La protesta mondiale degli “indignati” vi rientra in pieno, purtroppo. Noi nonne apparteniamo, con il senno di poi, a una generazione che si è illusa… Eravamo convinte, pur tra i vari distinguo, che i discendenti si sarebbero giovati del “progresso” cui avevamo, ognuna a suo modo, contribuito. Ci siamo ritrovate con figli sovente precari e nipoti dall’incertissimo futuro…
Tanti gli errori (anche nel nostro piccolo ne avremo commessi, si capisce), ma il più grave mi sembra proprio il disinteresse verso la cosa pubblica. Sbrigativamente persuasi che la democrazia rappresenti un bene conquistato per sempre, noi cittadini abbiamo lasciato – per una serie di motivi qui neppure elencabili – a ristrette “consorterie” di profittatori spazi enormi, da gestire nel proprio cinico interesse. Ora ci troviamo ai margini, impoveriti e impotenti.
19 ottobre Aggiungo qualche considerazione, ispirata ai molti commenti dei media.
Ovvio che tra i tanti “nipoti” in corteo ci siano anche degli sfaticati inconsapevoli e viziati dalla parentela, spinti da futile presenzialismo, ma non ritengo si tratti di una connotazione generazionale. Molti giovani sono, al contrario, consapevoli della crisi di sistema in atto e volenterosi di impegnarsi, potendo, per costruire il proprio “futuro”.
Non mi sembra attendibile la critica, ascoltata stamani a “prima pagina”, di essere scesi in piazza a pretendere il posto fisso. In primis, non si capisce perché esso – in tanta carenza di servizi indispensabili, e proditoriamente sottratti ai cittadini – sia diventato un tabù ( tant’è che sono precari o pseudo-cooperativa infermieri e addetti alle pulizie). Inoltre non mi risulta: molti ragazzi aspirano a imprendere in proprio o a svolgere professioni liberali. Ostacolati dai meccanismi burocratici e/o clientelari e dalle oligarchie che, di fatto, paralizzano la libera iniziativa.
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