dovuto amarlo quasi quanto lei.
Se lui fosse ancora vivo vorrebbe spiegargli dove è stata per tutti questi quarantasei anni, che cosa ha fatto e perché non lo ha potuto crescere.
Non sarà facile abituata agli agi e alle comodità più sfrenate rinunciarvi di colpo, come non sarà indolore ritornare in quei luoghi dopo quasi trenta anni.
Nulla sarà più al proprio posto, ma qua sta la grande sfida di Ninuccia: poter far tornare indietro le lancette dell’orologio e vivere la sua vita come avrebbe desiderato.
All’improvviso però la situazione si ribalta fortemente: i dadi che lei stessa ha lanciato sul tavolo della sua vita, le fanno ottenere un nuovo ed inaspettato risultato.
Il numero è così alto da farle quasi dimenticare il motivo per il quale è tornata a Castrolibero.
I fatti che le accadranno, le sconvolgeranno la mente ed i sensi a tal punto che la sua persona viene catapultata in una dimensione che lei non conosce.
Nuove sfide l’attendono e questa volta desidera vincerle, arrivando per prima al traguardo.
Farà in tempo a fare tutto quello che il destino ha ancora in serbo per lei?