Purtroppo ho potuto seguire solo parte della prima giornata, ma gli spunti interessanti non sono mancati.
Il professor Iwabuchi Koichi della Waseda Daigaku ha trattato il tema del potenziale dialogico della cultura mediatica, descrivendo pregi e difetti della circolazione a livello mondiale della cultura popolare asiatica. L'ibridazione delle culture estremo-orientali porta a una de-americanizzazione, a una ricerca di nuovi modelli diversi da quelli prevalenti in Occidente, con particolare rilievo di idee e prodotti giapponesi esportati in Cina e Corea. Grazie alla popolarità della cultura giapponese oggi la comprensione del paese del Sol Levante nel mondo, benché ancora lontana dall'essere completa, è maggiore e in espansione.
La rilevanza economica del fenomeno, però, sta facendo sì che le grandi industrie che operano nel campo si interessino più alla vendita di prodotti standardizzati e alla promozione di brand nazionali banalizzando l'immagine del proprio paese in ambito estero, e contribuendo così alla nascita e al mantenimento di numerosi stereotipi, controllando e limitando rigidamente qualsiasi rappresentazione della diversità, dell'immigrazione, dell'incontro con l'altro.
Lo sviluppo ideale della pop culture, per giungere a una soddisfacente modernità asiatica dovrebbe andare oltre la mera delocalizzazione della forza lavoro (basti pensare a quanti nomi coreani e cinesi appaiono nei titoli di coda degli anime nipponici con funzioni prettamente manuali), e pensare più all'interesse pubblico e alla promozione della diversità in ogni sua forma, passando dalla competizione alla collaborazione in vista di un pensiero non più strettamente nazionale, bensì transnazionale e multiculturale.
Shibuya by night (pic by /\ltus)
La professoressa Sharon Kinsella della Manchester University è stata una delle prime studiose di cultura otaku in Europa.
Una sua recente ricerca, partendo dal personaggio di Go Go Yubari (da Kill Bill), analizza la nascita e lo sviluppo della figura della ragazza in uniforme scolastica con comportamenti violenti, popolarissima nell'immaginario giapponese - soprattutto maschile. La donna in Giappone è stata per lunghi secoli in posizione di inferiorità e gli esempi di ribellione più o meno velata a questa situazione, spesso attraverso il ricorso al sovrannaturale (per esempio alla possessione spirituale) non si contano, ma la studentessa assassina è una figura recente, collegata all'Enjo kōsai (ovvero agli appuntamenti a pagamento tra adolescenti e uomini adulti), reso più semplice a metà degli anni '90 dalla commercializzazione dei primi telefoni cellulari. Le adolescenti rappresentate in film e anime come deviate sono la risposta feroce e brutale all'ennesimo esempio di sfruttamento del corpo femminile da parte degli uomini.
Go Go Yubari
L'ultimo intervento della mattinata, ideato dal professor Toshio Miyake dell'Università Ca' Foscari di Venezia, è stato un'interessante analisi sulla percezione dell'energia nucleare in Giappone, unico paese al mondo ad essere stato colpito dalla bomba atomica. Se fino alla metà degli anni '50 il Giappone ha rappresentato se stesso come vittima dell'era nucleare, utilizzando icone come Godzilla per simboleggiare la critica agli esperimenti sull'atomo degli Stati Uniti, dalla seconda metà del ventesimo secolo il paese si è posto come innovatore, promotore di scienza e tecnologia, adottando l'energia nucleare. Dal nucleare come altro si è passati quindi al nucleare come identità, cambiamento evidenziato anche da una diversa rappresentazione mediatica di questa forma di energia: Astro Boy di Osamu Tezuka, il più popolare tra i personaggi dei manga in patria, è un robot alimentato grazie all'energia atomica ed è rappresentato con l'aspetto di un bambino innocente dagli occhi grandi, diventando icona kawaii della possibilità di "addomesticare" il nucleare e usarlo per scopi civili.
Astro Boy
La guerra del Pacifico ha avuto un enorme impatto sulle subculture (il popolare artista Takashi Murakami, fondatore dell'estetica superflat, ha dedicato una mostra a New York alla tragedia di Hiroshima e Nagasaki) col risultato di rimuovere dalla percezione comune il trauma, esorcizzandolo tramite lavori di finzione.Per promuovere l'utilizzo dell'energia atomica, invece, sono state ideati kyara (personaggi utilizzati fuori da un contesto) graziosi, personificazioni di elementi chimici come uranio e plutonio, che rassicurano i bambini affermando di essere inoffensivi e di voler diventare loro amici. I pericoli, drammaticamente in primo piano dopo gli eventi dell'11 marzo 2011, erano stati finora minimizzati o addirittura negati. Sebbene ad oggi il 70% dei giapponesi si dichiari contrario all'uso dell'energia atomica, non si ha notizia di anime e manga post-Fukushima che critichino apertamente il nucleare: la difficoltà nel riorientare una percezione egemonica è enorme, nonostante i disastri di cui tutti sono stati testimoni.